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domande o eccezioni nuove contenute nella comparsa conclusionale

Domande o eccezioni nuove contenute nella comparsa conclusionale Domande o eccezioni nuove in essa contenute - Inammissibilità - Intervento innovativo di terzo all'udienza di precisazione delle conclusioni - Estensione ad esso in comparsa conclusionale dell'eccezione di prescrizione già proposta in giudizio - La comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia instaurato il contraddittorio delle parti, non potendo di regola contenere domande o eccezioni nuove. Sicché, mentre è inammissibile l'eccezione di prescrizione in essa formulata per la prima volta, è invece ammissibile detta eccezione quando essa, già tempestivamente sollevata, sia stata soltanto estesa alla parte che abbia proposto un intervento innovativo in causa all'udienza di precisazione delle conclusioni. Infatti, atteso che l'intervento innovativo (sia esso principale, sia adesivo autonomo) non incontra preclusioni assertive, ma soggiace a quelle istruttorie in ragione del tempo in cui si dispiega, il debitore ha facoltà, nel primo atto successivo, di opporre all'interveniente la medesima prescrizione già tempestivamente eccepita nei confronti dell'altra parte. Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 315 del 12/01/2012

Domande o eccezioni nuove contenute nella comparsa conclusionale

Domande o eccezioni nuove in essa contenute - Inammissibilità - Intervento innovativo di terzo all'udienza di precisazione delle conclusioni - Estensione ad esso in comparsa conclusionale dell'eccezione di prescrizione già proposta in giudizio - La comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia instaurato il contraddittorio delle parti, non potendo di regola contenere domande o eccezioni nuove. Sicché, mentre è inammissibile l'eccezione di prescrizione in essa formulata per la prima volta, è invece ammissibile detta eccezione quando essa, già tempestivamente sollevata, sia stata soltanto estesa alla parte che abbia proposto un intervento innovativo in causa all'udienza di precisazione delle conclusioni. Infatti, atteso che l'intervento innovativo (sia esso principale, sia adesivo autonomo) non incontra preclusioni assertive, ma soggiace a quelle istruttorie in ragione del tempo in cui si dispiega, il debitore ha facoltà, nel primo atto successivo, di opporre all'interveniente la medesima prescrizione già tempestivamente eccepita nei confronti dell'altra parte. Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 315 del 12/01/2012

Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 315 del 12/01/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1 - Il Consigliere relatore ha depositato in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.:
"1. - Salvatore Sc.., avendo venduto con il coniuge, Da.. Giuseppina, un appezzamento di terreno di oltre 13.800,00 mq., distaccato da più ampia estensione, conveniva in giudizio l'acquirente, Pro.Ma.Co., di Mo.. Mario & C. s.a.s., nonché Mario Mo.. in proprio, per l'annullamento del contratto per dolo, essendo stato indotto in errore quanto all'effettiva estensione del fondo ceduto, espressamente venduto a corpo previo apposito frazionamento catastale, ma promesso alla stessa società per la minore estensione di 10.000 mq. in subordine, chiedeva il risarcimento del danno.
Resisteva la sola società convenuta, sostenendo, fra l'altro, il comune conferimento dell'incarico di frazionamento ad un architetto. All'udienza di precisazione delle conclusioni interveniva Da.. Giuseppina, che svolgeva difese e formulava conclusioni analoghe a quelle dell'attore.
Il Tribunale di Cassino con sentenza non definitiva respingeva la domanda di annullamento, ma accoglieva quella di risarcimento del danno condannando la società convenuta e Mario Mo.. al pagamento di L. 30.000 per ogni mq. Di superficie effettivamente alienata oltre i 10.0000mq; e con pronuncia definitiva quantificava in Euro 52.402,04 l'ammontare della somma dovuta.
1.1. - Sull'appello principale proposto contro entrambe le sentenze dalla Pro.Ma.Co. s.a.s., appello cui aderiva, con atto separato, Mario Mo.., e su quello incidentale dei coniugi Sc.. - Da.., la Corte d'appello di Roma dichiarava l'inammissibilità dell'impugnazione incidentale, perché proposta tardivamente, la nullità della sentenza definitiva del Tribunale di Cassino, in quanto pronunciata prima dello spirare dei termini di cui all'art 190 c.p.c., e la prescrizione del diritto di Giuseppina Da.. al risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale;
accoglieva per quanto di ragione la domanda di Sc.. Salvatore, condannando la Pro.Ma.Co. e Mario Mo.. al pagamento in favore di lui della somma di Euro 26.201,02, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno; e condannava gli appellanti alle spese del doppio grado verso lo Sc.., e la Da.. alle spese dei due gradi verso la Pro.Ma.Co. e il Mo...
