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Procedimento disciplinare - Ricorso al C.N.F. - Mancata specificazione dei motivi di impugnazione

 Inammissibilità Costituisce principio costante quello secondo cui la specificità dei motivi del gravame, necessaria ai fini dell'ammissibilità del ricorso, richiede l'indicazione chiara ed inequivoca, ancorché succinta, delle ragioni di fatto e di diritto della doglianza, tale da consentire l'identificazione esatta dei limiti del devolutum e, quindi, delle questioni che si intendono sottoporre al riesame, con la conseguenza che va ritenuta inammissibile l'impugnazione generica che chieda una riforma della decisione gravata, senza individuare con chiarezza quali siano le statuizioni investite dal gravame e quali siano le censure in concreto mosse alla motivazione di tale decisione. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 21 settembre 2009). Consiglio Nazionale Forense decisione del 15-12-2011, n. 184

Avvocato - Procedimento disciplinare - Ricorso al C.N.F. - Mancata specificazione dei motivi di impugnazione - Inammissibilità
Costituisce principio costante quello secondo cui la specificità dei motivi del gravame, necessaria ai fini dell'ammissibilità del ricorso, richiede l'indicazione chiara ed inequivoca, ancorché succinta, delle ragioni di fatto e di diritto della doglianza, tale da consentire l'identificazione esatta dei limiti del devolutum e, quindi, delle questioni che si intendono sottoporre al riesame, con la conseguenza che va ritenuta inammissibile l'impugnazione generica che chieda una riforma della decisione gravata, senza individuare con chiarezza quali siano le statuizioni investite dal gravame e quali siano le censure in concreto mosse alla motivazione di tale decisione. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 21 settembre 2009). Consiglio Nazionale Forense decisione del 15-12-2011, n. 184

