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Le notifiche telematiche in proprio ai sensi della legge n. 53 del 19

2.  Le notifiche telematiche in proprio ai sensi della legge n. 53 del 1994. - Processo civile telematico rassegna tematica della giurisprudenza di legittimità a cura di Ileana Fedele – estratto dalla Rassegna di giurisprudenza di legittimità al 31.12.2021– Pubblicato dal Massimario della Corte di Cassazione – sito web Corte di Cassazione

SOMMARIO

2.  Le notifiche telematiche in proprio ai sensi della legge n. 53 del 1994

2.1.  Nullità delle notifiche eseguite anteriormente alla data del 15 maggio 2014, epoca di entrata in vigore della normativa regolamentare delegata per l’applicabilità dell’art. 3-bis della legge n. 53 del 1994 (salvo il raggiungimento dello scopo)

2.2.  Verifica di ritualità della notifica telematica

2.2.1. Applicazione del principio di raggiungimento dello scopo

2.2.2. Casistica di dichiarata invalidità della notifica telematica

2.3.  Tempo delle notifiche telematiche e tempestività dell’impugnazione

2.4.  Prova della notifica telematica e valore della ricevuta di avvenuta consegna

2.5.  Oneri del destinatario

Le questioni sollevate in riferimento alla notifica telematica eseguita dai difensori, ai sensi dell’art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, sono state oggetto di numerose pronunce della Corte e rappresentano uno dei principali temi di intervento della giurisprudenza di legittimità.

2.1.  Nullità delle notifiche eseguite anteriormente alla data del 15 maggio 2014, epoca di entrata in vigore della normativa regolamentare delegata per l’applicabilità dell’art. 3-bis della legge n. 53 del 1994 (salvo il raggiungimento dello scopo).

Secondo Sez. 6 - 3, 9 luglio 2015, n. 14368, «La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24). Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione».

Il principio è stato ripreso in diverse pronunce successive, che hanno affermato - in positivo - la validità della notifica telematica perché eseguita successivamente alla data del 15 maggio 2014 (Sez. 6 - 5, 7 ottobre 2016, n. 20307, Sez. 6 - 2, 18 gennaio 2017, n. 1060, Sez. 6 - 5, 18 dicembre 2017, n. 30372; contra, nel senso della validità di una notifica a mezzo PEC eseguita dal difensore in data 30 novembre 2013, v. Sez. 1, 8 settembre 2016, n. 17767), ovvero, hanno applicato la sanatoria per raggiungimento dello scopo, nel caso di notifica eseguita in epoca anteriore (Sez. 1, 31 agosto 2017, n. 20625; in senso analogo, trattandosi di notifica eseguita prima del 15 maggio 2014, Sez. 3, 12 giugno 2018, n. 15200).

Tuttavia, una successiva pronuncia (Sez. 1, 26 febbraio 2019, n. 5652) ha ritenuto valida una notifica telematica dell’istanza di fallimento eseguita in data 16 ottobre 2013, affrontando la questione dell’utilizzabilità dell’indirizzo PEC tratto dal registro delle imprese in epoca anteriore alla sua formale inclusione fra i pubblici elenchi ex art. 16-t^r del d.l. n. 179 del 2012, cit., (su cui v. infra, 4.3.1.), senza però misurarsi espressamente con l’indirizzo aperto da Sez. 6 - 3 n. 14368 del 2015.

2.2. Verifica di ritualità della notifica telematica.

Nella verifica del rispetto dei requisiti previsti dalla legge n. 53 del 1994 per la ritualità della notifica telematica eseguita dal difensore, la Corte ha fatto ampio ricorso al principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, sottolineando la strumentalità delle forme processuali, per giungere a dichiarare la nullità o invalidità della notifica eseguita in difformità dallo schema legale nei soli casi nei quali risultava compromessa l’esplicazione del diritto di difesa.

2.2.1.  Applicazione del principio di raggiungimento dello scopo.

La pronuncia fondamentale sul tema è senz’altro Sez. U, 18 aprile 2016, n. 7665, secondo cui «L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.». In motivazione, il fondamento del principio enunciato è così sviluppato: «Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte».

