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Condominio – in generale – decreto ingiuntivo –corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 10621 del 28 aprile 2017 commento

Oneri condominiali – delibere di approvazione del preventivo e dello stato di ripartizione – natura – effetti -  corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 10621 del 28 aprile 2017 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

Oggetto del giudizio dinanzi alla Corte Suprema è stata la decisione con la quale la Corte di Appello di Firenze aveva ritenuto che l’approvazione del prospetto di ripartizione, pur se non espressamente assentito, fosse da considerarsi implicita nell’avvenuto pagamento delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria da parte di tutti i condomini, ad eccezione dei ricorrenti.

I giudici nel confermare il principio espresso dalla Corte di Appello hanno ribadito che l’esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese, approvato, rileva solo ai fini della fondatezza della domanda, il cui onere probatorio è a carico dell’amministratore.

In particolare è stato affermato che l’onere del condomino di pagare le spese di propria competenza in quanto strettamente legato alla gestione dei beni e servizi comuni “preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio”.

Ne discende – sempre secondo la Suprema Corte -  che mentre il “preventivo” delle spese straordinarie, regolarmente approvato dall’assemblea, rappresenta la prova concreta per ottenere il decreto ingiuntivo anche in assenza dello stato di ripartizione delle stesse, quest’ultimo è, invece, necessario per ottenere la clausola di provvisoria esecuzione prevista dall’art. 63 disp.att.c.c. (in senso conforme si era espressa in passato la stessa Corte con la decisione n. 15017/2000).

Pertanto in sede di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio in assenza di piano di riparto incomberà all’amministratore l’onere di provare gli elementi costitutivi del credito verso il condomino anche in riferimento ai criteri di ripartizione.

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Condominio – in generale – sopraelevazione –corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 11177 dell’8 maggio 2017 - commento

Decoro architettonico – lesione – immobile non di pregio – sussistenza – fattispecie -   corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 11177 dell’8 maggio 2017 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

Confermato, in questa sentenza, il principio generale costantemente affermato dalla Corte, chiamata a decidere se sussista una lesione del decoro architettonico di uno stabile condominiale nel caso in cui un condomino intervenga sulla struttura comune che sia stata più volte manomessa da lavori di altri condomini.

Il giudice, nella valutazione, deve tenere conto dello stato pregresso dell’edificio, potendo egli stesso arrivare a concludere che l’ulteriore innovazione operata dall’ultimo condomino non abbia causato un peggioramento del decoro architettonico già violato in precedenza (per tutte le conformi si rinvia a Cass. n. 26055/2014 e Cass. n. 4679/2009).

Tuttavia, con riferimento al caso concreto (esecuzione sul tetto, in sopraelevazione, di costruzione in cemento armato), la costruzione di una struttura che si imponga con “violenza” sulle linee essenziali ed originarie del tetto dello stabile condominiale, visibile e priva di continuità con la copertura esistente (in origine costituita da un tetto a padiglione con copertura di tegole) non può essere considerata legittima, violando per le sue fattezze il decoro architettonico.

Con il rigetto del ricorso la Corte di Cassazione ha, per tale profilo, confermato il chiarimento del giudice di appello ad avviso del quale anche in presenza di fabbricati di non particolare pregio è interesse del condominio mantenere il decoro dello stabile preservandolo da interventi che stravolgano le linee estetiche dello stesso.

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Condominio – in generale – parti comuni –corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 11184 dell’8 maggio 2017 - commento

Sottotetto – natura di bene comune – assenza di titolo -  opere di collegamento con proprietà esclusiva sottostante – illegittimità -   corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 11184 dell’8 maggio 2017 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

Oggetto della controversia concerneva la titolarità di un locale sottotetto reclamato da un condomino, il quale aveva messo in comunicazione detto spazio con il sottostante appartamento di sua proprietà aprendo un vano nella soletta del sottotetto e posizionando, in corrispondenza, una scala interna di accesso.

Escluso, da un lato, che il locale fosse indicato nell’atto di acquisto del condomino e, dall’altro, che risultasse essere riportato nell’atto costitutivo del condominio la Corte, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto corretta l’applicazione da parte del giudice di appello del criterio della sussidiarietà della destinazione del bene, di cui all’art. 1117, co.1, c.c. (vecchia versione), al fine di stabilire la proprietà del sottotetto.

E’ stato così ribadito il principio, più che consolidato, secondo il quale il sottotetto è di pertinenza comune quando per le sue caratteristiche strutturali e funzionali è oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune od all’esercizio di un servizio comune (Conf. Cass. n. 17249/2011). Diversamente se detto spazio, sovrastante l’appartamento sito all’ultimo piano dello stabile condominiale, svolge esclusivamente la funzione di isolare e proteggere detto immobile dal caldo, dal freddo e dall’umidità e sia privo di  esso non può che essere considerato pertinenza dell’unità abitativa sottostante (cass…..). Nella fattispecie il sottotetto era costituito da un unico locale compreso tra due scale, con accesso dalla scala condominiale ed in esso erano collocate le tubazioni condominiali, parti degli impianti comuni di riscaldamento e dell’antenna televisiva, nonché il vano tecnico dell’ascensore.