Skip to main content

Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Impugnazione

Avvocato - Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Impugnazione - Ricorso al CNF - Presentazione del ricorso a mezzo fax non seguito da deposito dell'originale - Inammissibilità - Delibera di apertura del procedimento - Impugnazione E' inammissibile il ricorso pervenuto al C.N.F. esclusivamente a mezzo fax e non seguito da ulteriore invio di originale. E' inammissibile il ricorso proposto al CNF avverso la delibera di apertura del procedimento disciplinare. Nell'attuale assetto ordinamentale, infatti, i Consigli territoriali non costituiscono entità gerarchicamente o funzionalmente sotto ordinate al CNF ma si caratterizzano per la più ampia discrezionalità in ordine al se ed al quomodo delle azioni necessarie e sufficienti a realizzare la tutela degli interessi dei quali sono enti esponenziali, dovendo pertanto individuarsi nel Consiglio territoriale, non nel CNF, il soggetto depositario del potere di iniziativa disciplinare (art. 14, co. 1 lett. A), R.D.L. 1578/1933 L.P.) e assegnatario della relativa competenza (art. 38, co. 1, 2 e 3, R.D.L. Cit.). (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 21 ottobre 2009). Consiglio Nazionale Forense decisione del 18-10-2011, n. 164

Avvocato - Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Impugnazione - Ricorso al CNF - Presentazione del ricorso a mezzo fax non seguito da deposito dell'originale - Inammissibilità - Delibera di apertura del procedimento - Impugnazione
E' inammissibile il ricorso pervenuto al C.N.F. esclusivamente a mezzo fax e non seguito da ulteriore invio di originale.E' inammissibile il ricorso proposto al CNF avverso la delibera di apertura del procedimento disciplinare. Nell'attuale assetto ordinamentale, infatti, i Consigli territoriali non costituiscono entità gerarchicamente o funzionalmente sotto ordinate al CNF ma si caratterizzano per la più ampia discrezionalità in ordine al se ed al quomodo delle azioni necessarie e sufficienti a realizzare la tutela degli interessi dei quali sono enti esponenziali, dovendo pertanto individuarsi nel Consiglio territoriale, non nel CNF, il soggetto depositario del potere di iniziativa disciplinare (art. 14, co. 1 lett. a), R.D.L. 1578/1933 L.P.) e assegnatario della relativa competenza (art. 38, co. 1, 2 e 3, R.D.L. cit.). (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 21 ottobre 2009). Consiglio Nazionale Forense decisione del 18-10-2011, n. 164

