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i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo

Reddito derivante da locazione di immobili – Dichiarazione dei canoni di locazione indipendente dalla riscossione – Art. 26 del D.P.R. 917/86 – Reddito fondiario e capacità contributiva – Cass. Civ, Sez. V, 9 maggio 2019, n. 12332, commento a cura dell’Avv. Giorgia Franco.

Fatto. Con ricorso presentato alla Commissione Tributaria Provinciale, Tizio impugnava l'avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate accertava un maggior reddito derivante da locazione di immobili. Il medesimo deduceva di essere comproprietario di un immobile con il nipote Caio, il quale lo aveva locato senza informarlo, e di avere, dunque, intrapreso un'azione monitoria nei confronti di costui per il pagamento della quota di canone spettantegli, dopo la riscossione del quale avrebbe provveduto al pagamento della relativa imposta.

L'Agenzia delle Entrate contestava la pretesa del ricorrente, sostenendo che i canoni di locazione devono essere dichiarati indipendentemente dall'effettiva riscossione.

Anche la Commissione Tributaria Provinciale rigettava la domanda con sentenza poi confermata, altresì, dalla Commissione Tributaria Regionale, in applicazione analogica dell'art. 26 del TUIR.

Ricorre per la cassazione della sentenza il contribuente, deducendo l'insussistenza dell'obbligazione tributaria in assenza di reddito e l'inapplicabilità dell'art. 26 del D.P.R. 917/86, trattandosi non di canoni non corrisposti, bensì di canoni usurpati.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate, eccependo l’infondatezza dei motivi di ricorso, considerato altresì che Tizio, con l'azione giudiziaria intrapresa contro Caio, avrebbe, di fatto, ratificato il suo operato. Ribadisce, inoltre, l’applicabilità del principio di competenza stabilito dall'art. 26 del D.P.R. sopraccitato.

Decisione. La Corte ritiene infondato il ricorso.

Nella specie, aderisce alla sentenza impugnata, nella parte in cui statuisce che l'art. 26 del D.P.R. in argomento – in base al quale il contribuente è obbligato a dichiarare anche i canoni relativi alle mensilità non corrisposte – disciplina ogni fattispecie di mancata percezione dei canoni di locazione, quale sia la causa concreta della medesima, salvi i soli correttivi previsti in caso di morosità del conduttore.

Orbene, il ricorrente sostiene che l'art. 26 non sia applicabile al caso di specie, non trattandosi di canoni non riscossi per morosità del conduttore ma di usurpazione, da parte del comproprietario, dei poteri dell'altro comproprietario; usurpazione che avrebbe comportato l'imputazione automatica di un reddito fondiario da lui all’epoca non posseduto né conosciuto. Sostiene, conseguentemente, che non sarebbe stata tutelata la sua buone fede, in violazione dell'art. 10 dello statuto del contribuente, e che tutto ciò sarebbe avvenuto in contrordine rispetto a quanto sancito dall'art. 53 della Costituzione, in quanto egli sarebbe stato sottoposto ad imposizione fiscale senza aver percepito reddito.

Secondo la Corte di legittimità, tale motivo è destituito di fondamento.

L'art. 26, comma 1, D.P.R. più volte citato, infatti, stabilisce, inter alia, che "i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale...".

Contrariamente all'assunto del ricorrente, l'applicazione, al caso di specie, dell'art. 26, non ne implica un'interpretazione costituzionalmente illegittima, in quanto, come già osservato dalla Giurisprudenza Costituzionale, "la capacità contributiva, quale idoneità all'obbligazione di imposta, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità" (Corte Cost., sentenze 362/00, 143/95, 315/94 e 42/92).

Nel quadro di questi principi e di queste puntualizzazioni, la distinzione fra canone locatizio non riscosso e canone "usurpativamente" somministrato è del tutto sterile, in quanto per sua natura il reddito fondiario è legato alla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione.

Quanto sopra detto appare confermato innanzi tutto dalla sentenza 19166/2003, richiamata dalla n. 2771/2016, che ha negato natura fondiaria al reddito locativo percepito dal promissario acquirente di un immobile solo in quanto non ancora titolare del diritto reale cui ha ritenuto è indissolubilmente legato il reddito fondiario, nonché esplicitamente affermato in cass. 20764/2006, ove si legge che “in tema di imposte sui redditi, il reddito fondiario derivante dalla locazione di un immobile sottoposto a pignoramento concorre alla formazione del reddito del debitore esecutato, indipendentemente dalla percezione dei canoni, a norma dell'art. 23 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917".

E, nello stesso senso, sembra potersi leggere la sentenza 15171/2009, che implicitamente comprende, fra i redditi fondiari, quelli percepiti, fino alla conclusione del procedimento per convalida di sfratto, in costanza di un contratto di locazione ad uso abitativo.

Infine, perfettamente in termini – e, quindi, confermativa di quanto affermato dalla Corte – altresì la sentenza 651/2012: "in tema di imposte sui redditi, in base al combinato disposto dagli artt. 23 e 34 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo - per i quali opera, invece, la deroga introdotta dall'art. 8 della legge 9 dicembre 1988, n. 431 - è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto " (negli stessi termini: Cass. 19240/2016 e, da ultimo, Cass. 26447/2017).

Palesemente incongruo è, infine, a detta della Corte, anche il richiamo all'art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), trattandosi di norma che regola l'azione dell'amministrazione finanziaria e non la disciplina astratta dell'obbligazione tributaria che qui rispetta, come sopra si è detto, l'art. 53 della Costituzione.

Link sentenza:

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20190509/snciv@s50@a2019@Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.