Tale approccio, improntato ad una visione sostanzialistica del rispetto delle regole processuali, ha assunto un peso decisivo nell’indirizzare la giurisprudenza di legittimità in questa specifica materia, trovandosi diverse applicazioni del medesimo principio.

In particolare:

-   mancata indicazione nell’oggetto del messaggio PEC della dizione “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”: Sez. 6 - 3, 4 ottobre 2016, n. 19814, ha respinto l’eccezione di nullità della notifica del controricorso sul duplice rilievo che «l’art. 11 1. 53 del 1994, là dove commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato “se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti” non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità», e che, comunque, poteva dirsi raggiunto lo scopo «dal momento che lo stesso ricorrente mostra di avere ricevuto la notifica del controricorso ed averne ben compreso il contenuto». Il principio è stato confermato con pronuncia emessa anche a Sezioni Unite (Sez. U, 28 settembre 2018, n. 23620; conforme, Sez. 2, 29 novembre 2018, n. 30927);

-   mancata sottoscrizione con firma digitale della copia informatica dell’atto originariamente formato su supporto analogico: Sez. 3, 19 dicembre 2016, n. 26102, ha ritenuto sufficiente che la copia sia attestata conforme all’originale, secondo le disposizioni vigenti ratione temporis (nella specie, art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005). In motivazione, oltre all’argomentazione in ordine alla sicura identificabilità della parte e del difensore proprio in ragione del mezzo prescelto per la notifica (a mezzo PEC con indirizzo del mittente risultante da pubblico elenco), si trova l’espresso richiamo a Sez. U, n. 7665 del 2016: «In secondo luogo, l’eccezione sarebbe comunque infondata perché la notificazione con modalità telematica ha raggiunto lo scopo di portare a conoscenza dell’istituto di credito destinatario il ricorso per cassazione. In proposito, va ribadito che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (cfr. Cass. S.U. n. 7665/16)». In senso conforme, più di recente, Sez. 6 - 3, 19 luglio 2019, n. 19542, e Sez. 2, 29 ottobre 2020, n. 23951;

-  mancata sottoscrizione del ricorso notificato, omessa indicazione della firma digitale apposta in calce alla relazione eseguita ai sensi della legge n. 53 del 1994 nonché della firma per autentica della procura alle liti rilasciata dai ricorrenti su foglio separato: Sez. 3, 8 marzo 2017, n. 5779, ha ribadito i principi già espressi da Sez. 3, n. 26102 del 2016 - poc’anzi menzionata - in ordine al raggiungimento dello scopo. In senso conforme, sempre nel caso di mancata apposizione della firma digitale sulla relata, Sez. 6 - 1, 14 marzo 2017, n. 6518, Sez. 5, 16 febbraio 2018, n. 3805, e Sez. 3, 14 giugno 2021, n. 16746;

-  mancata indicazione che l’indirizzo di posta elettronica del notificante risulta censito in pubblici elenchi: Sez. 6 - 5, 9 marzo 2017, n. 6079, ha rigettato l’eccezione alla luce di Sez. U, n. 7665 del 2016, sul rilievo che «la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale»;

-   mancata indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica del destinatario-. Sez. 2, 29 novembre 2018, n. 30927, ha rigettato l’eccezione di inammissibilità del controricorso considerando che «l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del ricorrente, che ha replicato al controricorso»;

-  mancata indicazione del “nome del file” in sede di attestazione della conformità della copia telematica: Sez. 2, 11 gennaio 2018, n. 489, ha respinto l’eccezione di nullità della notifica del controricorso sia perché nessuna nullità sarebbe espressamente prevista in proposito sia facendo applicazione del principio di raggiungimento dello scopo; in senso conforme, Sez. 2, 7 giugno 2018, n. 14818;

-  allegato un file in formato “*.pdf ” creato mediante la scansione della copia cartacea del ricorso invece che mediante conversione del file in formato *pdf “nativo”: Sez. 3, 15 marzo 2018, n. 18324 , ha respinto l’eccezione perché l’intimato si era costituito e difeso e la notificazione aveva raggiungo il suo scopo, vale a dire portare l’atto a conoscenza del destinatario; in senso conforme si è espressa più di recente Sez. 3, 15 gennaio 2020, n. 532 ;

