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Stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale -impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni

04/03/2005 Fallimento - stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale -impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni

Fallimento - stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale -impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni (Cassazione , sez. I civile, sentenza 04.03.2005 n. 4789)

Svolgimento del processo

1.1 Con citazione dell'11 marzo 1994, la (omissis) propose opposizione avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 10 febbraio 1994 - con la quale era stato dichiarato il proprio fallimento - convenendo in giudizio, dinanzi allo stesso Tribunale, il Fallimento della Società, la T.R.C., di Renata C. & C. s.a.s. e la E. S.r.l., nella loro qualità di creditori istanti.

La Società opponente - nel chiedere la dichiarazione di nullità o la revoca della sentenza dichiarativa del fallimento - eccepì, preliminarmente, che l'amministratore della Società non era stato ritualmente convocato per l'audizione e, nel merito, contestò l'esistenza dei crediti posti a fondamento delle istanze di fallimento e, comunque, la sussistenza del proprio stato di insolvenza.

In contraddittorio con tutti i convenuti, il Tribunale adito, con sentenza n. 10386 del 18 luglio 1995, rigettò l'opposizione.

In particolare, per quanto ancora rileva in questa sede - convocazione del debitore ai sensi dell'art. 15 della legge fallimentare - il Tribunale ha così, testualmente, motivato: "In punto di fatto si osserva che il ricorso per fallimento con il relativo avviso di convocazione e stato notificato presso la sede di Via (omissis) e l'impiegata (omissis) non ha accettato l'atto "dichiarando in questo momento non è presente il legale rappresentante della (omissis) Quella di Via (omissis) non è la sede legale della società,fissata invece in via (omissis) ma la sede operativa. Tuttavia l'art. 46 c.c. equipara di fronte ai terzi la sede effettiva a quella legale e, pertanto, l'art. 145 c.p.c. per il quale la notificatone alle persone giuridiche si esegue presso la sede, è correttamente osservato nel caso in cui la notifica abbia avuto luogo presso la sede effettiva e non occorre, al fine indicato, un preventivo tentativo di notifica presso la sede legale... .

Per di più nel caso di specie la sede legale risultava sostanzialmente abbandonata ed occupata, invece, dalla (omissis) (in tal senso il verbale di pignoramento del 9.2.90), per cui anche sotto il profilo dell'opportunità correttamente la notifica è stata eseguita presso la sede effettiva, allo scopo di consentire una reale partecipazione del debitore alla fase prefallimentare.

L'atto è stato però rifiutato, come si è visto, dalla (omissis) persona addetta alla sede, che pure in passato aveva regolarmente ricevuto altri atti notificati alla società (precetti del 2.10 e del 4.4.90) e, ove ritenuto applicabile il disposto del secondo comma dell'art. 138 c.p.c., per il quale, nel caso di rifiuto del destinatario, la notifica si considera effettuata a mani propria, la notifica del ricorso si dovrebbe ritenere ritualmente adempiuta anche con il semplice tentativo compiuto in via (omissis) rimasto senza esito per i motivi indicati. Tale profilo è comunque superato dal fatto che il ricorso è stato successivamente notificato all'amministratore unico della (omissis) dall'epoca, (omissis) presso la residenza anagrafica (oltre che in Via (omissis) 4) ai sensi dell'art. 140 c.p.c. ..., notifica compiutamente perfezionata, come risulta dal timbro di mancata richiesta dell'atto entro il periodo di giacenza prescritto, apposto sull'avviso di ricevimento.

D'altra parte il motivo di doglianza è essenzialmente incentrato sul fatto che il ricorso non è stato notificato all'amministratore unico della società debitrice (omissis) rilievo esatto in punto di fatto (a parte ogni considerazione sul precedente rifiuto di ricevere l'atto e sulle implicazione da esso derivanti), ma del tutto privo di significato per quanto concerne le censure prospettate, posto che alla data di notifica del ricorso (luglio e agosto 1993)l'amministratore della (omissis) era (omissis) (la (omissis) è subentrata al posto del (omissis) nell'ottobre 1993) e l'atto di notificazione nei suoi confronti, come visto, era stato compiuto a norma di legge".

