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Accertamento giudiziale della paternita

Accertamento giudiziale della paternita' - Indagini sulla paternita' di figli incestuosi - Divieto -Questione di legittimita' costituzionale.

Accertamento giudiziale della paternita' - Indagini sulla paternita' di figli incestuosi - Divieto - Questione di legittimita' costituzionale.

Sentenza n. 9724 del 4 luglio 2002 (Sezione Prima Civile - Presidente G. Losavio - Relatore M. Bonomo)

IL COLLEGIO
Considerato: - che con decreto del 12-14 marzo 1998, il Tribunale di Roma respingeva la domanda di L.C. volta ad ottenere la dichiarazione di ammissibilità dell'azione per l'accertamento giudiziale di paternità di B. C., deceduto;
-  che il giudice, essendo risultato che B. C. e M. J. F., madre di L.C., erano fratelli uterini e che avevano convissuto sotto lo stesso tetto durante l'infanzia assieme alla loro madre, applicava l'art. 251 c.c., rilevando che non era emerso alcun elemento probatorio in ordine ad una relazione fra i due ed alla loro non conoscenza del rapporto di parentela esistente tra i medesimi;
-  che proponeva reclamo contro il decreto L. C. sostenendo che non sussisteva alcuna prova che sua madre e B. C. al momento del suo concepimento fossero a conoscenza del vincolo parentale che li legava, mentre vi erano sufficienti prove in ordine alla paternità di B. C., deducibili anche dal suo inequivocabile comportamento nei confronti del reclamante;
-  che, con decreto del 25 marzo-25 maggio 1999, la Corte d'appello di Roma respingeva il reclamo sulla base delle seguenti osservazioni: a) era stato documentalmente provato che B. C. e M. J. F. erano fratelli uterini e che avevano convissuto con la loro madre dal 1936 al 1947, sicché non era contestabile che i due al momento dell'eventuale concepimento di L. fossero a conoscenza del vincolo parentale che li univa; b) pertanto, ai sensi dell'art. 278 c.c., era preclusa qualsiasi indagine sulla paternità di B. C. nei confronti del reclamante;
-  che contro la decisione della Corte d'appello L. C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, lamentando, con il primo ed il terzo motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 278 c.c., nonché difetto di motivazione ed errata valutazione della buona fede del genitore, e ha prospettato, con il secondo motivo, questione di illegittimità costituzionale degli arte. 251, comma, 1, e dell'art. 2.78, comma 1, c.c., in relazione agli artt. 2, 3 e 30 Cost.;

- che tale questione di costituzionalità è rilevante in quanto:
a) in base all'art 278 c.c., le indagini sulla paternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma del precedente articolo 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato;
b) nella specie ricorre un'ipotesi in cui tale riconoscimento è vietato dall'art. 251, poiché B. C. e M. J. F. erano fratelli uterini;
c) il giudice di merito ha escluso la ricorrenza dell'ipotesi di buona fede (nel senso dell'ignoranza del vincolo di parentela al tempo del concepimento), che consente il riconoscimento del figlio incestuoso, ai sensi dell'art. 251 c.c., e quindi rende ammissibili le indagini sulla paternità, in base all'art. 278 c.c.;
d) tale valutazione del giudice di merito in punto di fatto è sufficientemente motivata ed immune da vizi logici e giuridici, risultando così incensurabile in sede di legittimità;
e) pertanto il ricorso non risulta accoglibile in relazione al primo ed al terzo mezzo d'impugnazione;
f) in tale situazione, ai fini della decisione in ordine all'ammissibilità dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternità deve farsi applicazione delle norme sospettate di incostituzionalità, e cioè dell'art. 278, comma 1, c.c., in relazione all'art. 251, comma 1, dello stesso codice;
- che la questione di illegittimità costituzionale, oltre che rilevante, appare non manifestamente infondata, in quanto:
1) secondo l'art. 30, della Cost., la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima (secondo comma) e detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità (terzo comma);
2) tale tutela non viene assicurata ai figli incestuosi, i quali non possono ottenere la dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità,
3) le responsabilità dei genitori, pur se sanzionabili anche penalmente nei loro confronti (art. 554 c.p.), non giustificano la limitazione dei diritti dei figli incestuosi che non possono essere pregiudicati da fatti a loro non attribuibili;
4) il divieto di conseguire il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità non trova giustificazione in esigenze di tutela dei membri della famiglia legittima;
5) tali esigenze di tutela non hanno impedito al legislatore ordinario con 1a riforma del 1975 di sopprimere i limiti per la riconoscibilità della prole adulterina;
6) le medesime esigenze di tutela dei membri della famiglia legittima, se esistessero, dovrebbero impedire il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale anche nei casi di buona fede e di matrimonio (da cui deriva l'affinità) dichiarato nullo - casi nei quali, invece, il riconoscimento del figlio incestuoso e la dichiarazione giudiziale di paternità sono possibili, per le deroghe previste dall'art. 251 c.c., ricorrendone le condizioni - e quando vi sia stato ratto o violenza sessuale (ipotesi nelle quali le indagini sulla paternità o sulla maternità dei figli incestuosi possono essere ammesse dal giudice, ai sensi del secondo comma dell'art. 278 c.c.);
7) una limitazione ai fini del riconoscimento e della dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità potrebbe essere giustificata, in base alla menzionata norma costituzionale, solo se fosse determinata da specifiche esigenze di tutela dell'interesse del figlio incestuoso, mentre non può essere giustificata dalla necessità di evitare occasioni di scandalo;
8) dubbi di illegittimità costituzionale dell'art. 278, comma 1, c.c., in relazione all'art. 251, comma 1, dello stesso codice, sussistono anche con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., per la violazione del diritto all'identità personale del figlio incestuoso - che è privato della possibilità di avere un genitore, un determinato nome ed una famiglia - nonché sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto pur trovandosi i figli incestuosi nella stessa situazione sostanziale di quelli non incestuosi, perché l'elemento che li differenzia deriva da un fattore a loro estraneo (rapporti tra i genitori), sono assoggettati ad una disciplina radicalmente diversa;
9) il diritto all'identità personale trova riconoscimento anche nell'art. 8 della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989), ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991 n. 176;
10) l'art. 3 della Convenzione europea sullo stato giuridico dei figli nati fuori del matrimonio (Strasburgo, 15 ottobre 1975), firmata, ma non ratificata dall'Italia, prevede all'art. 3 che 1a paternità di "qualsiasi" figlio nato fuori del matrimonio - e quindi anche del figlio incestuoso - possa essere accertata o stabilita in base a riconoscimento volontario o attraverso una decisione giudiziaria;
- che i termini nei quali sono formulate negli artt. 251 e 278 c.c. le prescrizioni relative all'inammissibilità delle indagini sulla paternità ed al divieto di riconoscimento dei figli incestuosi non consentono, per la loro chiarezza, una diversa interpretazione della legge che possa far superare i dubbi sulla conformità ai principi costituzionali;

