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custode giudiziario - Immobile oggetto di custodia e responsabilità per danni - Cass. sez. III, 16 gennaio 2024, n. 1756

Il custode giudiziario risponde dei danni da infiltrazioni se è il solo ad avere le chiavi di accesso all’appartamento – Cass. sez. III, 16 gennaio 2024, n. 1756 – Commento a cura di Adriana Nicoletti, Avvocato del Foro di Roma

Il custode è titolare del potere di vigilanza sulla cosa e, pertanto, ai fini della responsabilità di cui all’art 2051 c. c., non è necessario che la cosa in custodia abbia una specifica pericolosità, bastando che il danno sia cagionato da un’anomalia della sua struttura o del suo funzionamento, anomalia non prevenuta o a cui non sia stato posto riparo dal custode, ossia da chi dalla cosa ha la disponibilità di fatto e il relativo dovere di vigilanza e ove il danno si verifichi, e ne sia accertata la derivazione diretta dalla cosa, la detta anomalia è presunta, salvo che il custode provi il caso fortuito, comprensivo del fatto del terzo o del danneggiato.

Il principio concerne una fattispecie in cui i proprietari di un appartamento, che avevano patito infiltrazioni dal sovrastante immobile, avevano citato in giudizio il custode giudiziario chiedendone la condanna al risarcimento dei conseguenti danni. La domanda veniva accolta in primo grado, ma la Corte di appello ribaltava la sentenza. Gli attori originari, quindi, ricorrevano in cassazione lamentando, nel merito, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. evidenziando, per quanto di interesse, che le chiavi di accesso all’appartamento (al momento dell’evento non abitato) erano nella disponibilità dell’appellato nella sua qualità di custode giudiziario.

Il giudice di legittimità ha accolto il ricorso per tale motivo, con conseguente assorbimento delle ulteriori doglianze, ritenendo responsabile del fatto il custode giudiziario al quale era stata affidata la cura e sorveglianza dell’immobile. La causa è stata, quindi, rinviata alla Corte di appello in diversa composizione anche per la decisione sulle spese di lite.

Numerose sono le problematiche che interessano i rapporti tra il custode nominato dal giudice ed il condominio allorché la nomina sia intervenuta nell’ambito di una procedura esecutiva oppure di un sequestro giudiziario o conservativo. Nel caso in esame, invece, la questione riguardava una controversia tra privati anche se inserita in un contesto condominiale.

Premesso che con l’entrata in vigore della riforma del Codice di procedura civile la figura del custode giudiziario, con particolare riferimento alle vendite forzate immobiliari, è stata notevolmente potenziata, anche dal punto di vista degli obblighi posti a carico del soggetto, nella fattispecie ha assunto rilevanza il rapporto tra l’art. 2043 c.c., concernente l’obbligo di risarcimento posto a carico di colui che determina un danno ingiusto, e l’art. 2051 c.c. che, invece, pone la responsabilità del danno provocato alle cose a carico di colui che ne ha la custodia, salvo che sia provato il caso fortuito.

Nel caso in esame poco importa quale sia il tipo di controversia nella quale si sia pervenuti alla nomina del custode giudiziario (a tale circostanza, infatti, la decisione della Corte di cassazione, non ha dedicato spazio) perché quello che conta, invece, è il fatto che la disponibilità dell’immobile (peraltro, non abitato e, quindi, maggiormente sottoposto a vigile sorveglianza) era esclusivamente affidata al custode. Quindi – come osservato dalla Corte -  l’errore commesso dal giudice di appello era stato quello di dare rilevanza alle ipotetiche cause materiali e funzionali delle infiltrazioni e di aver perso di vista il punto centrale della questione: ovvero che la connaturata signoria di fatto sulla cosa era connessa alla custodia del bene che materialmente, tramite le chiavi dell’appartamento danneggiante, era nella piena disponibilità del soggetto in questione.

Il tutto sempre tenendo conto che la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. è di carattere oggettivo e non si fonda sulla presunzione di colpa, essendo sufficiente, per la sua configurazione, che l’attore dimostri il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno subito.