1.2 A seguito di appello della Società (omissis) - che, medio tempore, era tornata in bonis, a seguito di chiusura del fallimento per estinzione della massa passiva, giusta decreto del Tribunale di Roma del 22 giugno 1995, pronunciato ai sensi dell'art. 118 n. 2 della legge fallimentare - al quale resistettero le Società T.R.C., dal E., la Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 2920/01 dal 17 settembre 2001, rigettò l'appello.

In particolare, la Corte romana ha così, testualmente, motivato la decisione: A) - "Giova ... premettere che il diritto di difesa dall'imprenditore insolvente nella fase anteriore al fallimento ...deve ritenersi soddisfatto ... ogni qual volta l'imprenditore sia posto comunque in grado di conoscere e contraddire le ragioni che hanno portato a richiedere detta dichiarazione. Da ciò discende che la convocazione del debitore non deve necessariamente seguire le rigorose forme prescritte dalle norme del codice di procedura civile per la notifica degli atti processuali (che come si vedrà sono state anche osservate), essendo sufficiente che il debitore sia stato posto in grado di conoscere e contraddire alle istanze di fallimento proposte nei suoi confronti.

Orbene, nella specie, come puntualmente rilevato dal primo Giudice, e stata posta in essere un'ampia attività notificatoria idonea a rendere edotto l'amministratore della Società (omissis) delle istanza in parola per l'esercizio del diritto di difesa. Innanzitutto la notifica e stata effettuata presso la sede operativa di Via (omissis) a l'impiegata ivi addetta(omissis) ha rifiutato il ricorso con il relativo avviso di convocazione per assenza del legale rappresentante della Società.

Giova precisare come rilevato dal Tribunale che opportunamente la notifica fu effettuata in Via (omissis) ivi essendo la sede effettiva della Società..., atteso che un precedente pignoramento in data 9.2.1990 ad istanza della T.R.C., presso la sede legale di Via (omissis) ebbe esito negativo perchè in loco, come risulta dalla relata di notifica dell'ufficiale giudiziario, era ubicata altra Società ... . Peraltro in Via (omissis) erano stati in passato regolarmente ricevuti dalla (omissis) atti notificati alla Società (precetti del 4.4.90 e del 2.10.90 ...) e, pertanto, deve concludersi, come esattamente rilevato dal primo Giudice, che lanotifica deve ritenersi ritualmente avvenuta ex art. 145 c.p.c. presso la sede effettiva della Società... .

Ma a ciò si aggiunga l'ulteriore decisivo argomento che la notifica del ricorso e della relativa convocazione e stata eseguita in data 4.8.93 presso la residenza anagrafica dell'Amministratore unico della Società (all'epoca (omissis) a.u. fino all'11.10.93) in via (omissis) ai sensi dell'art. 140 c.p.c. e non può certo imputarsi agli organi della procedura se il predetto non ha ritirato il plico". B) - "...Tuttavia, in comparsa conclusionale, la difesa della (omissis) ha edotto che dal fascicolo fallimentare, acquisito nel corso del giudizio di appello, non risultava alcuna traccia delle notifiche diconvocazione del debitore e, pertanto, andava dichiarata la nullità della sentenza di fallimento per assoluta violazione del diritto di difesa.

La esposta obiezione nei termini di cui sopra oltre che tardiva e anche palesemente infondata atteso che delle avvenute notifiche nei termini descritti in sentenza non può dubitarsi nonostante il mancato rinvenimento allo stato dei relativi atti, avendone riscontrato l'esistenza il Giudice di primo grado con puntuale riferimento ai documenti in questione e riportando addirittura virgolettata parte della relata di notifica effettuata dall'ufficiale giudiziario in Via (omissis) Di tanto è stato dato altresì atto dal curatore nella seconda relazione del 12.1.1995... . D'altronde l'opponente non aveva contestata l'esistenza di dette notifiche, ma solo la loro irritualita ai fini della regolare convocazione del debitore per l'esercizio del diritto di difesa ed anzi, a ben guardare, l'opponente in primo grado ha sololamentato, riproponendo tale doglianza anche in sede di appello, che la convocazione non era stata eseguita personalmente alla (omissis) ultimo amministratore della Società alla data della dichiarazione di fallimento, trascurando, tuttavia ... che al tempo della notifica della convocazione (luglio e agosto 93) l'A.u. della società era il (omissis) cessato dalla carica solo l'11.10.93". C) - "Innanzitutto ..., al fine di valutare se al momento della dichiarazione di fallimento ricorra o meno lo stato di insolvenza della società ex art. 5 L.F., non occorre verificare quale fosse la consistenza patrimoniale della stessa, ma, più semplicemente, se, sulla base delle somme direttamente o indirettamente disponibili, fosse o meno in grado di far fronte regolarmente alle proprie esposizioni debitorie.