2. - Per la cassazione di quest'ultima sentenza ricorre Sc.. Anna, quale procuratrice generale di Giuseppina Da... 2.1. - Resiste con controricorso la Pro.Ma.Co. s.a.s., che propone altresì ricorso incidentale.
3. - Quattro i motivi a sostegno del ricorso principale. 3.1. - Con il primo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 323, 324, 325, 326, 327, 329, 31, 332, 333, 334, 340 e 343 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonché vizi della motivazione, sostenendo che la Corte capitolina nel ritenere ammissibile l'appello incidentale proposto da Mario Mo.. avverso la sentenza non definitiva di primo grado, non ha considerato che l'impugnazione incidentale nell'ipotesi di cause scindibili può essere proposta solo nei termini e se non vi è stata acquiescenza, e che nella specie Mario Mo.. non poteva più proporre appello incidentale contro la sentenza non definitiva, essendo decorso il termine ordinario d'impugnazione, tenuto conto che questi, in quanto contumace nel giudizio di primo grado, non aveva formulato riserva di gravame.
3.2. - Con il secondo motivo deduce, in subordine, vizi motivazionali in ordine alla dedotta tardività dell'eccezione di prescrizione sollevata da Mario Mo.., sostenendo che il giudice sì è limitato a verificare la tempestività dell'omologa eccezione formulata dalla società Pro.Ma.Co., senza considerare che il primo non potesse avvalersi dell'eccezione della seconda. 3.3. - Il terzo si articola in due censure.
3.3.1 - con la prima parte ricorrente denuncia l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta tempestività dell'eccezione di prescrizione formulata dalla Pro.Ma.Co. s.a.s., da ritenersi, invece, tardiva in quanto sollevata nella comparsa conclusionale di primo grado. 3.3.2. - Con la seconda si sostiene che il giudice d'appello, pur ritenendo estensibile alla posizione processuale della Da.. l'effetto interruttivo della prescrizione derivante dalla proposizione della domanda giudiziale da parte dello Sc.., ha erroneamente assunto quale riferimento la data di stipula del contratto (9.9.1991), piuttosto di quella di notifica dell'atto di citazione (9.9.1996), in relazione al quale il diritto della Da.., azionato il 15.12.2000, non è prescritto.
3.4. - Il quarto motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla liquidazione delle spese processuali, immotivatamente liquidate a carico della Da.. in misura maggiore rispetto a quelle liquidate in favore di Salvatore Sc...
4. - Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
4.1. - Con il primo si deduce l'insufficiente motivazione in ordine alla condanna della Pro.Ma.Co. al risarcimento del danno, che sarebbe erronea in quanto la Corte d'appello avrebbe aderito all'iter motivazionale seguito dal giudice di primo grado senza specificare le ragioni di tale condivisione, e commettendo, quindi, i medesimi errori, consistenti nell'aver dato rilevanza a fatti estranei alla vendita definitiva (diverso contenuto del preliminare rispetto e tipo di frazionamento catastale), e nell'aver disatteso una testimonianza fondamentale (quella del notaio rogante, il quale aveva confermato di aver dato lettura dell'atto alle parti).
4.2. - Con il secondo è censurato analogo vizio motivazionale in punto di determinazione del danno, erroneamente determinato perché alla somma rivalutata sono stati aggiunti gli interessi legali. 5. - Entrambi i motivi del ricorso incidentale, il cui esame è logicamente prioritario, sono infondati.
