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Condominio – Decreto ingiuntivo – Riscossione contributi condominiali – Corte di Cassazione SU, Sentenza n. 9839 del 14 aprile 2021 - commento

Decreto ingiuntivo - Opposizione - Azione di annullabilità della delibera assembleare – Ammissibilità - Corte di Cassazione SU, Sentenza n. 9839 del 14 aprile 2021 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

IL FATTO In sede di opposizione ad un decreto ingiuntivo un condomino lamentava l’errata ripartizione delle spese concernenti il rifacimento e la ricostruzione di un lastrico solare condominiale, assumendo che in nessuna delle tre delibere assembleari, poste a fondamento dell’ingiunzione, era stato deciso di applicare l’art. 1126 c.c. (mentre la norma di rinvio doveva essere l’art. 1123 c.c.), e che l’ultima delibera era, comunque, affetta da nullità per mancata comunicazione del relativo avviso.

Pervenuto il giudizio in Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 24476 del 01 ottobre 2019, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione disponeva la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite sul punto concernente «la nullità delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini e della estensione dell’oggetto del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali». Tutto ciò in conseguenza del fatto che la questione fosse oggetto di plurime pronunce difformi delle Sezioni semplici.

LA DECISIONE La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, invertendo l’ordine dei quesiti formulati dalla Sezione remittente, pronunciava i seguenti principi di diritto:

«nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta in via di azione - mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione in opposizione - ai sensi dell'art. 1137, secondo comma, c. c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione»;

«nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l'eccezione con la quale l'opponente deduca l'annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e tale inammissibilità va rilevata e dichiarata d'ufficio dal giudice».

LA MOTIVAZIONE (sintesi). La questione verte sulla possibilità se il giudice possa sindacare la validità della deliberazione assembleare sulla quale l’ingiunzione è fondata, oppure se tale indagine gli sia preclusa, per essere riservata ad un apposito giudizio di impugnativa della delibera assembleare avente lo specifico oggetto.

La Corte ha, preliminarmente ricostruito i due indirizzi giurisprudenziali che si fronteggiano. Da un lato ed in senso negativo, il giudice dell’opposizione è chiamato a decidere sull’attuale esistenza ed efficacia della deliberazione assembleare, ma non sulla sua validità, affidata, invece, al giudice dinanzi al quale la delibera stessa era stata impugnata1. Dall’altro, è stato affermato che nel giudizio di contestazione del provvedimento di ingiunzione, emesso per la riscossione degli oneri condominiali, il limite della rilevabilità d’ufficio dell’invalidità della delibera non opera quando sia stato sollevato un vizio di nullità della stessa: la validità della delibera, infatti, è un elemento costitutivo della domanda di pagamento[1].

Molteplici le ragioni che hanno portato le Sezioni Unite a ritenere superato il primo orientamento, sussistendo fondate ragioni che inducono a riconoscere al giudice dell’opposizione tale sindacato non solo nel caso della nullità, ma anche dell’annullabilità della deliberazione, se dedotta nelle forme e nei tempi prescritti dalla legge. Infatti:

- il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio ordinario di cognizione, il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, ossia al merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione. Risulta, pertanto, difficile ipotizzare che il giudice adito possa confermare il decreto senza verificare la validità del titolo (la delibera assembleare) che ne è il fondamento ed il presupposto necessario;

- in nome delle c.d. “ragioni di economia processuale”, negare al giudice dell’opposizione il potere di sindacare sulla validità dell’assemblea porterebbe ad una moltiplicazione dei giudizi (rigetto dell’opposizione e promozione, in separata sede, di un giudizio di impugnativa, quindi, in caso di accoglimento, avvio di azione di accertamento e di ripetizione di indebito, ovvero opposizione all’esecuzione). Al contrario, estendere al giudice dell’opposizione il potere di accertare detta validità concentrerebbe in un solo giudizio tutte le questioni relative alla deliberazione;

- per l’azione di annullamento di cui all’art. 1137, comma 2, c.c. il legislatore non ha posto riserve in merito al fatto che detta azione debba essere promossa in un giudizio autonomo;

- da un punto di vista meramente processuale, infine, la Corte ha chiarito, da un lato, che la domanda di annullamento, promossa in via riconvenzionale nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, deve essere proposta come “azione” e non come “eccezione”, poiché l’art. 1137, comma 2, c.c. prevede la prima forma come “unico modello legale”, con la conseguenza che il giudice deve dichiarare l’inammissibilità della seconda e, dall’altro, che la stessa domanda deve essere proposta, a pena di decadenza, con l’atto di citazione in opposizione. Decadenza che è rilevabile d’ufficio dal giudice, in quanto la norma che la presiede (art. 167, comma 2, c.p.c.) è dettata nell’interesse pubblico dell’ordinato sviluppo del processo.

OSSERVAZIONI 

I due principi enunciati dagli Ermellini, nonché le motivazioni che ne costituiscono il fondamento, sono logici, consequenziali e condivisibili.

La decisione delle Sezioni Unite, nella pratica, tuttavia, è forse meno innovativa di quanto non appaia a prima vista. Infatti, il richiamo al termine perentorio di cui all’art. 1137, comma 2, c.c. (30 giorni che decorrono dalla deliberazione, per dissidenti o astenuti, oppure dalla data di comunicazione della stessa per gli assenti), in concreto, rende la riconosciuta estensione del sindacato del giudice anche alla domanda di annullamento della delibera, proposta in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, priva di rilievo.

Occorre, infatti, considerare che se il titolo per ottenere il decreto ingiuntivo per oneri condominiali è costituito da una delibera assembleare, il cui contenuto è lo stato di riparto tra i condomini, il minimo termine di decadenza fissato dall’art. 1137 c.c. rende sostanzialmente impossibile proporre la domanda di annullamento in sede di ingiunzione per l’inevitabile superamento dello stesso.

Già risolta, invece, la questione concernente le delibere nulle che, potendo essere impugnate in qualunque tempo, non soggiacciono alla decadenza di cui all’art. 1137 c.c. e, quindi, possono essere oggetto di contestazione anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. n. 19832/2019 cit.).

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1 Cass., Sez. II, 23 luglio 2019, n. 19832; Cass., Sez. II, 12 gennaio 2016, n. 305.