Orbene, comerilevato dal Tribunale, la (omissis) già nell'esercizio precedente aveva accumulato perdite per L. 64.761.375, aveva inoltre una pesante esposizione debitoria (L. 568.000.000 circa verso fornitori e L. 890.000.000 circa per finanziamento soci) a fronte di una liquidità quasi inesistente (poco più di L. 200.000) oltre ad un rilevante scoperto nel conto corrente bancario aperto presso la Banca di Roma di circa L. 340.000.000 (cfr. 1^ relazione curatore in data 7.10.94 e documentazione ivi richiamata e bilancio al 31.12.93). In tale contesto anche debiti di modesto importo non soddisfatti acquistano un valore sintomatico di insolvenza (L. 1.034.000 della E. e L. 13.500.000 della T.R.C., poi riconosciuto dal G.D. in sede di verificazione dei crediti per L. 6.000.000) e ciò è ancora confermato dal fatto che in sede esecutiva un piscina valutata in L. 13.000.000 (verbale pignoramento 6.12.90) è stata assegnata al presso di L. 150.000 oltre imposte. Nè a fronte di tale rovinosaesecuzione vale eccepire che, essendo il credito della T.R.C., contestato, la (omissis) aveva preferito subire l'esecuzione piuttosto che pagare, essendo evidente che tale giustificazione non è convincente perchè l'imprenditore non subisce una esecuzione così pregiudizievole, sia come immagine che come danno economico, se non per mancanza di liquidità, essendo evidente che il pagamento, ove fosse risultato giudizialmente in tutto o in parte ingiustificato, avrebbe comportato il diritto alla ripetizione delle somme versate ed al ristoro del danno.

L'appellante ha tuttavia osservato che alla data del 6.2.94 godeva di una linea di credito presso la Banca di Roma di L. 630 milioni (L. 330 milioni scoperto c/c utilizzato per L. 215 milioni ...) come da attestazione della Banca di Roma in data 21.11.95 ... per cui residuava un'ampia liquidità che consentiva di far fronte alle esposizioni debitorie -..

Innanzitutto si osserva chela situazione dei fidi della Banca di Roma è stata esaminata dal Giudice alla luce della comunicazione di detto Istituto in data 10.06.93 da cui risultava autorizzata una linea di credito per scoperto di c/c di L. 130 milioni già ampiamente utilizzato come innanzi detto, mentre le altre linee di credito, collegate a specifiche operazioni che non hanno trovato concrete attuazioni in mancanza delle condizioni per usufruirne, non rilevano i questa sede.

Orbene l'appellante ha obiettato che non poteva tenersi conto, ai fini della valutazione dell'insolvenza, della situazione al 10.06.93, ma di quella esistente al tempo della dichiarazione di fallimento, e cioè al 6.2.94, come certificato dal predetto Istituto di credito con la già menzionata comunicazione del 21.11.95 ... il rilievo non può essere condiviso perchè non confortato da adeguato supporto probatorio. Invero, tale documentazione prodotta per la prima volta in appello, non risulta asseverata da giuramento e tale carenza èparticolarmente significativa non solo perchè in contrasto con la attestazione di pochi mesi precedenti, ma anche perchè è sottoscritta, con firma illeggibile, da persona che non dichiara la propria qualifica nell'ambito dell'Istituto bancario, ciò anche per valutare se abbia il potere di impegnare la banca, nè specifica in virtù di quali successivi contratti siano stati modificati e riconosciuti i maggiori affidamenti". D) - "Tuttavia, pure a voler superare tali rilievi, si osserva che, a parte l'esistenza delle altre esposizioni debitorie evidenziate dal curatore ed analiticamente esposte in sentenza, è stato accertato ed ammesso al passivo all'udienza dal 16.6.94 (sebbene con riserva in attesa della definizione dei giudizi pendenti innanzi alla commissione tributaria ed all'esito della pratica di condono) un credito del II Ufficio IVA di Roma di L. 2.389.800 in chirografo e di L. 1.651.359.000 inprivilegio.