-   violazione di specifiche tecniche dettate in ragione della configurazione del sistema informatico: Sez. 6 - 5, 1° giugno 2018, n. 14042, ha applicato il principio del raggiungimento dello scopo più in generale, «ove non vengano in rilievo la lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, bensì, al più, una mera irregolarità sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo»;

-   mancata indicazione della sezione, del numero e dell’anno di ruolo della causa, nell’ipotesi di notifica dell’atto in corso di procedimento: Sez. 3, 28 giugno 2018, n. 17022 , ha affermato che l’onere di indicazione in questione «assolve al fine di consentire l’univoca individuazione del processo al quale si riferisce la notificazione. Consegue che, ove l’atto contenga elementi altrettanto univoci, quali - nel caso del controricorso o del ricorso incidentale per cassazione - gli estremi della sentenza impugnata, la notificazione non potrà essere dichiarata nulla, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., comma 3, avendo comunque raggiunto il suo scopo»;

-  erronea indicazione nella relata della parte nel cui interesse è stata effettuata la notifica: per Sez. L, 19 ottobre 2018, n. 26489, in una fattispecie nella quale Avvocatura dello Stato aveva indicato, nella relata di notificazione via PEC, che il ricorso era proposto nell’interesse di un’amministrazione diversa da quella nei cui confronti si era svolto il giudizio, la notifica non è stata dichiarata nulla perché dalla lettura complessiva dell’atto emergeva chiaramente la riferibilità alla parte interessata, avendo, in ogni caso, l’atto abbia raggiunto il suo scopo, consentendo alla controparte di difendersi adeguatamente;

-  relazione di notificazione trasmessa “in formato docx.p7m” e non in formato “pdf.p7m” oppure in “.pdf Sez. 6 - 3, 14 febbraio 2019, n. 45 05 , ha richiamato lo specifico precedente a Sezioni Unite (Sez. U n. 7665 del 2016) per ribadire che «l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica - nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf” - ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale», in assenza di un pregiudizio al diritto di difesa, confermando «il principio per cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione»;

-  mancata prova telematica della notifica a mezzo PEC: Sez. L, 24 giugno 2020, n. 12488, ha cassato la decisione di merito con cui era stata dichiarata la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado — adottata sul rilievo che fosse stata fornita unicamente documentazione cartacea della notificazione del ricorso effettuata alla controparte a mezzo PEC — in quanto era pacifico che la copia notificata del ricorso introduttivo del giudizio tra le parti fosse stata ricevuta e consegnata alla casella di posta elettronica certificata del destinatario, sicché, oltre al principio del raggiungimento dello scopo, veniva in rilievo la presunzione di conoscenza, ex art. 1335 c.c., con onere di prova di contraria a carico del destinatario (su questo onere, v. infra § 2.5.). In senso conforme, Sez. 6 - 1, 15 luglio 2021, n. 20214, ha ritenuto che qualora la parte non sia in grado di fornirne la prova ai sensi dell’art. 9 della l. n. 53 del 1994, la violazione delle forme digitali non integra l’inesistenza della notifica del medesimo bensì la sua nullità che pertanto può essere sanata dal raggiungimento dello scopo; pertanto, nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inesistente la notifica dell’atto introduttivo, provata in forma cartacea invece che in modalità telematica, con conseguente esclusione di ogni sanatoria, nonostante l’attore avesse ricevuto proprio dal convenuto la documentazione relativa alla notifica effettuata;

-  notifica tramite PEC della copia del ricorso per cassazione che consti di un unico foglio, contenente esclusivamente il nome delle parti e il riferimento al provvedimento impugnato: Sez. 1, 8 febbraio 2021, n. 2961, in applicazione del principio espresso da Sez. U, 14 settembre 2016, n. 18121, ha ritenuto il vizio sanabile ex tunc mediante la rinnovazione della notifica, che peraltro, nella specie, risultava sanata anche dalla costituzione del destinatario della notificazione, che aveva dimostrato di essere in grado di svolgere compiutamente le proprie difese;

