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Contratto di fornitura - Domanda di risoluzione del contratto per mancata corresponsione del compenso

Contratto di fornitura – Pagamento da effettuarsi  in tre versamenti anticipati prima della consegna della merce, anch’essa da eseguirsi in tre soluzioni – Domanda di risoluzione del contratto per mancata corresponsione del compenso – Previsione di una garanzia bancaria a favore del compratore prima del versamento della somma pattuita – Domanda riconvenzionale del convenuto di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, che non aveva tempestivamente fornito la predetta garanzia - Mancata applicazione dell’art. 64 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci da parte della Corte d’Appello - Corte di Cassazione, sez. II., ordinanza n. 21834 del 5 ottobre 2020, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

Fatto. Una società, premesso di aver concluso con altra società un contratto di fornitura (di palificazioni per viti), dietro un rilevante compenso predeterminato da corrispondere in tre versamenti anticipati prima della consegna della merce, anch’essa da eseguirsi in tre soluzioni, esponeva che il contratto prevedeva  l’emissione preventiva di una garanzia cambiaria, ma che, malgrado la prestazione della garanzia, l’acquirente non aveva provveduto al pagamento neppure di una rata del prezzo. Chiedeva, pertanto, la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 64 della Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci, nonché la conseguente condanna della convenuta al risarcimento dei danni.

La convenuta,, da parte sua, domandava anch’essa la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attrice, che si era rifiutata di prestare la garanzia bancaria necessaria per procedere a versamento della prima rata del prezzo, rilevando, altresì che la merce fornita era del tutto inidonea all’uso.

Il Tribunale adito accoglieva la domanda, dichiarando la convenuta inadempiente e condannandola anche al risarcimento danni, mentre la Corte d’Appello, accoglieva il gravame proposto dalla soccombente, respingendo tutte le domande proposte dall’attrice. Quest’ultima, fornitrice della merce, quindi, ricorreva per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 64 della Convenzione di Vienna da parte del giudice d’appello.  

Decisione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rilevando che la Corte d’Appello aveva mal interpretato la normativa comunitaria, violando in ordine alla clausola di garanzia del credito, sia la buona fede contrattuale, sia  gli usi commerciali internazionali, per cui “la garanzia doveva essere disposta al più tardi contestualmente al pagamento tramite bonifico, rilevando che l’inadempimento della acquirente, pur grave, doveva intendersi superato dal fatto che la fideiussione arrivò solo dopo la scadenza della prima rata e venne denunciato con diffida dalla società fornitrice solo in relazione al mancato pagamento successivo alla prestazione della garanzia bancaria, talchè il giudicante non poteva rifiutarsi, ai sensi dell’art. 64 della Convenzione di Vienna, di dichiarare l’avvenuta risoluzione del contratto per inadempimento relativo al mancato rispetto del termine fissato per la prestazione delle predetta garanzia”, nonchè  precisando che “la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale prevede la risoluzione, come strumento unilaterale con cui la parte pone fine al contratto mediante una sua mera dichiarazione in due ipotesi, relative all’inadempimento del fornitore o del compratore. Per quest’ultimo, in particolare gli artt. 25 e 26 della Convenzione stessa, stabiliscono che, ai fini della risoluzione, l’inadempimento deve costituire per l’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di ciò che questa era in diritto da attendersi dal contratto e che la dichiarazione di risoluzione deve essere comunicata all’altra parte in qualsiasi forma, talchè il contratto in esame , una volta comunicata la risoluzione, deve ritenersi risolto ai sensi degli artt. 64, 25 e 26 della citata normativa.  

La Corte ha, quindi, accolto il ricorso, rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione affinchè decida la controversia attenendosi all’interpretazione data dell’art. 64 cit. della Convenzione di Vienna.