Ciò comprova l'esistenza dallo stato di insolvenza, a nulla rilevando che per il successivo finanziamento di terzi ed in particolare del sodo (omissis) già amministratore della Società, siano intervenute le desistenze di tutti i creditori (compreso l'Ufficio IVA per concessione del condono a seguito di versamento della somma di L. 68.048.500 in data 1.07.94), trattandosi di interventi successivi alla dichiarazione di fallimento che non incidono sulla valutazione dell'insolvenza da effettuarsi a tale data, nè eliminano le esposizioni debitorie della Società in mancanza di esplicita rinuncia al credito da parte di finanziatori della Società. Tale sopravvenuta situazione ha giustificato anche la chiusura del fallimento per intervenuta estinzione delle passività ma senza alcun significativo riflesso sullo stato di insolvenza della Società al momento della dichiarazione di fallimento".

1.3 Avverso tale sentenza la (omissis)ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi di censura.

Resiste, con controricorso illustrato da memoria, la E. S.r.l.. La T.r.c. (Tele Radio Comunicazioni) di Renata C. & C. S.a.s. ed il Fallimento della (omissis) benchè ritualmente intimati, non si sono costituiti, ne hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

2.1 Con il primo motivo (con cui deduce: "Omessa motivazione di un punto decisivo della controversia"), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, n. 1.2 lett. A e B) sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che i Giudici d'appello avrebbero completamente omesso di accertare la regolarità delle notificazioni per la convocazione dell'amministratore unico della Società nella fase prefallimentare - in quanto, ancorchè ripetutamente richiesto,non sarebbe stato acquisito il fascicolo della fase prefallimentare - e si sarebbero fondati esclusivamente su quanto attestato dai Giudici di primo grado; mentre, ove detta acquisizione fossa stata effettivamente effettuata, sarebbe emerso che la notificazione della convocazione all'amministratore unico della Società, (omissis) sarebbe stata eseguita ad un indirizzo - (omissis) - diverso dm quello della reale residenza, sito in (omissis)

Con il secondo motivo (con cui deduce: "Contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della sentenza"), la Società ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, n. 1.2 lett. C), sotto il profilo della sua motivazione - nella parte in cui motiva l'inutilizzabilità della lettera della Banca di Roma del 21 novembre 1995, di conferma che, alla data del fallimento, la Società "aveva uno scoperto di c/c di 330 milioni di lire, utilizzato solo per 215 milioni di lire, dimostrando quindi l'esistenza di liquidità" (cfr.Ricorso, pag. 5) - sostenendo che l'affermazione della Corte - secondo cui il documento "è stato prodotto per la prima volta in appello e (che) lo stesso non è asseverato da giuramento" (ididem) - non è condivisibile, "sia perchè secondo la Suprema Corte la produzione in grado d'appello di nuovi documenti (la data della lettera è successiva al deposito della sentenza di primo grado) è consentita senza limiti e non necessita di apposito provvedimento di ammissione o di autorizzazione da parte del giudice, essendo sufficiente l'elencazione nell'indice del fascicolo depositato all'atto della costituzione ..., sia perchè la validità dello stesso non è mai stata contestata dalle controparti in giudizio ..., (sia perchè) il Giudice, in modo del tutto personale, ritiene valido il documento proveniente dallo stesso Istituto di credito datato10.06.93, anch'esso a firma illegibile, solo perchè evidenzia uno scoperto inferiore" (cfr. Ricorso, pagg. 5-6).

Infine, con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazioni e falsa applicazione dell'art. 5 L.F."), la Società ricorrente critica la sentenza impugnata, sostenendo che, alla data della dichiarazione di fallimento, secondo la stessa relazione del curatore fallimentare del 7 ottobre 1994, "sul conto esisteva un fido garantito dal (omissis) ed al momento del fallimento la esposizione debitoria ammontava ad oltre duecento milioni ed il bilancio 93 riportava alla voce banca c/c l'importo negativo di 232.792.721 e pertanto inferiore al fido concesso che ripetiamo ammontava a 330.000.000" (cfr. Ricorso, pag. 8). 2.2 Il ricorso deve essere respinto.

