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Rottura di tubazioni interrate sotto una strada comunale - Responsabilità del comune

L'amministrazione comunale non può essere chiamata a rispondere, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., dei danni da interruzione del servizio di distribuzione dell'acqua, quando il guasto sia stato causato da un terzo, e le tubazioni non siano di proprietà del Comune. In tal caso, infatti, mancano i presupposti stessi della responsabilità del custode, ed a nulla rileva che  le tubazioni danneggiate si trovassero interrate al di sotto di una strada comunale. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 9309 del 08/06/2012

Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 9309 del 08/06/2012

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso al Pretore di Palermo ai sensi dell'art. 1172 cod. civ., Maria Concetta Vi.. lamentava che, a seguito dello svolgimento di lavori per l'installazione di un elettrodotto da parte dell'ENEL s.p.a. nel territorio del Comune di Villabate, erano stati causati, da parte dell'impresa appaltatrice Icotel s.p.a., danni alle condutture idriche situate nel sottosuolo, con conseguente mancato approvvigionamento idrico e danni alle colture esistenti su terreni di sua proprietà. Chiedeva, pertanto, che venissero emessi i provvedimenti necessari alla riparazione delle tubazioni danneggiate e a scongiurare l'ulteriore aggravamento della situazione. Il Pretore emetteva ordinanza a chiusura della fase cautelare, affermando la responsabilità del Comune, dell'ENEL s.p.a. e della Icotel s.p.a. nel danneggiamento della condotta idrica, e ordinava solidalmente ai resistenti la riparazione della medesima. Il provvedimento del Pretore, reclamato davanti al Tribunale, veniva confermato salvo che per il profilo della responsabilità dell'ENEL s.p.a..
2. La Vi.. intraprendeva, a questo punto, con citazione davanti al Tribunale di Palermo, il relativo giudizio di merito, chiedendo la conferma del provvedimento emesso nella fase cautelare e la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.
Con sentenza dell'11 ottobre 2001 il predetto Tribunale condannava il Comune di Villabate e la Icotel s.p.a., in solido fra loro, al pagamento, in favore della Vi.., della somma di L. 53.368.000, oltre interessi legali fino alla data del soddisfo e con il carico delle spese di lite, mentre respingeva analoga domanda avanzata nei confronti della committente ENEL s.p.a., con compensazione delle spese tra dette parti.
3. Avverso la sentenza di primo grado proponevano, rispettivamente, appello principale il Comune di Villabate e appello incidentale la Vi.., mentre la Icotel s.p.a. non si costituiva.
Sospesa la provvisoria esecutività della pronuncia impugnata e dichiarata la contumacia della Icotel s.p.a., la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 6 dicembre 2007, in riforma di quella del Tribunale, accoglieva l'appello principale, rigettando la domanda proposta dalla Vi.. nei confronti del Comune di Villabate, e dichiarava inammissibile, siccome tardivo, l'appello incidentale; il tutto con condanna della Vi.. alla rifusione, in favore del Comune, delle spese del doppio grado di giudizio.
Per quanto interessa in questa sede, osservava la Corte territoriale - dopo aver dichiarato infondata la prima censura proposta dal Comune appellante, con la quale si contestava la presunta tardività del ricorso per denuncia di danno temuto, siccome presentato circa quattro anni dopo la data dell'evento dannoso - che era fondato il motivo di appello col quale il Comune di Villabate contestava la propria condanna in solido con l'impresa appaltatrice dei lavori. Poiché, infatti, i tubi di adduzione dell'acqua, non appartenenti al Comune, erano stati danneggiati dall'impresa appaltatrice Icotel s.p.a., appariva evidente che non poteva ascriversi al Comune alcuna colpa per l'omessa vigilanza sulla corretta esecuzione dei lavori di scavo generatori del danno; il Comune era responsabile, quale proprietario e custode della strada, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., del corretto ripristino del manto stradale dopo la conclusione dei lavori sulle tubazioni, ma non era tenuto a controllare che non fosse arrecato danno alle tubazioni stesse, situate sotto terra, da parte dei terzi incaricati dello svolgimento dei lavori. 4. Maria Concetta Vi.. propone ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello con atto affidato a due motivi; resiste il Comune di Villabate con controricorso, contenente un motivo di ricorso incidentale condizionato.
La ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale Vi.. Maria Concetta lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 cod. civ., in tema di responsabilità per danno da cose in custodia. Osserva in proposito la ricorrente che tale tipo di responsabilità ha carattere oggettivo e per la sua configurazione "è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza". Nel caso di specie, quindi, la responsabilità per i danni arrecati alle tubazioni di proprietà di terzi doveva essere attribuita anche al Comune, in via solidale, non per una specifica culpa in vigilando, bensì per il rapporto esistente tra l'ente pubblico e la cosa produttiva di danno;