-  trasmissione di una pluralità di atti con un’unica notifica: Sez. 6 - 5, 4 novembre 2021, n. 31779, ha affermato che l’irritualità della notificazione del controricorso in cassazione a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, effettuata in unica “busta”, unitamente ad altri controricorsi relativi ad altrettanti procedimenti pendenti tra le stesse parti) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, atteso che, nel caso di specie, alcun pregiudizio specifico era stato denunciato, e derivato alla destinataria, che si era lamentata dell’irregolarità derivante dalla notifica unica di più controricorsi, ma non aveva dedotto di esserne stata pregiudicata e si era infatti difesa tempestivamente, con la stessa memoria.

Il principio generale, secondo cui l’art. 11 della l. 53 del 1994 (che commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato “se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti”) non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità ove la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, è stato ribadito da Sez. 1, 24 settembre 2020, n. 20039 , in relazione ad un caso in cui erano state sollevate numerose eccezioni circa la ritualità della notifica eseguita (in particolare: mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio PEC, della dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”, incompletezza del nome di una delle parti nel cui interesse era stata effettuata la notifica, mancata indicazione del codice fiscale delle parti che hanno conferito la procura alle liti, mancata indicazione, nella relata di notifica, dell’elenco pubblico da cui era stato estratto l’indirizzo PEC del destinatario e quello del notificante, mancato rispetto delle regole tecniche prescritte per l’attestazione di conformità della sentenza notificata e delle ricevute di accettazione e di consegna, nonché mancata stampa dell’atto allegato alla notifica e della relata).

2.2.2.  Casistica di dichiarata invalidità della notifica telematica.

Nei casi in cui non ha potuto trovare applicazione il principio del raggiungimento dello scopo, la Corte ha dichiarato l’invalidità della notifica, ricorrendo, talora, anche alla categoria dell’inesistenza.

In particolare, secondo Sez. L, 7 ottobre 2015, n. 20072, «La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l’inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità». Nel caso esaminato, il ricorrente aveva omesso di produrre (nel previsto supporto analogico) sia la ricevuta di mancata consegna che quella di spedizione, «sicché il processo notificatorio non risulta compiuto neppure per il notificante».

È stato, poi, dichiarato inammissibile il controricorso in un caso in cui parte ricorrente aveva dato prova, non contestata dalla controparte, che il file contenente il controricorso, consegnato a mezzo PEC al suo indirizzo elettronico, era privo di testo o comunque illeggibile (Sez. 6 - 5, 6 aprile 2017, n. 9022).

D’altro canto, Sez. 6 - L, 11 maggio 2017, n. 11593, ha reputato inidonea a far decorrere il termine breve ex art. 325 c.p.c. la notifica della sentenza priva della relazione di notificazione, del codice fiscale dell’avvocato notificante, del nome, cognome, ragione sociale o codice fiscale della parte che ha conferito il mandato, dell’attestazione di conformità all’atto cartaceo da cui l’atto notificato è tratto, sul rilievo che «la relazione di notificazione deve ritenersi elemento imprescindibile affinché sia percepibile dal destinatario la funzione cui l’invio dell’atto assolve, contenendo i dati che consentono di individuarne la collocazione processuale e la conformità all’originale, nonché la legittimazione del mittente.».

Va, peraltro, evidenziato che Sez. U, 24 settembre 2018, n. 22438, ha chiarito che l’atto nativo digitale notificato a mezzo PEC deve essere ritualmente sottoscritto con firma digitale, potendo la mancata sottoscrizione determinare la nullità dell’atto stesso, fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo. In tal modo, è stata espressamente disattesa l’interpretazione resa sul punto da Sez. 3, 28 giugno 2018, n. 17020, osservandosi che il requisito della sottoscrizione digitale dell’atto processuale redatto in forma di documento informatico è previsto dall’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (C.A.D.) e dall’art. 12 delle specifiche tecniche di cui al decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, mentre l’art. 19- bis, comma 4, del medesimo decreto, nel prevedere che si applica l’art. 12 cit. «Qualora il documento informatico, di cui ai commi precedenti, sia sottoscritto con forma digitale o firma elettronica qualificata», «non sottintende la facoltà di notificare l’atto processuale in copia informatica e senza firma digitale, bensì individua sul piano tecnico soltanto la regola sul tipo di firma digitale apponibile al documento informatico che tale firma deve possedere (giacché, ben possono esserci documenti informatici che non sono atti processuali, come, ad es., quelli probatori) e, tra questi, certamente l’atto processuale.».