Il primo motivo è inammissibile.

Con esso, in sostanza, la ricorrente si duole - esclusivamente, èbene sottolineare, sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza impugnata - del fatto che i Giudici d'appello abbiano deciso la questione della validità della notificazione dell'avviso di convocazione dell'imprenditore fallito senza previa acquisizione, benchè ripetutamente disposta, dal fascicolo d'ufficio prefallimentare; a deduca soltanto che da tale fascicolo e dalla relaziona dal curatore fallimentare in data 12 gennaio 1995 risulterebbe come "la notifica per compiuta giacenza (all'amministratore della Società pro tempore, (omissis) sia stata effettuata a via (omissis) anzichè (omissis) Orbene, tale censura e inammissibile per molteplici ragioni.

In primo luogo, perchè - a fronte del rilievo della Società (omissis) secondo cui la sentenza di primo grado sarebbe stata affetta da nullità, perviolazione del diritto di difesa dall'imprenditore fallito, in quanto dal fascicolo fallimentare, acquisito nel corso dal giudizio di appello, non risultava alcuna traccia delle notifiche di convocazione del debitore - i Giudici d'appello lo hanno ritenuto, oltrechè tardivo, anche infondato, sia perchè "delle avvenute notifiche nei termini descritti in sentenza non può dubitarsi nonostante il mancato rinvenimento allo stato dai relativi atti, avendone riscontrato l'esistenza il Giudice di primo grado che puntuale riferimento al documenti in questione e riportando addirittura virgolettata parte della relata di notifica effettuata dall'ufficiale giudiziario in via (omissis) sia perchè "di tanto è stato dato altresì atto dal curatore nella seconda relazione del 12.1.1995"; sia, infine, perchè "l'opponente non aveva contestata l'esistenza di dette notifiche, ma molo la loro irritualità ai tini della regolare convocazione del debitore per l'esercizio del dirittodi difesa ed anzi, a ben guardare, l'opponente in primo grado ha solo lamentato, riproponendo tale doglianza anche in sede di appello, che la convocazione non era stata eseguita personalmente alla (omissis) ultimo amministratore della Società alla data della dichiarazione di fallimento, trascurando, tuttavia, che al tempo della notifica della convocazione (luglio e agosto 93) l'A.U. della Società, era il (omissis) cessato dalla carica solo l'11.10.93".

Nessuna di tali distinte, specifiche ed autonome ragioni è stata, altrettanto specificamente, criticata. In secondo luogo, deve osservarsi che i Giudici a quibus, decidendo la questione in esame sulla base delle predette ragioni, hanno, con ogni evidenza, ritenuto superflua l'acquisizione del fascicolo prefallimentare, in tal modo implicitamente revocando le precedenti ordinanze del consigliere istruttore. Infine, il vizio di motivazione dedotto,appare sia del tutto generico, nella misura in cui non specifica puntualmente (riproducendone l'integrale contenuto in parte qua) quale sarebbe la diversa circostanza emergente dalla relazione del curatore; sia, e soprattutto, perchè il preteso punto decisivo - consistente nel diverso indirizzo (Via (omissis) ove risiedeva l'amministratore della Società pro tempore, (omissis) e dove non sarebbe stata eseguita la notificazione dell'avviso di convocazione (effettuata, invece, in via (omissis) - investe una circostanza mai prima dedotta nè in primo grado, nè in grado d'appello: infatti, la Corte romana - con affermazione, cene già detto, non impugnata - ha osservato che "l'opponente in primo grado ha solo lamentato, riproponendo tale doglianza anche in mede di appello, che la convocazione non era stata eseguita personalmente alla (omissis) ultimo amministratore della Società alladata della dichiarazione di fallimento".

Il secondo ed il terzo motivo - i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione - sono palesemente infondati. E' opportuno rammentare, in limine, che costituisce "diritto vivente" (cfr., da ultime, sentt., pronunciate a sezioni unite, nn. 115 del 2001 e 1997 del 2003), integralmente condiviso dal Collegio, quello, secondo cui lo stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione di impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessaria alla relativa attività, mentre resta, in proposito, irrilevante ogni indagine sull'imputabilità, o non, all'imprenditore medesimo delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all'impresa, così come sull'effettiva esistenza ed entità dei crediti fatti valer nei suoi confronti.

