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straniero – emersione lavoro irregolare

Straniero – Falsità – omissione comunicazione – Conseguenze. Cons. St., sez. III, 30 aprile 2019, n. 2801, commento a cura dell’Avv. Silvia Albanese.

Fatto. L’odierno appellato impugnava in primo grado il provvedimento con il quale lo Sportello unico per l’immigrazione aveva rigettato la domanda di emersione da lavoro irregolare presentata in suo favore dal suo datore di lavoro, presso il quale effettuava attività di assistenza domestica.

In particolare, lo Sportello unico aveva riscontrato la scorrettezza del procedimento seguito in materia di cessione dell’immobile indicato come alloggio dello stesso.

A seguito di istruttoria, aveva appurato, anche in ragione della mancanza del timbro di ricezione dell’ufficio, l’omessa presentazione della comunicazione al competente Commissariato di P.S. da parte del detentore.

Nelle more della conclusione di tale istruttoria, e comunque prima dell’adozione del provvedimento di diniego, l’interessato aveva prodotto una nuova comunicazione di cessione di fabbricato, a firma di un diverso soggetto, ma relativa allo stesso immobile e questa volta recante il timbro di avvenuta presentazione all’ufficio di P.S.

A seguito della sentenza del TAR che accoglieva il ricorso, il Ministero dell’Interno proponeva appello, deducendo la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, in quanto il contratto di soggiorno era basato su dati non rispondenti al vero.

Decisione. Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.

In via preliminare si ricorda che la procedura volta all’emersione del lavoro irregolare si articola in due fasi, tra loro funzionalmente collegate.

In una prima fase, è accertata l’ammissibilità della richiesta ed è acquisito il parere del Questore in ordine all’inesistenza di motivi ostativi al permesso di soggiorno.

Nella seconda fase, invece, si stipula il contratto di soggiorno, a seguito del quale il lavoratore extracomunitario richiede il permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

In altri termini, la procedura di emersione richiede di comprovare la disponibilità da parte del lavoratore straniero di un alloggio stabile, al fine di ottenere il permesso di soggiorno.

Ne deriva che il contratto di soggiorno è uno snodo fondamentale del procedimento, nonché titolo per l’ottenimento del permesso di soggiorno, e rimane disciplinato dalla normativa di carattere generale.

Tra i suoi contenuti essenziali si richiede la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e il suo impegno al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

La disposizione è, altresì, chiara nel prevedere che non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le richiamate dichiarazioni.

La comunicazione di cessione di fabbricato costituisce, quindi, un obbligo assistito da sanzione amministrativa da adempiere entro 48 ore dalla consegna del bene a un extracomunitario, previsto dall’art. 7 del d.lgs. n. 286/1998, che ha sostituito l’analogo precetto contenuto nell’art. 147 T.U.L.P.S.

Il Collegio osserva che l’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 16 luglio 2012, n. 109 prevede che: «Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di una dichiarazione di emersione contenente dati non rispondenti al vero è nullo ai sensi dell'articolo 1344 del codice civile. In tal caso, il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni».

Alla luce di questo quadro normativo, occorre indagare quali siano le conseguenze nel caso in cui la non veridicità della dichiarazione consista, non nella falsa affermazione della disponibilità dell’alloggio, ma nella mancata presentazione del modulo relativo all’Ufficio di P.S..

Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che l’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 16 luglio 2012, attribuisce rilievo alle dichiarazioni rese dal datore di lavoro quanto all’esistenza di un rapporto di lavoro irregolare ai fini del valido inoltro di un'istanza di emersione, salvo che ne risulti dimostrata la falsità.

Il Collegio sostiene, quindi, che la compilazione di una “comunicazione” di fatto “non comunicata” pare tamquam non esset, e in quanto tale inidonea di per sé sola a documentare la disponibilità di un alloggio adeguato.

Tuttavia, la produzione del relativo modulo nell’ambito di un procedimento di emersione da lavoro irregolare, non accompagnata da dichiarazioni mendaci sul punto, seppur inidonea a dimostrare la disponibilità di un alloggio da parte dello straniero, non determina ex se la nullità del contratto di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 12, del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109.

Al contrario, è necessario che l’Amministrazione svolga un’approfondita istruttoria, in modo da accertare la situazione abitativa dell’immobile, e dimostrare il percorso argomentativo seguito.

Nel caso di specie, invece, lo Sportello Unico non ha inteso esaminare il modulo né preventivamente, né in ottemperanza all’ordinanza cautelare del T.A.R.

Pertanto, il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato dal Ministero e conferma la sentenza di primo grado.