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Proprietà fondiaria - lavori su muro di proprietà esclusiva – corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 20540 del 29 settembre 2020 -  commento

Diritto di accesso al fondo confinante –  lavori su muro di proprietà esclusiva – sussistenza – presupposti -  corte di cassazione, sez. 2, sentenza n.  20540 del 29 settembre 2020 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

 FATTO. La proprietaria di un immobile, confinante con altra proprietà, si rivolgeva al Tribunale del luogo chiedendo, tra le altre domande, che venisse accertato il suo diritto di accedere all’area comune di proprietà dei convenuti per eseguire l’intonacatura di un muro del suo fabbricato e fossero fissate le modalità del transito. I convenuti si costituivano eccependo l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di accesso. Il Tribunale accoglieva la domanda e la sentenza veniva confermata in sede di appello, emergendo dagli atti del giudizio che i lavori potevano eseguirsi solo tramite l’accesso al cortile comune. Veniva, altresì, negata la spettanza dell’indennità di cui all’art. 843 c.c. poiché le impalcature avevano occupato solo una parte ridotta del cortile senza provocare alcun danno.

Contro la decisione di secondo grado i soccombenti ricorrevano in Cassazione e, su questo specifico punto, lamentavano che il giudice del gravame non aveva svolto alcun accertamento in merito: alla necessità del transito; all’esistenza di soluzioni alternative che fossero meno gravose; alla liceità dell’intervento cui era funzionale il passaggio nonché all’entità del pregiudizio dagli stessi patito.

La Corte di cassazione rigettava il ricorso principale. 

DECISIONE. Il giudicante ha richiamato il dettato dell’art. 843 c.c. (accesso al fondo) secondo il quale il proprietario deve permettere l’accesso ed il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune, salvo il pagamento di adeguata indennità qualora l’accesso cagioni un danno. In tal caso – ha osservato la Corte – il transito non determina la costituzione della servitù ma si ricollega ad una limitazione legale, occasionale, del diritto di proprietà del titolare del fondo che, in ogni caso, richiede il consenso all’accesso ed al passaggio del medesimo (Cass. 02 marzo 2018, n. 5012). Ha rilevato ancora la Corte che tale accesso può essere negato allorché i lavori possano essere eseguiti dalla proprietà dell’istante o dal fondo di un terzo a condizione che, in tale ultimo caso, la soluzione risulti meno gravosa (Cass. 26 novembre 2008, n. 28234).

Nella fattispecie la Corte di appello aveva correttamente accertato che la soluzione adottata dall’originaria attrice era l’unica concretamente praticabile o, comunque, quella meno onerosa per entrambe le parti, non rilevando la liceità delle opere intraprese di cui, pur essendo doverosa la verifica, non vi era cenno nel giudizio di merito. Per quanto concerne, invece, l’esclusione dell’indennità prevista dall’art. 843 c.c. la Corte ha ritenuto incensurabile la pronuncia del giudice del gravame mancando la prova che l’accesso aveva arrecato danni alla proprietà dei ricorrenti, necessaria anche qualora – come nel caso di cui trattasi – si delinei una responsabilità da atto lecito.