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Condominio – Delibere assembleari – Nullità ed annullabilità – Corte di Cassazione SU, Sentenza n. 9839 del 14 aprile 2021 - commento

Deliberazione di ripartizione dei contributi condominiali  - Inosservanza dei criteri legali – Natura della violazione   -   Corte di Cassazione , sez. 2, sentenza  n.  2126  del 20 gennaio  2021 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

I PRINCIPI

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sul punto, hanno pronunciato  i seguenti principi di diritto:

«In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un "difetto assoluto di attribuzioni" - e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume"; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l'azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 c. c.»;

«In tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), c. c. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, secondo comma, c. c.». 

LA MOTIVAZIONE (sintesi)..

Le Sezioni Unite[1], a metà degli anni 2000,dettavano il criterio distintivo tra delibere nulle ed annullabili con una contrapposizione tra “vizi di sostanza” (concernenti il contenuto e che ricorrerebbero quando le stesse presentino un oggetto impossibile o illecito), che determinano la nullità, e “vizi di forma” (relativi alle regole procedimentali per la formazione delle deliberazioni assembleari, in violazione delle forme prescritte dagli artt. 1120, 1121, 1129, 1135 e 1136 c.c.) cui consegue l’annullabilità.

Con la recente sentenza la Corte ha ribadito tale principio ma con le precisazioni di cui ai principi richiamati e nei termini qui sintetizzati.

- Per dare stabilità e certezza ai rapporti condominiali il legislatore ha previsto che le deliberazioni sono efficaci ed esecutive fino a che non sia il giudice a rimuoverle (art. 1137, comma 3, c.c.), non contemplando alcuna ipotesi di nullità delle stesse che resterebbero soggette, sine die, alla relativa azione;

- la stessa riforma del condominio, adottando specificamente il termine “azione di annullamento”, ha ricondotto ogni forma di invalidità delle deliberazioni assembleari (contrarietà alla legge o al regolamento di condominio) alla figura dell’annullabilità delle stesse (“regola generale). Il dettato normativo, tuttavia, non consente di eliminare del tutto la categoria della nullità dei deliberati assembleari (categoria residuale ed eccezionale, attinente a vizi  tanto radicali da privare le stesse della loro essenza giuridica), considerato che la nozione di nullità è collegata alla “deficienza strutturale” dell’atto (giuridico o contrattuale);

A questo punto il Supremo Collegio ha specificato  che la nullità delle delibere si configura nei seguenti casi:

1) "Mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali" (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma), tale da determinare la deficienza strutturale della deliberazione ( ad es. deliberazione: adottata senza la votazione dell'assemblea; priva di oggetto, ossia mancante di un reale decisum, ovvero con un oggetto non determinato né determinabile; priva di causa, carente cioè di una ragione pratica giustificativa della stessa che sia meritevole di tutela giuridica; non risultante dal verbale dell'assemblea, sprovvista perciò della necessaria forma scritta).

2) "Impossibilità dell'oggetto, in senso materiale o in senso giuridico", da intendersi connessa al contenuto (c.d. decisum) della deliberazione. La prima va valutata con riferimento alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto deliberato, mentre la seconda va determinata in relazione alle "attribuzioni" proprie dell'assemblea, ma sempre nell’ambito della gestione dei beni e dei servizi comuni.

Per quanto concerne specificamente le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali, confermato quanto affermato dalle Sezioni Unite con la decisione n. 4806/2005 - ne è stata ribadita la nullità per “impossibilità giuridica” dell’oggetto quando l’assemblea, travalicando le proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione, stabiliti per legge o per convenzione (in questo caso l’assemblea si troverebbe ad operare in “difetto assoluto di attribuzioni”). Si parla, invece, di annullabilità quando i suddetti criteri siano solo violati o disattesi nel singolo caso deliberato. 

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1- Cass., Sez. Un., 07 marzo 2005, n. 4806