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Azione giudiziaria – mutatio libelli – emendatio libelli - petitum - causa petendi - corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 25677 del 13 novembre 2020 -  commento

Condominio – impugnativa deliberazione assembleare -  domanda di rimozione di opera da parte comune – differenza ai fini della legittimazione passiva -  corte di cassazione, sez. 2, ordinanza  n.  25677 del 13 novembre 2020 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

FATTO. Un condomino, impugnava la deliberazione assembleare avente ad oggetto l’uso di una parte comune per l’installazione di un impianto fotovoltaico. Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando inammissibile quella di rimozione dell’impianto perché proposta tardivamente. La sentenza diveniva oggetto di gravame e la Corte di appello, confermato che la domanda di rimozione era stata introdotta in sede di art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., riteneva che la stessa desse luogo ad una mutatio libelli, non consentita ai sensi della norma richiamata.

Avverso la decisione il condomino ricorreva in Cassazione sostenendo che la domanda, rigettata per inammissibilità, non costituiva domanda nuova, ma una “rettifica concernente l’intervenuta esecuzione, nelle more, dell’impianto fotovoltaico, oggetto della delibera annullata”.

La Corte di legittimità rigettava il ricorso per l’infondatezza del motivo. 

DECISIONE. Affermava la Corte di cassazione che l’impugnativa di una deliberazione dell’assemblea dà luogo ad un’azione che vede quale unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, mentre l’azione con la quale viene richiesta la rimozione di opere effettuate su di una parte comune dell’edificio, avendo natura reale ed esplicando effetti sui singoli partecipanti, deve essere proposta nei confronti di tutti i partecipanti al condominio stesso.

Passando al caso in esame, è stato ritenuto che la seconda domanda (ovvero quella di rimozione dell’impianto fotovoltaico) era aggiuntiva e del tutto differente rispetto a quella di impugnativa della delibera e, per tale motivo, non poteva essere ammessa poiché proposta in sede di primo termine ex art. 183 c.p.c.. La norma, infatti, non ammette (in questo caso, per l’attore) la proposizione di alcuna ulteriore domanda che già possa essere proposta con l’atto di citazione, là dove a questi è consentito svolgere attività di emendatio libelli, consistente nell’attività di precisazione o modificazione  delle domande già svolte alla luce della comparsa di costituzione del convenuto.

Sul punto è stata opportunamente richiamata un importante precedente della stessa Corte la quale ha affermato che «la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali». 

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Cass. SS.U. 15 giugno 2015, n. 12310 (fattispecie relativa alla dichiarazione di ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell'originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell'avvenuto effetto traslativo).

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