Da evidenziare che Sez. 6 - 5, 18 novembre 2019, n. 29851, nel caso di mancato perfezionamento della notifica telematica effettuata dall’avvocato per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella PEC, ha espressamente escluso che possa trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 16, comma 6, ultima parte, del d.l. n. 179 del 2012, cit. (vale a dire il meccanismo surrogatorio del deposito in cancelleria), prevista esclusivamente per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna per causa addebitabile al destinatario venga generata a seguito di notifica (o comunicazione) effettuata dalla cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo PEC dal difensore si perfeziona unicamente nel momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC); ne consegue che, in tali ipotesi, l’avvocato dovrà provvedere tempestivamente al rinnovo della notifica secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria. In senso conforme si è espressa anche Sez. 2, 17 luglio 2020, n. 15298.

Ad opposta conclusione è, invece, pervenuta Sez. 6 - 3, 11 febbraio 2020, n. 3164, che, nel caso di specie, ha ritenuto regolare la costituzione del resistente nel giudizio di legittimità, avvenuta con controricorso depositato in cancelleria in esito a notifica telematica non andata a buon fine per saturazione della casella PEC del ricorrente. Tuttavia, la medesima sottosezione ha ravvisato l’opportunità di rimettere la questione alla Sezione ordinaria, prospettando differenti ricostruzioni, da offrire al contraddittorio proprio dell’udienza pubblica (Sez. 6 - 3, 5 febbraio 2020, n. 2755). La questione è stata decisa da Sez. 3, 20 dicembre 2021, n. 40 7 58 , nel senso che, ove la notificazione telematica non vada a buon fine per una ragione, come nel caso, non imputabile al notificante — essendo invece addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi — il notificante stesso deve ritenersi abbia il più composito onere, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto (arg. ex Cass., Sez. U., 15/07/2016, n. 14594, che ha indicato il temine della metà di quello previsto dall’art. 325, c.p.c. In tal modo, la Corte ha ripreso e completato il principio espresso da Sez. 6 - 5, n. 29851 del 2019, cit., superando, nei sensi di cui in motivazione, l’opposta soluzione espressa da Sez. 6 - 3, n. 3164 del 2020, cit.

2.3.  Tempo delle notifiche telematiche e tempestività dell’impugnazione.

Sez. L, 4 maggio 2016, n. 8886, aveva escluso l’applicabilità del principio di scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante e quello per il destinatario in ordine al tempo delle notifiche telematiche, di cui all’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, cit., dichiarando pertanto tardiva la notifica del ricorso per cassazione perché eseguita dopo le ore 21 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione e quindi perfezionata, sia per il notificante che per il notificato, il giorno successivo.

Tale interpretazione è stata seguita anche da Sez. 3, 21 settembre 2017, n. 21915, e da Sez. 6 (nella speciale composizione di cui al § 41.2 delle tabelle della Corte di cassazione), 22 dicembre 2017, n. 30 7 66 . In tale ultima pronuncia, era stata espressamente considerata la questione di legittimità costituzionale sollevata sul punto dalla Corte d’appello di Milano, reputando che «La soluzione adottata dal legislatore, volta a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica, non è tale da sconfinare in una violazione del diritto di difesa del notificante, che rimane nella medesima condizione di chi notifica con metodo tradizionale o di chi sceglie la notifica a mezzo posta ed è soggetto ai limiti di orario degli uffici postali. Né la soluzione legislativa viola il principio di uguaglianza per il tramite di una pretesa irragionevolezza nel trattare in modo simile situazioni difformi, in quanto la possibilità di porre medesimi o analoghi limiti temporali a soggetti che scelgono di adottare tecniche di notifica diverse rientra nello spazio decisionale riservato al legislatore.». Pertanto, in base ad ampia e sviluppata motivazione, era stato affermato il seguente principio di diritto: «Ai sensi dell’art. 16- septies del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, qualora la notifica con modalità telematiche venga richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione, dopo le ore 21.00, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo. È pertanto inammissibile, perché non tempestivo, il ricorso per cassazione la cui notificazione sia stata richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l’impugnazione».

