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Le espressioni sconvenienti od offensive non sono scriminate dalla provocazione altrui né dalla reciprocità delle offese

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Di Campli), sentenza n. 178 del 25 ottobre 2021

 

L’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell’espletamento dell’attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione (art. 9 cdf) e deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive (art. 52 cdf), la cui rilevanza deontologica non è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d’ira o d’agitazione che da questa dovesse derivare, che al più possono essere valutate ai fini di una riduzione della sanzione, non trovando applicazione in tale sede l’esimente prevista dall’art. 599 c.p. (Nel caso di specie, l’avvocato aveva riferito alla propria controparte la nota frase attribuita ad Einsten sulla stupidità e l’universo).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Di Campli), sentenza n. 178 del 25 ottobre 2021