5.1. - Quanto al primo, costituisce fermo indirizzo di questa Corte che: a) è legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purché il giudice d'appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve viceversa essere cassata la sentenza d'appello allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che all'affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. nn. 18625/10, 15483/08 e 2268/06); b) il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all'uopo, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. S.U. n.5802/98 e successive conformi tra cui, da ultimo, Cass. n. 15264/07). In ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (alfine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. nn.2272/07 e 14084/07). 5.1.1. - Nello specifico, la Corte capitolina nel confermare la sentenza di primo grado ha osservato che "il mutamento radicale delle condizioni tra quanto pattuito con il preliminare e quanto poi stipulato con il definitivo - nella persistenza della volontà degli Sc.. di vendere una determinata superficie al prezzo concordato a misura - unito alla carenza di ogni spiegazione in merito al perché i venditori avrebbero voluto perdere un terzo circa del corrispettivo pattuito, può trovare adeguata spiegazione solo accettando la ricostruzione delle condotte della società acquirente e del tecnico Evangelista quale quella enunziata in sentenza, così che dalla medesima emerge con chiarezza un atteggiamento del Mo.. contrario alla buona fede: se ne ricava pertanto la irrilevanza della previa lettura del testo negoziale operata prima della stipula, dal momento che lo stesso amministratore della Promaco aveva già provveduto maliziosamente a fornire allo Sc.. una chiave di lettura (equivalenza tra la superficie originariamente oggetto di preliminare e quella, catastalmente superiore, oggetto di frazionamento) dei futuri impegni contrattuali, rafforzandola con la previsione - sicuramente non percepita dagli Sc.., stante la loro conclamata e non contestata rusticitas - di una vendita a corpo". 5.1.2. - Tale motivazione appare adeguata e logica, e quindi esente da censure in sede di legittimità, in quanto non solo esplicita le ragioni dell'adesione alla soluzione prescelta dal giudice di primo grado, ma rende conto, altresì, del perché non sia stata ritenuta decisiva, nel senso caldeggiato dagli appellanti, la deposizione del notaio rogante in ordine all'effettiva lettura dell'atto alle parti. 5.2. - Quanto al secondo motivo - da riqualificarsi come falsa applicazione di norma di legge, essendo censurata non la congruità o logicità motivazionale, ma la statuizione che ha cumulato rivalutazione monetaria ed interessi legali - si rileva che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata (da S.U. n. 1712/95 fino a n. 16894/10) nel senso che qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva (anche se adottata in sede di rinvio), è dovuto al danneggiato anche il risarcimento rinconducibile al mancato guadagno che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice anche ricorrendo a criteri presuntivi ed equitativi (quale l'attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito), previa valutazione di tutte le circostanze obiettive e soggettive attinenti al caso specifico; in quest'ultima ipotesi, gli interessi non possono essere computati, a far data dalla verificazione dell'illecito, sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riguardo ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso) in ordine ai quali l'importo equivalente del bene perduto si incrementa nominalmente, sulla scorta dei prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio. 5.2.1. - Nello specifico, la Corte territoriale si è attenuta a tale indirizzo, applicando gli interessi legali non sulla somma finale rivalutata, ma su quella da rivalutare anno per anno, precisando correttamente quale dies a quo quello della stipulazione del contratto e come dies ad quem quello della pubblicazione della sentenza d'appello; sicché la censura in parola non coglie neppure l'esatto contenuto della pronuncia ed è, dunque, priva di base. 6. - Sul ricorso principale si osserva quanto segue.
6.1. - Il primo motivo è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte si è più volte pronunciata nel senso che per il principio di concentrazione delle impugnazioni, applicabile anche con riguardo alle impugnazioni contro la sentenza non definitiva, la parte soccombente nella sentenza non definitiva e in quella definitiva, ove quest'ultima venga impugnata per prima dalla controparte risultata parzialmente soccombente, è tenuta a proporre impugnazione incidentale contro la sentenza non definitiva, nello stesso procedimento introdotto con l'impugnazione principale avverso la sentenza definitiva, nei limiti temporali segnati dall'art. 343 c.p.c., giacché la notifica della impugnazione della sentenza definitiva, stante l'unitarietà delle due pronunce, va riferita anche a quella non definitiva, realizzandosi con essa non solo il presupposto per la concentrazione delle impugnazioni, ma anche la conoscenza, nell'altra parte che sia rimasta contumace in primo grado, della sentenza non definitiva, indispensabile per l'esercizio della relativa impugnazione, nel rispetto dell'art. 333 c.p.c. (Cass. nn. 9300/87, 5377/87, 5584/87, 5585/87, 5586/87 e 5587/87).
L'osservazione di parte ricorrente, secondo cui tale indirizzo non sarebbe applicabile nell'ipotesi di cause scindibili e di mancata proposizione della riserva ex art. 340 c.p.c., da parte del contumace, non apporta elementi di novità rispetto alla questione pervenuta all'esame di questo S.C. e alle ragioni poste a base del citato orientamento, ove si consideri che le norme degli artt. 333 e 343 c.p.c., che regolano l'appello incidentale, sono - testualmente - applicabili nell'ipotesi tanto di cause inscindibili o dipendenti, quanto di cause scindibili, atteso che l'esigenza di rendere unitario il giudizio d'appello (a fronte di un primo grado unitariamente trattato e definito) permane intatta indipendentemente dalla circostanza che la pluralità di parti derivi da un litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, ovvero da un litisconsorzio facoltativo, proprio o improprio.
6.2. - Il secondo motivo, riqualificato come violazione dell'art. 1306 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (il vizio motivazionale, com'è noto, può avere ad oggetto unicamente un fatto sostanziale, e non già l'interpretazione o la corretta applicazione di una norma), è fondato.
Infatti, la regola di cui all'art. 1306 c.c., comma 2, secondo cui i condebitori in solido hanno facoltà di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra questi ed uno degli altri condebitori, trova applicazione soltanto nel caso in cui la sentenza suddetta sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori che intendano opporla. Se, invece, questi abbiano partecipato al medesimo giudizio, ma siano decaduti od abbiano rinunciato all'eccezione di prescrizione, non potranno giovarsi della sentenza resa tra il creditore ed uno degli altri coobbligati solidali convenuti (Cass. nn. 1779/01 e 5262/01).