Consiglio Nazionale Forense decisione del 15-12-2011, n. 184

FATTO

Con esposto diretto al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza in data 08/09 aprile 2008, il sig. C. R. segnalava di aver conferito nell’anno 2002 all’avv. D. G. l’incarico di tutelare i propri diritti nei confronti della società assicuratrice B. V. s.p.a., promuovendo le necessarie azioni per ottenere il negato pagamento degli indennizzi a lui spettanti in forza di apposita polizza di cui egli era sottoscrittore e beneficiario.
L’esponente aggiungeva che, nonostante avesse versato all’avv. G. un acconto di € 1.500,00 e nonostante il lungo periodo trascorso (ben sei anni), non era riuscito ad ottenere notizie di alcun genere sullo stato della pratica ad eccezione della copia di una missiva inviata dall’avv. G. alla società assicuratrice in data 29.03.2002, essendosi l’avv. G. negato per di più ad ogni richiesta d’incontro.
Lamentava -quindi- che, impossibilitato ad ottenere notizie dal proprio legale aveva acquisito direttamente informazioni con relative certificazioni dalla cancelleria del
Tribunale in tal modo accertando che l’avv. G. non aveva mai iniziato alcun giudizio nei confronti della società assicuratrice.
Aggiungeva che il comportamento dell’avv. G. gli aveva procurato enormi danni .
Messo al corrente del contenuto dell’esposto in questione, l’avv. G. riteneva di non darvi alcun riscontro e, pertanto, il C.O.A. di Monza deliberava l’apertura del
procedimento disciplinare e, successivamente, acquisita la documentazione prodotta dal sig. C., il Presidente di detto Consiglio dell’Ordine provvedeva a far notificare allo
stesso avv. G. regolare atto di citazione a comparire avanti al Consiglio dell’Ordine nella seduta del 21.09.2009 per rispondere dei seguenti addebiti:
A- violazione degli artt. 6,7,8,38 C.D.F. per non aver mantenuto, nei confronti del cliente, sig. R. C., un comportamento ispirato alla correttezza, lealtà, fedeltà e diligenza in quanto, avendo assunto il mandato di agire per ottenere il pagamento di quanto asseritamene dovuto al C. dalla società B. V. s.p.a., avendo percepito un fondo spese di € 1.550,00 ed avendo avuto in consegna tutta la documentazione
necessaria ad istruire la pratica, si limitava a trasmettere la sola raccomandata in data 29.03.2002;
B- Violazione degli artt. 40 e 42 C.D.F. per non aver tenuto informato il cliente sig. R. C., dell’attività svolta e da svolgersi nella pratica contro la società B. V. s.p.a.,
nonostante le reiterate richieste, in tal senso, provenienti dal cliente e per non aver provveduto, nonostante le reiterate richieste del cliente, una volta revocato il mandato conferito, alla pronta restituzione di tutta la documentazione a lui consegnata per l’esecuzione del mandato ricevuto;
C- Violazione dell’art. 24 comma II C.D.F. per non aver provveduto a far prevenire al Consiglio dell’Ordine di Monza, nonostante i numerosi solleciti, risposte, osservazioni
e chiarimenti, in relazione all’esposto presentato dal sig. C.; in Cusano Milanino dal 22.08.2008 in permanenza.
L’avv. G. riteneva di non comparire davanti al Consiglio dell’Ordine, né presentava memorie e deduzioni e, quindi, acquisita la testimonianza dal sig. C. e la ulteriore documentazione dallo stesso prodotta, il Consiglio, con decisione del 21/09– 20/12/2009, dichiarava l’avv. D. G. responsabile delle violazioni disciplinari ascrittegli e gli infliggeva la sanzione della sospensione per mesi 6.
Avverso tale decisione, notificatagli il 19.11.2009, l’avv. G. ha proposto tempestivo ricorso depositato il 09.12.2009, con il quale ha chiesto, in via principale l’annullamento della decisione impugnata ed, in via subordinata, la riduzione della sanzione all’avvertimento, essendo -a suo dire- sproporzionata quella irrogatagli.
A sostegno del gravame proposto, l’avv. G. ha formulato -in sostanza- la seguente, testuale censura: “Nella fattispecie il ricorrente è colpevole unicamente di aver consigliato al sig. C. di non intraprendere nei confronti della società assicuratrice B. un’azione palesemente e documentalmente infondata, come documentato dalla documentazione che si produce in copia, e di non aver restituito al sig. C. la documentazione”.
DIRITTO
Il ricorso proposto dall’avv. D. G. è inammissibile, così come risulta dal motivo posto a sostegno del gravame e testualmente trascritto nel “fatto”.
Infatti, a fronte delle argomentazioni svolte nella decisione adottata dal C.O.A. di Monza e delle relative prove documentali richiamate, l’avv. G. si è limitato
- da una parte e del tutto apoditticamente a rivendicare la pretesa correttezza professionale del proprio operato e dall’altra a svalutare sotto il profilo deontologico
la mancata restituzione al cliente della documentazione consegnatagli, in tal modo
-peraltro- finendo per confessare di essersi reso responsabile di tale addebito specificamente contestatogli sub capo B) della incolpazione.
Senonché, è principio costante quello secondo il quale la specificità dei motivi del gravame è necessaria per l’ammissibilità del ricorso e richiede l’indicazione chiara ed inequivoca, anche se succinta, delle ragioni di fatto e di diritto della doglianza, tale da consentire l’identificazione esatta dei limiti del devolutum e quindi delle questioni che si intendono sottoporre al riesame, con la conseguenza che è “inammissibile l’impugnazione generica, che chiede una riforma della decisione gravata senza individuare con chiarezza quali siano le statuizioni investite dal gravame e quali siano le censure in concreto mosse alla motivazione di tale decisione” (cfr. C.N.F. n.98/2007).
Nella fattispecie in esame, per di più, il ricorrente, a parte quanto già evidenziato innanzi, non ha neppure tentato di contestare le circostanze -risultate provate- poste alla base degli addebiti risultanti dai capi A) e C) della incolpazione, né ha formulato una qualsivoglia sia pur minima argomentazione per confutare le ragioni illustrate dal C.O.A. nella decisione impugnata.
Il ricorso proposto è, pertanto, palesemente inammissibile sia per ciò che riguarda la ritenuta responsabilità degli illeciti disciplinari ascritti al ricorrente, sia per ciò che riguarda la sanzione in concreto irrogatagli e la relativa richiesta subordinata di riduzione della stessa.
Infatti, anche con riferimento a tale statuizione il ricorrente si è limitato ad assumerne la sproporzione, senza tuttavia dotare la propria richiesta di un qualsiasi argomento
giuridicamente rilevante, atteso che le uniche ragioni esplicitate da una parte si risolvono in mere illazioni e, dall’altra, sono rimaste prive di qualsiasi supporto probatorio.
P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 40 n.2, 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578, e gli artt. 59 e segg. del
R.D. 22.01.1934, n. 37;
Dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’avv. D. G. e, per l’effetto, lo rigetta, con
la conferma integrale dell’impugnato provvedimento, emesso dal Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Monza
Così deciso in Roma lì 16.06.2011

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it