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l’obbligazione parziaria nel condominio di Riccardo redivo

l’obbligazione parziaria nel condominio di Riccardo Redivo

L’OBBLIGAZIONE PARZIARIA NEL CONDOMINIO di Riccardo Redivo (1)

Va premesso che l’art. 1135 n. 4 c.c., come modificato dalla legge di riforma del condominio, stabilisce che l’assemblea che provvede ad approvare le opere di manutenzione straordinaria deve obbligatoriamente costituire un “fondo speciale pari all’ammontare dei lavori”. E ciò a tutela non solo dei terzi, ma anche dei condomini in regola con i pagamenti. L’art. 62, II comma disp. att. c.c., inoltre, stabilisce espressamente che i creditori dell’ente committente non potranno agire esecutivamente (in caso di incapienza del condominio) verso i condomini adempienti, se non dopo l’escussione dei morosi.

Di recente, poi, la norma è stata integrata con il disposto di cui all’art. 1 n. 9, lett. d) della legge n. 9/2014 ove viene opportunamente stabilito che “ se i lavori devono essere eseguiti in base ad un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”.

In tema di riscossione dei contributi condominiali ha assunto un decisivo rilievo pratico la nota e discussa decisione delle sezioni unite della Suprema Corte (Cass. sez. un. 8 aprile 2008 n. 9148, alla quale poi si sono adeguate ampiamente e costantemente le altre sezioni della Corte, nonché la giurisprudenza del merito), in cui, disattendendosi la giurisprudenza nettamente prevalente in tema, si è affermata la parziarietà delle obbligazioni assunte dall’amministratore dello stabile verso i terzi (soprattutto in tema di appalti, ma anche di rilevanti forniture), stabilendosi che dette obbligazioni non vincolano solidalmente i condomini, che restano responsabili soltanto delle quote di spesa su di loro gravanti.

Le sezioni unite, in particolare, hanno infatti deciso che “in assenza di un’espressa disposizione legislativa contraria, le obbligazioni assunte dall’amministratore in rappresentanza e nell’interesse dei condomini per la conservazione e il godimento delle parti e degli impianti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, consistendo in somme di denaro, come tali naturalisticamente divisibili, non vincolano in solido i condomini, i quali rispondono unicamente nei limiti della rispettiva quota ai sensi dell’art. 1123 c.c., sicchè il creditore, conseguita in giudizio la condanna del condominio, (nella specie per lavori appaltati dall’ente) può procedere esecutivamente (sempre che il condominio, primo obbligato, risulti insolvente) nei confronti dei morosi non per l’intera somma dovuta, bensì solo nei limiti delle quote di ciascuno”.

La sentenza, subito dopo la sua pubblicazione, ha suscitato numerose polemiche non solo da parte degli amministratori condominiali, ma anche e soprattutto da parte dei terzi creditori del condominio. Questi, infatti, sino alla pronuncia delle sezioni unite, potevano agire esecutivamente, prima nei confronti dell’ente debitore stesso , quindi, nei confronti dei singoli condomini, senza preclusioni, con libera scelta di aggredire anche e principalmente i condomini non morosi, grazie alla solidarietà dell’obbligo, in quanto presumibilmente più solvibili.

Appaltatori e fornitori si sono sentiti subito gravemente danneggiati dalla pronuncia esaminata, , in considerazione del pesante incremento dell’attività giudiziaria da far valere in via esecutiva per la riscossione del proprio credito (attività chiaramente frazionata in ragione delle singole quote di morosità, con conseguente riduzione di probabilità di ottenere in tempi brevi il pagamento integrale dei lavori realizzati e delle forniture effettuate).

Per altro verso è incontestabile che la sentenza fosse ben giustificata sotto un profilo di equità sostanziale, talchè, per un adeguamento ragionevole ad essa (che contemperasse gli interessi delle parti) sono state suggerite numerose soluzioni pratiche, sostanzialmente recepite dal legislatore del 2012, che così ha posto definitivamente la parola fine sull’argomento.

Ci si riferisce, in particolare: anzitutto, all’obbligo per l’amministratore sia di fornire ai creditori l’elenco dei morosi, sia di agire entro un tempo massimo di sei mesi (con richiesta del relativo decreto ingiuntivo), per la riscossione forzosa di quanto dovuto dai condomini inadempienti, con decorrenza a partire dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigile è compreso.

Ciò ovviamente non lo esime dal promuovere l’azione ingiuntiva anche in medio tempore, nell’ipotesi di lavori effettuati nell’edificio per i quali i termini di pagamento siano stabiliti in coincidenza con lo stato d’avanzamento dei lavori, ovvero non appena questi siano stati terminati oppure se la fornitura dei beni sia già stata consegnata al condominio. Il tutto, quindi, senza attendere l’approvazione del consuntivo.