In senso conforme, si erano espresse Sez. 6 - L, 21 marzo 2018, n. 7079, Sez. 6 - 3, 31 luglio 2018, n. 20198 (in un caso limite in cui la notifica era stata spedita poco prima delle ore 21.00 ma la ricevuta di accettazione - cui è collegato il momento perfezionativo per il notificante - risultava generata dopo le ore 21.00), Sez. L, 30 agosto 2018, n. 21445 , e Sez. 6 - 2, 27 settembre 2018, n. 23225 . Infine, si era espressa in senso conforme anche Sez. 6 - 1, 12 novembre 2018, n. 28864, ribadendo la valutazione di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, poiché la situazione presa a parametro ai fini della eccezione (ex artt. 3 e 24 Cost.) non era stata ritenuta pertinente («il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario trova fondamento nell’esigenza di non far ricadere sul notificante incolpevole le conseguenze negative del ritardo nel compimento di attività del procedimento notificatorio sottratte al suo controllo; mentre ove si discorra di notifiche fatte via Pec l’intera attività notificatoria avviene sotto diretto controllo del notificante»), sottolineando altresì come la regola posta dall’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, cit., «ha la funzione di disciplinare espressamente i tempi relativi al corretto ed efficace svolgimento dell’attività notificatoria a tutela di un diverso e meritevole interesse, qual è quello di non costringere i professionisti alla continua verifica, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dell’arrivo di atti processuali».

Nondimeno, proprio a fronte della univoca interpretazione della giurisprudenza di legittimità, quale diritto vivente, la Corte costituzionale, con sentenza del 9 aprile 2019, n. 75 , ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, cit., nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta. In motivazione, la Corte ha osservato che «il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta, infatti, introdotto (attraverso il richiamo dell’art. 147 cod. proc. civ.), nella prima parte del censurato art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012, allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica», così giustificando la fictio iuris, contenuta nella seconda parte della norma in esame, per cui il perfezionamento della notifica - effettuabile dal mittente fino alle ore 24 (senza che il sistema telematico possa rifiutarne l’accettazione e la consegna) - è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo. Tale esigenza, tuttavia, ad avviso della medesima Corte, non vale a giustificare la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale - senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta - viene invece impedito di utilizzare appieno (cioè sino allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno) il termine utile per approntare la propria difesa.

In questo senso, la norma denunciata è stata censurata perché intrinsecamente irrazionale, «là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma indefettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccanismo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica», così come, peraltro, positivamente colto dallo stesso legislatore nella disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte, là dove, proprio in riferimento alla tempestività del termine di deposito telematico, ha previsto che il «deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile» (art. 16-bis, comma 7, del d.l. n. 179 del 2012, inserito dall’art. 51 del d.l. n. 90 del 2014). Anche sotto questo profilo, è stata ravvisata un’irragionevole lesione che «l’art. 16-septies, nella portata ad esso ascritta dal “diritto vivente”, reca al pieno esercizio del diritto di difesa - segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva -, venendo a recidere quell’affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo), il dispiegamento delle quali, secondo l’intrinseco modus operandi del sistema medesimo, avrebbe invece consentito di tutelare, senza pregiudizio del destinatario della notificazione».

In virtù di tale assunto, la “reductio ad legitimitatem” della norma censurata è stata realizzata con l’applicazione della regola generale di scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione anche alla notifica effettuata con modalità telematiche, quale regola recepita espressamente dall’art. 3-bis, comma 3, della legge n. 53 del 1994.