Come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata in parte qua, (cfr., supra, n. 1.2 lett. C e D), i Giudici d'appello, applicando puntualmente e correttamente i principi ora ribaditi, hanno fondato il giudizio di sussistenza dello stato di insolvenza della Società (omissis) su numerosi e convergenti elementi. In primo luogo, sulle perdita di esercizio relative all'anno precedente al fallimento (dichiarato con sentenza del 10 febbraio 1994), quali risultanti dal bilancio al 31 dicembre 1993, sulla pesante situazione debitoria emergente a tale data a sulla liquidità "quasi inesistente" alla data medesima (euro 200.000). In secondo luogo, sulla considerazione che, "in tale contesto, anche debiti di modesto importo non soddisfatti acquistano un valore sintomatico di insolvenza (L. 1.034.000 della E. e L. 13.500.000 dalla T.R.C., poi riconosciuto dal G.D. in sede di verificazione dei crediti per L. 6.000.000)".

In terzo luogo, sulla ulteriori considerazioni, secondo cui lo stato di insolvenza della Società "è ancora confermato dal fatto che in sede esecutiva un piscina valutata in L. 13.000.000 (verbale pignoramento 6.12.90) è stata assegnata al prezzo di L. 150.000 oltre imposte", e, secondo cui "a fronte di tale rovinosa esecuzione (non) vale eccepire che, essendo il credito della T.R.C., contestato, la (omissis) aveva preferito subire l'esecuzione piuttosto che pagare, essendo evidente che tale giustificazione non è convincente perchè l'imprenditore non subisce una esecuzione così pregiudizievole, sia come immagine che come danno economico, se non per mancanza di liquidità, essendo evidente che il pagamento, ove fosse risultato giudizialmente in tutto o in parte ingiustificato,avrebbe comportato il diritto alla ripetizione delle somme versate ed al ristoro del danno".

In quarto luogo, sulla sopravvenuta mancanza di linee di credito accordate alla società dalla Banca di Roma, come risultante dalla comunicazione di detto Istituto del 10 giugno 1993.

In quinto luogo, sul valore non probante della attestazione della Banca di Roma del 21 novembre 1995, attestante che, alla data dal 6 febbraio 1994, la Società godeva di linee di credito per L. 630.000.000: sia perchè, tale attestazione era stata prodotta, per la prima volta, in grado d'appello; sia perchè in ingiustificato contrasto con la precedente attestazione della medesima Banca del 10 giugno 1993; sia perchè tale documento non era stato asseverato da giuramento; sia perchè il documento stesso risultava sottoscritto con firma illeggibile. Infine, la Corte romana ha desunto la sussistenza dello stato di insolvenza della Società alla data didichiarazione del fallimento anche da una pesante esposizione debitoria nei confronti del 2^ Ufficio I.V.A. di Roma. Orbene, la Società ricorrente - a fronte di questi molteplici elementi - ha sottoposto a critica unicamente le affermazioni della Corte relative alla sopravvenuta carenza di linee di credito, insistendo sulla piena valenza probatoria della prodotta attestazione della Banca di Roma del 21 novembre 1995.

Ma tali critiche - a parte consistenti profili di inammissibilità, nella misura in cui investono valutazioni dei Giudici di merito, motivate correttamente e scevre da errori logico-giuridici - sono evidentemente parziali, nel senso che hanno ad oggetto uno soltanto degli elementi posti a fondamento della sentenza impugnata e dimenticano totalmente tutti gli altri: elementi, questi, che, anche considerati di per sè soli, giustificano ampiamente il giudizio circa l'esistenza di una situazione di impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, della Società (omissis) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito, quantomeno, della carenza delle condizioni di liquidità necessaria allo svolgimento della attività di impresa, come è dimostrato dalle circostanze, giustamente evidenziate dalla Corte romana, dell'assoggettamento alla "rovinosa esecuzione" avente ad oggetto la "piscina" e del mancato pagamento dei pur modesti debiti nel confronti delle Società E. e T.R.C..

2.3 Le spese di questa fase del giudizio seguono la soccombenza nei confronti della E. S.r.l. e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi euro 4100,00, ivi compresi euro 4000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 novembre 2004.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2005.