PER QUESTI MOTIVI
visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 278, comma 1, c.c. e dell'art. 251, comma 1,c.c.., nella parte in cui, non consentono indagini sulla paternità di figli incestuosi, per contrasto con gli art. 2, 3 e 30, comma 3, Cost,;
- sospende il giudizio;
- trasmette gli atti alla Corte Costituzionale;
- dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alle parti;
- dispone che l'ordinanza sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.

Accertamento giudiziale della paternita' - Indagini sulla paternita' di figli incestuosi - Divieto - Questione di legittimita' costituzionale.

Sentenza n. 9724 del 4 luglio 2002 (Sezione Prima Civile - Presidente G. Losavio - Relatore M. Bonomo)

IL COLLEGIO
Considerato: - che con decreto del 12-14 marzo 1998, il Tribunale di Roma respingeva la domanda di L.C. volta ad ottenere la dichiarazione di ammissibilità dell'azione per l'accertamento giudiziale di paternità di B. C., deceduto;
-  che il giudice, essendo risultato che B. C. e M. J. F., madre di L.C., erano fratelli uterini e che avevano convissuto sotto lo stesso tetto durante l'infanzia assieme alla loro madre, applicava l'art. 251 c.c., rilevando che non era emerso alcun elemento probatorio in ordine ad una relazione fra i due ed alla loro non conoscenza del rapporto di parentela esistente tra i medesimi;
-  che proponeva reclamo contro il decreto L. C. sostenendo che non sussisteva alcuna prova che sua madre e B. C. al momento del suo concepimento fossero a conoscenza del vincolo parentale che li legava, mentre vi erano sufficienti prove in ordine alla paternità di B. C., deducibili anche dal suo inequivocabile comportamento nei confronti del reclamante;
-  che, con decreto del 25 marzo-25 maggio 1999, la Corte d'appello di Roma respingeva il reclamo sulla base delle seguenti osservazioni: a) era stato documentalmente provato che B. C. e M. J. F. erano fratelli uterini e che avevano convissuto con la loro madre dal 1936 al 1947, sicché non era contestabile che i due al momento dell'eventuale concepimento di L. fossero a conoscenza del vincolo parentale che li univa; b) pertanto, ai sensi dell'art. 278 c.c., era preclusa qualsiasi indagine sulla paternità di B. C. nei confronti del reclamante;
-  che contro la decisione della Corte d'appello L. C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, lamentando, con il primo ed il terzo motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 278 c.c., nonché difetto di motivazione ed errata valutazione della buona fede del genitore, e ha prospettato, con il secondo motivo, questione di illegittimità costituzionale degli arte. 251, comma, 1, e dell'art. 2.78, comma 1, c.c., in relazione agli artt. 2, 3 e 30 Cost.;

