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svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione forense Consiglio di Stato parere numero 02705 del 25/09/2015

svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione forense Consiglio di Stato parere numero 02705 del 25/09/2015

Consiglio di Stato parere numero 02705 del 25/09/2015

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 10 settembre 2015

NUMERO AFFARE 00994/2015

OGGETTO:
Ministero della giustizia ufficio legislativo.

Schema di regolamento ministeriale recante la disciplina per lo svolgimento del tirocinio per l’accesso alla professione forense ai sensi dell’art. 41, co. 13, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

LA SEZIONE

Vista la relazione dell’8 giugno 2015 senza numero, trasmessa con nota n_dg_LEG.0005641.U del 9 giugno 2015 e pervenuta in pari data in Segreteria, con la quale il Ministero della Giustizia (Ufficio Legislativo) chiede il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;
Vista la propria pronuncia del 18 giugno 2015;
Vista la nota dell’Amministrazione n. 007493.U del 3 agosto 2015, che trasmette un nuovo testo del regolamento in oggetto, e l’annessa relazione;
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;

Premesso:
Scopo, contenuto e problemi affrontati dal regolamento in oggetto sono stati esposti nel parere reso dalla Sezione il 18 giugno 2015, parere al quale l’Amministrazione, nella nuova relazione illustrativa, dichiara espressamente di essersi uniformata in larga parte. Sicchè il presente parere può limitarsi ad illustrare le novità che contraddistinguono il nuovo testo rispetto a quello esaminato nell’adunanza del 18 giugno 2015.

Il nuovo testo, infatti, consta di 10 articoli; e non più, come il precedente, di otto articoli. I due nuovi articoli sono: a) l’art. 4, che disciplina la durata del periodo di tirocinio, che deve svolgersi per un periodo di tempo ininterrotto di 18 mesi (fatte salve le ipotesi specificamente indicate nella normativa vigente); b) l’art. 5 che disciplina l’anticipazione di un semestre di tirocinio durante gli studi universitari.

Va inoltre notato come sia l’art. 3, che l’art. 8 contengono una disciplina più dettagliata rispettivamente dell’art. 3 e dell’art. 6 del precedente regolamento, pur essendo dedicati allo stesso tema, e cioè alle modalità di svolgimento del tirocinio, l’art. 3, ed ai poteri di vigilanza e controllo ed al rilascio del certificato di compiuta pratica, l’art. 8 (ex art. 6).
Peraltro, in via generale, va notato come tutti gli articoli del regolamento in esame abbiano subito modifiche rispetto al testo trasmesso a suo tempo con la nota del 9 giugno 2015.

Considerato:
La Sezione prende atto con soddisfazione dello sforzo fatto dall’Amministrazione per attuare una riflessione globale sulle osservazioni contenute nel parere del 18 giugno 2015 e soprattutto del fatto che la relazione illustrativa del nuovo testo abbia accolto la raccomandazione, contenuta in quel parere, di motivare espressamente le ragioni che l’hanno indotta a discostarsi dal parere del Consiglio Nazionale Forense del 22 maggio 2015.

Ciò premesso, si può procedere ad un’analitica disamina degli articoli del nuovo testo ed a formulare le eventuali osservazioni su di essi, omettendosi, peraltro, in assenza di osservazioni, di far cenno ai punti in cui l’Amministrazione si è adeguata a quanto espresso nel parere del 18 giugno 2015 e nel parere del CNF succitato.

Quanto all’art. 2, co. 2, si nota come la disciplina si riferisca solo al caso di verifica di compatibilità dell’attività lavorativa del tirocinante con lo svolgimento del tirocinio e non al caso di accertamento della sussistenza in una ragione di conflitto di interesse, anche perché in quest’ultima ipotesi apparirebbe incongrua l’espressione “Se la verifica dà esito negativo....”. Ne deriva che, ove le due ipotesi descritte nel primo comma dovessero essere accomunate ai fini del secondo comma, occorrerebbe riformulare quest’ultimo comma, visto che la verifica della sussistenza di ragioni di conflitto di interesse dà luogo a conseguenze negative per il tirocinante se essa dia esito positivo. Si suggerisce pertanto di sostituire l’espressione: “Se la verifica dà esito negativo, .....”, con la seguente: “All’esito della verifica, ove ne ricorrano i presupposti, .....”.
Sull’art. 4 occorre svolgere alcuni rilievi. Innanzi tutto il richiamo contenuto nel co. 3 all’art. 17, co. 10, lett. b), della legge forense, va inteso alla lett. a). Infatti solo la lett. a) del predetto co. 10 dell’art. 17 della legge forense disciplina l’interruzione del tirocinio e, quindi, l’eccezione al principio di continuità del suo svolgimento. L’ipotesi di cui alla lett. b) dello stesso co. 10 costituisce eccezione al principio di durata massima del praticantato (sei anni), visto che in ogni caso l’abilitazione al patrocinio sostitutivo può avere un’efficacia fino a cinque anni anche nell’ipotesi di superamento del termine sessennale. Pertanto l’ipotesi di ultrattività nell’iscrizione all’albo dei praticanti abilitati all’esercizio in sostituzione dell’avvocato andrebbe disciplinata con apposita disposizione. Inoltre al co. 4 si suggerisce, in fine, di sostituire l’espressione “rispettata la procedura di cui al co. 12 della legge citata” con l’altra “rispettata la procedura di cui ai commi 12, 13 e 14 del medesimo art. 17”.