6.3. - È fondato anche il terzo motivo.
6.3.1. - Si afferma costantemente nella giurisprudenza di questa Corte che le comparse conclusionali hanno soltanto la funzione di illustrare le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fondano le domande e le eccezioni già proposte e pertanto non possono contenere domande o eccezioni nuove che comportino un ampliamento del thema decidendum, ne' l'accettazione del contraddittorio rispetto a domande nuove proposte dalla controparte, essendo detta accettazione attività consentita solo fino al momento della rimessione della causa al collegio per la discussione (Cass. nn. 5478/06, 14250/04, 6858/04, 11175/02 e 1074/00).
6.3.1.1. - La circostanza che il primo atto difensivo successivo all'intervento della Sc.. sia costituito dalla comparsa conclusionale, non sottrae la fattispecie al campo d'applicazione del citato principio, ove si consideri che la parte odierna controricorrente avrebbe potuto proporre detta eccezione o alla stessa udienza in cui era intervenuta la Sc.., ovvero in un'udienza successiva, instando per un differimento al fine di meglio esaminare l'atto d'intervento.
6.3.1.2. - 11 fatto, poi, che la Pro.Ma.Co abbia espressamente ricusato il contraddittorio sulla domanda proposta dalla Sc.., è del tutto influente (leggi, ininfluente: n.d.r.) al fine di paralizzarne l'esame, atteso che la formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall'art. 268 cod. proc. civ. non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento "fino all'udienza di precisazione delle conclusioni", configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie (Cass. nn. 15787/05, 21060/04, 2830/03, 4771/99). 6.3.2, - Resta assorbita la seconda censura del terzo motivo. 6.4. - La ritenuta fondatezza del secondo e del terzo motivo, imponendo la cassazione della sentenza impugnata, assorbe l'esame del quarto, relativo alle spese di giudizio.
7. - Per tutto quanto sopra considerato, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., n. 5". 2 - La Corte condivide la relazione - in ordine alla quale le parti non hanno depositato memorie - salvo per quanto segue. La prima censura del terzo motivo del ricorso principale non appare fondata.
La comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia già instaurato il contraddittorio fra le parti. Pertanto, essendo tale atto deputato esclusivamente allo svolgimento di difese, mentre è inammissibile l'eccezione di prescrizione con esso formulata per la prima volta, non altrettanto è a dirsi allorché detta eccezione, già tempestivamente sollevata, sia stata soltanto estesa alla parte che abbia proposto un intervento innovativo in causa all'udienza di precisazione delle conclusioni. In tale ultima evenienza, infatti, atteso che l'intervento innovativo (qual è sia quello principale sia quello adesivo autonomo) non incontra preclusioni assertive, ma soggiace a quelle istruttorie in ragione del tempo in cui si dispiega, il debitore, per evidente simmetria difensiva, ha facoltà nel primo atto successivo di opporre all'interveniente la medesima prescrizione già tempestivamente eccepita nei confronti dell'altra parte. Ed è esattamente quanto avvenuto nella specie.
4 - Infondata la prima censura del terzo motivo, non resta assorbita la seconda, che è, invece, fondata.
La domanda di risarcimento del danno proposta dalla Da.. ripete il proprio titolo dalla responsabilità contrattuale della società acquirente, ove si consideri che l'obbligazione risarcitoria è succedanea di quella inadempiuta e partecipa, pertanto, della medesima natura di questa, mentre una responsabilità extracontrattuale derivante da inadempimento di un contratto di vendita è configurabile soltanto allorché il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest'ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti (cfr. Cass. n. 11410/08).
Il termine prescrizionale applicabile, pertanto, non è quello quinquennale, ritenuto dalla Corte d'appello, bensì quello ordinario di cui all'art. 2946 c.c.. Rispetto a quest'ultimo, il diritto di credito della Da.. non è, indipendentemente dall'estensione dell'effetto interruttivo derivante dalla proposizione della lite ad opera della parte consorte, prescritto, non essendo decorsi dieci anni tra la data di stipula del contratto (9.9.1991) e quella dell'intervento in causa della stessa Da.. (15.12.2000). 5 - Per quanto sopra, va accolto il secondo motivo e la seconda censura del terzo motivo del ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale e cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, che deciderà la controversia attenendosi ai su esposti principi di diritto e provvederà anche sulla spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo e la seconda censura del terzo motivo del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale e cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, che provvederà anche sulla spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile - 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 settembre 2011. Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2012

 

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