la decisione della Corte d'appello, invece, avrebbe violato l'art. 2051 cod. civ., nel ritenere di poter escludere la responsabilità del Comune "per il solo fatto che la cosa in custodia fosse di proprietà di terzi e nessun obbligo fosse imposto all'ente stesso". 1.2. Con il secondo motivo del ricorso principale la Vi.. lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, relativo all'applicabilità, nel caso di specie, del menzionato art. 2051 cod. civ.. Tale carenza sarebbe ravvisabile nel fatto che la Corte territoriale non avrebbe dato conto delle ragioni per le quali il Comune di Villabate, pur dovendo rispondere, a titolo di custodia, dei danni eventualmente verificatisi in occasione del ripristino del manto stradale, non era tenuto ad analoga responsabilità per il danno arrecato ai tubi dell'acqua situati sotto la strada. La nozione di custodia, infatti, non presuppone ne' implica uno specifico obbligo di custodire, per cui, una volta accertato che la tubazione danneggiata era interrata sotto la strada comunale e che i danni si erano verificati per lavori autorizzati dal Comune, questo doveva essere ritenuto responsabile dei danni in virtù della relazione esistente tra il soggetto e la res custodita, indipendentemente dal fatto che questa fosse in proprietà di terzi.
Entrambi i motivi di ricorso sono corredati di quesito di diritto. 2. Il Comune di Villabate, oltre ad eccepire l'inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso per violazione del principio di autosufficienza e per mancanza di idonei quesiti di diritto ai sensi dell'art. 366-bis cod. proc. civ., ne chiede il rigetto nel merito;
propone, altresì, per il solo caso di eventuale accoglimento di uno dei motivi di ricorso principale, ricorso incidentale condizionato, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1172 cod. civ. e art. 688 cod. proc. civ., in relazione alla mancata declaratoria di inammissibilità della domanda introdotta dalla Vi.. come denuncia di danno temuto nonostante fossero trascorsi quattro anni dalla data dell'evento dannoso. Tale motivo di ricorso è corredato da quesito di diritto.
3. I ricorsi sono riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la medesima sentenza.
Ciò premesso, va respinta l'eccezione preliminare della parte resistente relativa alla presunta inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito dell'autosufficienza e/o di idonei quesiti di diritto ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ.; il ricorso, infatti, mette la Corte in condizioni di comprendere pienamente lo svolgimento dei fatti e le doglianze mosse alla sentenza d'appello, con quesiti sufficientemente chiari.
4. Nel merito, il ricorso principale è infondato.
I due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono entrambi centrati sulla presunta violazione dell'art. 2051 cod. civ., sul rilievo del carattere oggettivo della responsabilità per danni da cose in custodia.
Dalla sentenza di secondo grado emergono i seguenti elementi, da considerare pacifici in quanto non più oggetto di contestazione in questa sede: 1) i tubi sotterranei furono danneggiati a causa di negligenze da parte della società Icotel, appaltatrice dei lavori per conto dell'ENEL s.p.a.; 2) la proprietà di tali tubi era del Consorzio ASI, rimasto sempre estraneo al giudizio; 3) la strada nel cui sottosuolo si verificò il fatto generatore di danno era appartenente al Comune di Villabate. È altrettanto pacifico che la sentenza di condanna nei confronti della società Icotel è passata in giudicato, così come è passato in giudicato il rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata dall'odierna ricorrente nei confronti dell'ENEL s.p.a..
Ciò premesso, è evidente che la responsabilità solidale del Comune di Villabate per il mancato approvvigionamento idrico conseguente alla rottura delle tubazioni sotterranee di adduzione dell'acqua potrebbe essere affermata soltanto riconoscendo che a suo carico esiste un generico obbligo di custodia derivante dalla proprietà della strada. Tale affermazione, tuttavia, non risponde ne' ai criterì elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte sull'art. 2051 cod. civ. ne' al concreto atteggiarsi dei rapporti nella vicenda in esame.
In riferimento all'art. 2051 cod. civ., questa Corte ha ribadito in più occasioni il carattere oggettivo di tale responsabilità, la quale si configura in base alla sola esistenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, salva l'esclusione derivante dal caso fortuito (v., di recente, le sentenze 19 febbraio 2008, n. 4279, e 19 maggio 2011, n. 11016). Tali principi hanno ricevuto applicazione anche in riferimento alla custodia dei beni demaniali, fra i quali le strade; si è detto, a questo proposito, che l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo il fortuito (sentenze 20 novembre 2009, n. 24529, e 18 ottobre 2011, n. 21508); e si è pure chiarito che, in riferimento alle autostrade, attesa la loro natura destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, è configurabile, in genere, l'esistenza di un rapporto di custodia (sentenze 6 luglio 2006, n. 15383, e 19 maggio 2011, n. 11016 cit.).
Nel caso specifico, però, gli enunciati principi non sono applicabili, perché manca il presupposto stesso della custodia; il danno non è stato determinato da un fenomeno riguardante la strada in sè (presenza di fango, brecciolino, attraversamento di animali et similia), bensì è da ricondurre all'azione di un terzo (l'appaltatore) su un oggetto (i tubi di adduzione dell'acqua) collocato nel sottosuolo e non di proprietà del Comune, in esecuzione di lavori non riconducibili in alcun modo all'iniziativa del Comune stesso. Ne deriva che la motivazione della Corte territoriale, congruamente motivata sulla base delle prove raccolte, non si espone alle prospettate censure e merita conferma. Ne consegue l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato, proposto solo per l'eventualità dell'accoglimento di quello principale.
5. Il ricorso principale, pertanto, è rigettato, con assorbimento di quello incidentale condizionato.
La ricorrente è condannata alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

 
 

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