- che tale questione di costituzionalità è rilevante in quanto:
a) in base all'art 278 c.c., le indagini sulla paternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma del precedente articolo 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato;
b) nella specie ricorre un'ipotesi in cui tale riconoscimento è vietato dall'art. 251, poiché B. C. e M. J. F. erano fratelli uterini;
c) il giudice di merito ha escluso la ricorrenza dell'ipotesi di buona fede (nel senso dell'ignoranza del vincolo di parentela al tempo del concepimento), che consente il riconoscimento del figlio incestuoso, ai sensi dell'art. 251 c.c., e quindi rende ammissibili le indagini sulla paternità, in base all'art. 278 c.c.;
d) tale valutazione del giudice di merito in punto di fatto è sufficientemente motivata ed immune da vizi logici e giuridici, risultando così incensurabile in sede di legittimità;
e) pertanto il ricorso non risulta accoglibile in relazione al primo ed al terzo mezzo d'impugnazione;
f) in tale situazione, ai fini della decisione in ordine all'ammissibilità dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternità deve farsi applicazione delle norme sospettate di incostituzionalità, e cioè dell'art. 278, comma 1, c.c., in relazione all'art. 251, comma 1, dello stesso codice;
- che la questione di illegittimità costituzionale, oltre che rilevante, appare non manifestamente infondata, in quanto:
1) secondo l'art. 30, della Cost., la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima (secondo comma) e detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità (terzo comma);
2) tale tutela non viene assicurata ai figli incestuosi, i quali non possono ottenere la dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità,
3) le responsabilità dei genitori, pur se sanzionabili anche penalmente nei loro confronti (art. 554 c.p.), non giustificano la limitazione dei diritti dei figli incestuosi che non possono essere pregiudicati da fatti a loro non attribuibili;
4) il divieto di conseguire il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità non trova giustificazione in esigenze di tutela dei membri della famiglia legittima;
5) tali esigenze di tutela non hanno impedito al legislatore ordinario con 1a riforma del 1975 di sopprimere i limiti per la riconoscibilità della prole adulterina;
6) le medesime esigenze di tutela dei membri della famiglia legittima, se esistessero, dovrebbero impedire il riconoscimento e la dichiarazione giudiziale anche nei casi di buona fede e di matrimonio (da cui deriva l'affinità) dichiarato nullo - casi nei quali, invece, il riconoscimento del figlio incestuoso e la dichiarazione giudiziale di paternità sono possibili, per le deroghe previste dall'art. 251 c.c., ricorrendone le condizioni - e quando vi sia stato ratto o violenza sessuale (ipotesi nelle quali le indagini sulla paternità o sulla maternità dei figli incestuosi possono essere ammesse dal giudice, ai sensi del secondo comma dell'art. 278 c.c.);
7) una limitazione ai fini del riconoscimento e della dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità potrebbe essere giustificata, in base alla menzionata norma costituzionale, solo se fosse determinata da specifiche esigenze di tutela dell'interesse del figlio incestuoso, mentre non può essere giustificata dalla necessità di evitare occasioni di scandalo;
8) dubbi di illegittimità costituzionale dell'art. 278, comma 1, c.c., in relazione all'art. 251, comma 1, dello stesso codice, sussistono anche con riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., per la violazione del diritto all'identità personale del figlio incestuoso - che è privato della possibilità di avere un genitore, un determinato nome ed una famiglia - nonché sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto pur trovandosi i figli incestuosi nella stessa situazione sostanziale di quelli non incestuosi, perché l'elemento che li differenzia deriva da un fattore a loro estraneo (rapporti tra i genitori), sono assoggettati ad una disciplina radicalmente diversa;
9) il diritto all'identità personale trova riconoscimento anche nell'art. 8 della Convenzione dell'ONU sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989), ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991 n. 176;
10) l'art. 3 della Convenzione europea sullo stato giuridico dei figli nati fuori del matrimonio (Strasburgo, 15 ottobre 1975), firmata, ma non ratificata dall'Italia, prevede all'art. 3 che 1a paternità di "qualsiasi" figlio nato fuori del matrimonio - e quindi anche del figlio incestuoso - possa essere accertata o stabilita in base a riconoscimento volontario o attraverso una decisione giudiziaria;
- che i termini nei quali sono formulate negli artt. 251 e 278 c.c. le prescrizioni relative all'inammissibilità delle indagini sulla paternità ed al divieto di riconoscimento dei figli incestuosi non consentono, per la loro chiarezza, una diversa interpretazione della legge che possa far superare i dubbi sulla conformità ai principi costituzionali;

PER QUESTI MOTIVI
visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 278, comma 1, c.c. e dell'art. 251, comma 1,c.c.., nella parte in cui, non consentono indagini sulla paternità di figli incestuosi, per contrasto con gli art. 2, 3 e 30, comma 3, Cost,;
- sospende il giudizio;
- trasmette gli atti alla Corte Costituzionale;
- dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alle parti;
- dispone che l'ordinanza sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.