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Avvocato stabilito ed abuso della normativa comunitaria - accesso alla professione forense) – Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Cassi), sentenza n. 386 del 25 ottobre 2024

Abilitazione forense: il percorso comunitario non può essere (ab-)usato per aggirare le preclusioni oggettive e soggettive che valgono per il cittadino italiano Se deve escludersi l’abusività della condotta del cittadino che si rechi in altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia poi ritorno, anche dopo poco tempo, nella propria nazione per esercitarvi la professione di avvocato, è altresì vero che non viene meno la possibilità di verificare se, attraverso tale percorso, in realtà si persegua la finalità di esercitare la professione forense versando in condizioni oggettive e soggettive tali che al cittadino italiano precluderebbero invece l’esercizio della professione stessa.

L’iscrizione dell’avvocato “comunitario” nell’albo italiano costituisce un atto vincolato, subordinato alla ricorrenza dei presupposti stabiliti dalla normativa europea (direttiva 98/5) e italiana (D.Lgs. n. 96/2001), individuati principalmente nella cittadinanza comunitaria e nell’iscrizione all’organizzazione professionale dello Stato di origine. 

Tuttavia, lo scopo di tale disciplina è quello «di facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquista la qualificazione professionale» e non già quello di regolare «l’accesso alla professione di avvocato» in detto Stato membro, né può consentire l’elusione delle normative nazionali che disciplinano l’accesso alla professione forense per il tramite di un esame statale di abilitazione, per cui appare conforme al diritto europeo il riconoscimento del potere/dovere in capo alle competenti autorità nazionali di valutare in concreto, nel rispetto dei principi eurounitari, se l’atto di esercizio del diritto di stabilimento non avvenga in forme abusive dello stesso diritto dell’Unione, ferma restando la possibilità di un controllo giurisdizionale dell’attività amministrativa condotta a seguito del ricorso dell’interessato. 

Di conseguenza, qualora nel valutare le singole domande di iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti i Consigli dell’Ordine rilevino la carenza dei requisiti necessari a tal fine dovranno negare l’iscrizione. 
Parimenti, qualora la carenza dei requisiti venga rilevata dopo l’iscrizione, dovranno procedere alla cancellazione.
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Cassi), sentenza n. 386 del 25 ottobre 2024