L’art. 5 offre l’occasione per chiarire un equivoco insorto in seguito a quanto letteralmente espresso nel parere del 18 giugno 2015. L’interpretazione datane dall’Amministrazione non ha tenuto conto della ratio sottesa al rilievo. Aderendo alla richiesta di un riferimento specifico al possesso della laurea in giurisprudenza da parte del praticante, il Consiglio di Stato condivide la preoccupazione dell’Amministrazione che senza tale riferimento si escluderebbe la possibilità di svolgere il tirocinio anticipato rispetto al conseguimento della laurea, ma nello stesso tempo non può dimenticare che, in assenza di un riferimento al compimento degli studi giuridici, si finirebbe per consentire il praticantato a quanti non abbiano ricevuto una formazione come giuristi, visto che anche il riferimento contenuto nell’ultima parte del co. 3 dello stesso art. 5 del presente regolamento, rischia di essere vanificato dall’astratta possibilità che studenti di una qualsiasi facoltà frequentino i corsi delle materie ivi elencate presso la facoltà di Giurisprudenza ed affrontino, superandolo, il relativo esame, come materie estranee alla Facoltà di appartenenza. Analogamente non costituisce garanzia sufficiente a riguardo il fatto che il co. 1 del medesimo art. 5 parli di convenzione quadro con la Conferenza dei Presidi della facoltà di Giurisprudenza.

In altri termini, mentre per l’esercizio della professione di avvocato è richiesta, ai sensi dell’art. 2, co. 2, l. n. 247 del 2012, la laurea in giurisprudenza, per l’attività di praticante e lo svolgimento del relativo tirocinio non vi è la garanzia del possesso di analoga laurea o di svolgimento di studi universitari diretto al conseguimento di quest’ultima. Ad ovviare agli inconvenienti surriferiti appare sufficiente al co. 3 dell’art. 5, dopo le parole “esami di profitto”, aggiungere le altre “del corso di laurea quadriennale o quinquennale in Giurisprudenza” (del resto il principio dal quale si sono prese le mosse è implicitamente riconosciuto dall’art. 41, co. 6, lett. d) l. n. n. 247 del 2012 ). Quanto, poi, all’ultimo comma del medesimo art. 5, si osserva che la sussistenza di una convenzione apposita tra Consiglio dell’Ordine e le locali Facoltà (o Dipartimenti o Scuole) di Giurisprudenza potrebbe sembrare impeditiva dell’anticipazione del semestre di tirocinio solo per gli iscritti nelle locali Facoltà (o Dipartimenti o Scuole) di Giurisprudenza, ma non per gli studenti di Facoltà (o Dipartimenti o Scuole) di Giurisprudenza collocate in altre aree del territorio nazionale, soprattutto ove queste ultime avessero già stipulato la convenzione con il rispettivo Consiglio dell’Ordine. Si sottopone la questione all’attenzione dell’Amministrazione. Si concorda, infine, con l’Amministrazione sulle ragioni che inducono a non richiedere al neolaureato, che abbia svolto da studente il semestre di tirocinio anticipato, che trascorrano almeno altri sei mesi dalla laurea per poter essere ammesso al patrocinio in sostituzione.

Per quel che riguarda l’art. 6, co. 1, va rilevato che, se anche il Consiglio dell’Ordine non godesse di discrezionalità alcuna circa l’ammissione del praticante a svolgere il tirocinio in un altro Paese dell’U.E., sulla c.d. documentazione minima, che il praticante deve presentare al momento della comunicazione, e sulla relativa sussistenza a corredo di quest’ultima, esso ha un potere di verifica e controllo, che va esercitato – al fine di evitare all’interessato un inutile semestre di tirocinio ed in attuazione dei principi di efficienza e buon andamento dell’Amministrazione, nonché di affidamento del privato cittadino – prima che il tirocinio all’estero abbia inizio. Di qui l’esigenza che il provvedimento negativo, che può eventualmente chiudere tale fase, sia motivato ed assistito da adeguate garanzie procedimentali.