Inoltre, l’istituzione del fondo speciale obbligatorio, di cui si è accennato, tutela ulteriormente sia i terzi creditori, sia i condomini in regola con i pagamenti (già beneficiari del cosiddetto “beneficium excussionis” nei confronti dei morosi).

Per concludere sul punto, va ribadito che appaltatori e fornitori debbono essere considerati sufficientemente garantiti del loro credito sia dall’accantonamento preliminare obbligatorio delle somme a loro dovute da parte degli amministratori, sia dall’ulteriore obbligo del legale rappresentante dell’ente di chiedere in tempi brevi (e auspicabilmente brevissimi) il decreto ingiuntivo nei confronti dei morosi, sia, infine, dal loro diritto, al fine di necessaria esecuzione, di ottenere la lista dei morosi (perseguibili, dunque, in tempi ragionevoli) dall’amministratore del condominio. Quest’ultimo, poi, ancor prima dell’inizio dei lavori dovrà, previa apposita delibera assembleare, richiedere ai condomini il versamento dell’intero corrispettivo dell’appalto o della fornitura, provvedendo, quindi, ad agire tempestivamente con ingiunzione di pagamento verso i condomini inadempienti, per essere, poi, in grado, alla fine dei lavori o dopo la consegna della fornitura, di saldare i creditori, senza subire alcuna azione giudiziaria da parte egli stessi.

Massima tutela, inoltre, è riservata ai condomini in regola, tutelati, come detto, dalla preventiva esecuzione nei riguardi del condominio (presumibilmente già in possesso dell’intera somma dovuta a saldo, grazie al fondo speciale ed alle azioni dell’amministratore nei riguardi degli inadempienti) e, poi, comunque, in virtù del citato “beneficium excussionis” sancito a favore dei condomini non morosi.

Resta da esaminare il tuttora discusso problema se l’obbligazione parziaria comporti o meno l’onere per il creditore in possesso dell’ingiunzione di escutere preventivamente i condomini morosi o il condominio.

Sarei dell’idea che l’esecuzione del decreto debba essere esercitata anzitutto nei riguardi dell’ente debitore, nei confronti del quale il provvedimento è stato ottenuto e destinatario del precetto, sia perché nessuna norma stabilisce la preventiva esecuzione nei confronti del o dei morosi, sia perché il conto corrente intestato al condominio rappresenta un’ipotesi di autonomia patrimoniale riferibile formalmente all’ente di gestione che ne dispone in base alle delibere assembleari e che “resta sottratta alla disponibilità dei condomini, tanto è vero che dal momento in cui le somme affluiscono sul conto, nessun condomino ha un titolo diretto per un’eventuale restituzione. In particolare, una volta accantonati i fondi per l’amministrazione, essi si concentrano in capo al condominio, il quale risponde nei confronti dei creditori dello stabile, con i beni così accantonati”.

In tal senso si è espresso il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza del 16 maggio 2014, affermando che l’art. 63, II comma disp. att. c.c. “non esclude affatto che, ove il creditore individui beni riferibili al condominio non possa aggredirli direttamente, senza dover procedere all’escussione dei singoli condomini, secondo un criterio di responsabilità patrimoniale ex art. 2741 c.c., che considera il debitore obbligato a far fronte ai propri debiti con le risorse ad esso riferibili”.

Parimenti in senso conforme si sono espressi il Tribunale di Pescara (sentenza dell’8 maggio 2014); quello di Milano (con ord. del 27 maggio 2014, ove si è affermato che il pignoramento del saldo del c/c condominiale, da parte del creditore, è volto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione gravante per l’intero sull’amministratore e “non interferisce con il meccanismo di escussione di cui all’art. 63, II comma disp. att. c.c., posto unicamente a presidio dei distinti obblighi pro quota spettanti ai condomini” e quello di Ascoli Piceno (sent. del 22 dicembre 2015, ove si è sottolineato che tra il condomino, che ha versato somme sul conto comune e gli importi stessi, una volta depositati, vien rimosso ogni legame giuridico, talchè “l’intero patrimonio presente sul conto condominiale, non essendo soggetto a distinzioni di sorta, né in termini di provenienza, né in termini di destinazione, può essere pignorato per soddisfare i crediti del terzo”.

Pur in attesa di una futura decisione del giudice di legittimità sul punto, questa soluzione fornita dai giudici di merito, ben motivata ed approfondita, appare la soluzione più corretta e ragionevole, basandosi l’opposta opinione soltanto sul fatto che sul conto corrente possono essere affluiti dei versamenti riguardanti diverse imputazioni e destinazioni, che non potrebbero, quindi, in virtù dei nuovi principi sull’obbligazione parziaria. essere toccati dai terzi creditori.

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1) Riccardo Redivo- Magistrato - Già Presidente Sezione Corte di Appello di Roma