La regula iuris conseguente alla pronuncia della Corte ha ricevuto immediata applicazione, con effetto ex tunc, da parte della giurisprudenza di legittimità (v. ad esempio, Sez. 6 - 1, 9 ottobre 2019, n. 25227, e Sez. 6 - 1, 21 febbraio 2020, n. 4712), richiamando anche il principio secondo cui «l’efficacia retroattiva delle pronunce di accoglimento emesse dalla Corte costituzionale incontra un limite nelle situazioni consolidate per effetto di intervenute decadenze: tale limite, tuttavia, non opera quando la dichiarazione di illegittimità costituzionale investe proprio la norma che avrebbe dovuto rendere operante la decadenza» (Sez. 6 - 2, 2 settembre 2020, n. 18235).

Tuttavia, pur considerando la scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione a favore del notificante, secondo la predetta pronuncia della Corte costituzionale, occorre pur sempre che la ricevuta di accettazione venga generata dopo le ore 21 ma prima delle ore 24 del giorno di scadenza, sicché la notifica è tardiva anche nell’ipotesi in cui la ricevuta di accettazione sia stata generata pochi secondi dopo la scadenza del termine (in tal senso, Sez. 1, 13 marzo 2020, n. 7159 , che ha esaminato un caso in cui la ricevuta di accettazione era intervenuta alle ore 00:00:29 del giorno successivo alla scadenza).

2.4.  Prova della notifica telematica e valore della ricevuta di avvenuta consegna.

Sul punto, Sez. 1, 21 luglio 2016, n. 15035 (in senso conforme, Sez. 6 - 2, 21 ottobre 2019, n. 26705 ), ha sostenuto che «la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, atteso che, da un lato, atti dotati di siffatta speciale efficacia, incidendo sulle libertà costituzionali e sull’autonomia privata, costituiscono un numero chiuso e non sono suscettibili di estensione analogica e, dall’altro, l’art. 16 del d.m. n. 44 del 2011 si esprime in termini di “opponibilità” ai terzi ovvero di semplice “prova” dell’avvenuta consegna del messaggio, e ciò tanto più che le attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata, a differenza di quelle apposte sull’avviso di ricevimento dall’agente postale nelle notifiche a mezzo posta, aventi fede privilegiata, non si fondano su un’attività allo stesso delegata dall’ufficiale giudiziario.».

Il principio è stato richiamato da Sez. 6 - 1, 1° marzo 2018, n. 4789 , che ha ritenuto correttamente eseguita e documentata una notifica telematica eseguita nell’ambito di un reclamo proposto ex art. 18 l. fall. mediante «deposito telematico delle ricevute di accettazione e di consegna in formato “.eml”». Il medesimo principio è stato confermato da Sez. 1, 19 novembre 2018, n. 29732, secondo cui la parte che voglia contrastare l’eccezione di nullità per omessa convocazione in sede prefallimentare, per dimostrare in sede di legittimità l’avvenuta notificazione telematica del ricorso e della fissazione dell’udienza, deve estrarre copia della RAC completa ed attestarne la conformità, producendola ai sensi dell’art. 372 c.p.c., e da Sez. 6 - 1, 9 aprile 2019, n.9897 , che ha evidenziato l’idoneità della ricevuta di avvenuta consegna “completa” a certificare non solo il recapito del messaggio, ma anche degli eventuali allegati alla stessa, salva prova contraria costituita da errori tecnici riferibili al sistema informatizzato.