Inoltre l’Amministrazione non ha offerto una specifica argomentazione delle ragioni che l’hanno indotta a non accogliere la maggior parte delle osservazioni svolte nel parere del 18 giugno 2015, che derivano dalla necessità di chiarire se la giustificazione occorre per qualsiasi interruzione del tirocinio, anche se inferiore ai sei mesi, sicchè il Consiglio dell’Ordine potrebbe superare tale termine di sei mesi nelle sole ipotesi tassativamente previste dalla legge vigente, oppure se le interruzioni inferiori a sei mesi possono attuarsi a discrezione dell’interessato, cui incombe l’obbligo di comunicazione dell’insorgere e del venir meno della causa di interruzione, al solo fine di evitare la eventuale futura censura di discontinuità nello svolgimento del tirocinio, mentre il Consiglio dell’Ordine dovrà autorizzare preventivamente l’interruzione solo nell’ipotesi che questa superi i 6 mesi e per le sole ragioni tassativamente previste dalla legge.

Si tratta, in altri termini, di sciogliere un’ambiguità della stessa legge forense, che è stata costretta a prevedere il periodo massimo di interruzione, vista la limitatezza del tempo nel quale si può essere iscritti nel registro dei praticanti. Tuttavia la stessa legge forense fa cenno all’interruzione del tirocinio quando si tratti di interruzioni superiori a sei mesi (artt. 17, co. 10, e 41, co. 5); e solo all’art. 41, co. 13, parla di un regolamento ministeriale che disciplina “le ipotesi che giustificano l’interruzione del tirocinio... e le relative procedure di accertamento”. In tale situazione della normativa primaria l’Amministrazione, con il regolamento in esame, propende per interpretarla nel primo dei sensi più sopra descritti, estendendo peraltro il significato del co. 10 dell’art. 17 della legge forense come se quest’ultimo fosse diretto a prevedere le sole ipotesi in cui l’interruzione sia giustificabile (mentre esso, come si è visto, disciplina la giustificazione delle interruzioni ultrasemestrali). Ma se così fosse, non si capisce perché il co. 2 dell’art. 7 del regolamento in oggetto preveda – andando al di là della legge – anche l’ipotesi delle sanzioni disciplinari interdittive inflitte al praticante stesso ovvero all’avvocato presso il quale il tirocinio è svolto e come l’art. 5, co. 4, del regolamento stesso contempli l’ipotesi dello studente praticante, che chiede la sospensione del tirocinio per un periodo massimo di sei mesi al fine di conseguire la laurea quadriennale o quinquennale.

Si ritiene che, volendo seguire l’impostazione dell’Amministrazione, l’art. 7 dovrebbe essere diretto a disciplinare in modo distinto due fattispecie diverse. La prima sarebbe costituita dalla semplice interruzione del tirocinio per periodi di tempo consistenti (ma in ogni caso inferiori ai sei mesi), essendo lasciato all’Amministrazione di determinare nella propria discrezionalità quando il periodo possa considerarsi “consistente” (ad esempio, periodi superiori a 15 giorni), nel qual caso si dovrebbe prevedere la necessità di chiedere l’autorizzazione al Consiglio dell’Ordine, vincolando però quest’ultimo a prendere in considerazione uno spettro di ipotesi ben più ampio di quelle previste dalla legge forense (come ad esempio i c.d. “motivi personali”). La seconda, invece, dovrebbe riguardare le richieste di interruzione ultrasemestrale (o di proroga di un’autorizzazione precedente, che porti, però, a superare il semestre), nel qual caso il Consiglio dell’Ordine sarebbe vincolato alle sole ipotesi tassativamente elencate nella legge forense.

All’art. 8, co. 4, penultimo periodo, il richiamo al co. 9, lett. c), dell’art. 17 l. n. 247 del 2012 sembra dare un eccessivo spazio alla valutazione del Consiglio dell’Ordine, soprattutto per quanto riguarda il controllo sulla abitualità e prevalenza dell’esercizio della professione, ove si tenga conto che i praticanti possono, durante il praticantato, essere iscritti ai corsi per il dottorato di ricerca, frequentare le scuole di specializzazione per le professioni legali, svolgere il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari, completare la frequenza del corso di studi per il conseguimento della laurea.
Per ciò che riguarda il sesto comma dello stesso articolo si osserva che, dopo il terzo periodo, per un mero errore di stampa sono state inserite le seguenti parole: “Si applica la procedura di”.

Quanto all’art. 9, opportunamente l’Amministrazione ha ritenuto di non disciplinare l’esercizio della professione in sostituzione dell’avvocato, specificando eccessivamente la disposizione di rango primario, nella parte in cui fa riferimento ad affari non trattati direttamente dall’avvocato presso il quale il praticante svolge il proprio tirocinio. Infatti un’eccessiva specificazione potrebbe far insorgere dubbi e contenziosi.
P.Q.M.
Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Damiano Nocilla Franco Frattini

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