2.5. Oneri del destinatario.

Secondo Sez. 6 - 3, 25 settembre 2017, n. 22320, «La notifica a mezzo PEC ex art. 3 bis della l. n. 53 del 1994 di un atto del processo - formato fin dall’inizio in forma di documento informatico - ad un legale, implica, purché soddisfi e rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa vigente, l’onere per il suo destinatario di dotarsi degli strumenti per decodificarla o leggerla, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario, salva l’allegazione e la prova del caso fortuito, come in ipotesi di malfunzionamenti del tutto incolpevoli, imprevedibili e comunque non imputabili al professionista coinvolto; peraltro, costituendo la normativa sulle notifiche telematiche la mera evoluzione della disciplina delle notificazioni tradizionali ed il suo adeguamento al mutato contesto tecnologico, l’onere in questione non può dirsi eccezionale od eccessivamente gravoso, in quanto la dotazione degli strumenti informatici integra un necessario complemento dello strumentario corrente per l’esercizio della professione.». Nella specie, il destinatario della notifica aveva eccepito l’invalidità della stessa per non essere stato in grado di scaricare e leggere il contenuto dell’atto. La Corte ha affermato l’ascrivibilità della mancata lettura dei documenti sottoscritti con firma “CAdES”(con estensione in “.p7m”) al destinatario della notifica, che non si sia dotato degli strumenti per decodificarla o leggerla. In senso conforme, Sez. 6 - 3, 28 settembre 2017, n. 22756, e Sez. 1, 29 ottobre 2020, n. 23971.

È stata pure ascritta ad onere di attivazione del destinatario l’eccezione di invalidità della notifica perché il messaggio PEC non conteneva allegati leggibili, «né nel formato firmato elettronicamente (.p7m), né in quello “libero” (.pdf)». Infatti, è stato affermato (Sez. 3, 31 ottobre 2017, n. 25819 ) che «nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione della pec e di consegna della stessa nella casella del destinatario si determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall’articolo 1335 c.c. Spetta quindi al destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all’utilizzo dello strumento telematico. Di conseguenza, nel caso di specie, sarebbe stato dovere del difensore dei controricorrenti informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via pec, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente.». In senso conforme si è espressa anche Sez. L, 21 agosto 2019, n. 21560  e Sez. L, 21 febbraio 2020 n. 4624.

Nello stesso senso si è espressa Sez. 1, 11 novembre 2021, n. 33622, che, nell’ambito di un giudizio di opposizione ex art. 98 l.fall., ha ritenuto che la dedotta mancata/impossibilità di lettura della comunicazione, correttamente inoltrata all’indirizzo di posta elettronica del difensore a mezzo PEC — con cui il curatore fallimentare aveva informato circa l’avvenuta declaratoria di esecutività dello stato passivo della procedura e della esclusione da detto passivo — , per un asserito malfunzionamento del sistema di computer in uso nello studio del difensore, non potesse ascriversi ad un inadeguato funzionamento del sistema di comunicazioni telematiche bensì a mancanza di diligenza del medesimo difensore, cui, nell’adempimento del proprio mandato professionale, compete dotarsi dei necessari strumenti informatici e controllarne costantemente l’efficienza.

Sotto altro profilo, è stato escluso che la saturazione della casella PEC costituisca impedimento non imputabile al difensore al fine di legittimare la richiesta di rimessione in termini per la notifica di un atto: infatti, Sez. 6 - 1, 12 novembre 2018, n. 28864, ha affermato che la condizione dedotta a fondamento della rimessione in termini atteneva alla gestione e alla manutenzione della casella PEC, e tale gestione e manutenzione non può considerarsi imputabile ad altri che al difensore titolare della casella.

Quanto, poi, ai requisiti della casella PEC, definiti dalla normativa in materia, Sez. 3, 23 giugno 2021, n. 17968, ha ritenuto imputabile al destinatario la circostanza che la notifica telematica di un decreto ingiuntivo fosse finita nella cartella della posta indesiderata (“spam’) della casella PEC del destinatario e fosse stata eliminata dall’addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale: infatti, è stato osservato che tale evenienza non può essere invocata dall’intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art.650 c.p.c., in quanto l’art. 20 del d.m. n. 44 del 2011, nel disciplinare i requisiti della casella PEC del soggetto abilitato esterno, impone una serie di obblighi — tra cui quello di dotare il terminale informatico di software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici nei messaggi in arrivo e in partenza, nonché di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi indesiderati — finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella PEC, il cui esatto adempimento consente di isolare i messaggi sospetti ovvero di eseguire la scansione manuale dei relativi files, sicché deve escludersi l’impossibilità di adottare un comportamento alternativo a quello della mera ed immediata eliminazione del messaggio PEC nel cestino, una volta che esso sia stato classificato dal computer come “spam”.