Consiglio Nazionale Forense decisione del 18-10-2011, n. 164

FATTO
Con “ricorso immediato” inviato a mezzo fax a questo Consiglio Nazionale Forense, al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza e alla Procura della Repubblica, l’avv. D. P. chiedeva venisse disposta l’archiviazione del procedimento disciplinare verso di lui aperto e distinto ai numeri 26/2009, 19/2009 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza.
Rappresentava che trattavasi dell’ennesimo capo di incolpazione comunicato a seguito del contenzioso per il pagamento delle parcelle promosso dallo stesso professionista nei confronti di U. A., F. SpA, A. B. e Figli, A. e D. R..
A tale proposito va segnalato come il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza avesse, nella seduta del 21 ottobre 2009, deliberato l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti dell’avv. D. P. contestando i seguenti addebiti:
“per avere, nel giudizio instaurato avanti il Tribunale di Monza R.G. 10364/07 – G.U. dott. Lidia Modignani – scritto nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c. VI comma che il sig. U., amministratore delegato F. M., aveva portato tale società alla rovina eppure aveva ottenuto qualche vantaggio patrimoniale dall’operazione, vantaggio che gli aveva permesso di avere il denaro per acquistare le quote della F. M. e trasferirne le quote (in violazione dei diritti successori dei figli R. e M.).
Per aver, nel giudizio instaurato avanti al Tribunale di Modena R.G. 4809/07 – G.U. dott. Cigarini – scritto nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. VI comma che “non basta: la sig.ra B., dopo essersi fatta conferire apposita delega per operare sul c.c. della madre pochi giorni prima del decesso, il giorno stesso della morte, con il cadavere della propria madre sul letto dove aveva agonizzato per giorni e giorni, non trovava di meglio che andare nella banca della madre e prelevare il contante pari a €. 21.150,00, lasciandovi solamente € 49,26. Così si comportano i fratelli B., questi sono i rapporti famigliari che li legano…fino a soffocarli”, nella seconda memoria aver dato del “vero furfante” all’esponente e nella terza scritto che “l’11 gennaio 2007 (a che ora?) U. mi consegnava (dove?) la somma di € 5.000,00 (in assegni o contanti?). Io che desidero che mi sia posta siffatta domanda e soprattutto sia posta al testimone U. (sotto giuramento), sono ansioso di sentirlo giurare e poi mentire”.
Per aver, nel giudizio instaurato avanti il Tribunale di Bergamo R.G. 263/08 – G.U. dott. Ippolito – scritto che “è la solita solfa cannibalesca: la categoria forense si sta dividendo, o almeno specializzando; anzitutto quelli che lavorano, quelli che fanno le cause vere, anche contro gli stessi colleghi (alle volte lo meritano), in ultimo, in fondo, quelli che fanno le cause ai colleghi (per non far pagar parcella ai loro nuovi clienti, con i quali normalmente si fanno pagare prima)”.
Per aver, nel giudizio instaurato avanti il Tribunale di Monza R.G. 2251/08 – G.U. dott.ssa Sommariva – scritto nell’atto di citazione che il sig. U., Presidente del Consiglio di
Amministrazione della F. spa, è anche il dissimulato socio di maggioranza assoluta, con i figli della sig.ra B., A. e D. R., mediante due società fiduciarie di comodo e che tali società di comodo servono all’unico scopo di sottrarre l’eredità paterna ai figli di A. U., R. e M.. E ancora che il sig. U. consegnò €. 5.000,00 alla sig.ra C. S. (ex moglie del figlio R.), tanto era l’odio del padre, istigato dalla seconda moglie (sig.ra A. B.), nei confronti del figlio R. (e M.) U., eredi della fortuna paterna alla quale da anni si lavorava per svuotarla del contenuto economico.
Per aver dunque divulgato notizie su cui vigeva il segreto professionale, di cui era venuto a conoscenza in virtù dei mandati ricevuti precedentemente da F. spa (e/o da soggetti ad essa collegati tra cui appunto la sig.ra A. B. i suoi due figli A. e D. R.) ed assolutamente ultronee ad avulse rispetto all’oggetto delle cause radicate (pagamento delle proprie prestazioni professionali peraltro, a detta dell’esponente, già retribuite), cause ad oggi ammontanti a circa 65 (!).
Per aver usato, come sopra riportato, frasi assolutamente sconvenienti e/o offensive nei confronti delle controparti (appunto F. spa e/o soggetti ad essa collegati quali i già citati sig.ra A. B. ed i suoi figli di prime nozze A. e D.) nonché nei confronti degli avvocati difensori delle suddette controparti.
Inoltre per aver citato come testi, nei citati vari plurimi giudizi radicati nei confronti della F. spa (e/o dei soggetti sopracitati e alla medesima società collegati) ed aventi per oggetto il pagamento delle sue varie prestazioni professionali, la sig.ra A. Z. e la dott.ssa Paola Molgora, rispettivamente compagna di vita e collaboratrice di studio dell’Avv. P. non imponendo alle medesime il rispetto del segreto professionale, il tutto sempre in riferimento alle notizie ed informazioni relative ai mandati ricevuti dalla F. spa (e/o soggetti ad essa collegati e di cui sopra).
Da ultimo per non aver fornito alcuna risposta alle richieste di chiarimenti rivoltegli da questo Consiglio dell’Ordine. Ciò in violazione degli artt. 5,6,7,8,9,20,22,35, 48 e 49 C.D.F..
In Monza, Bergamo, Modena, Usmate Velate e Sotto il Monte Giovanni XXIII del 31.5.2007 ad oggi”.
Tale procedimento disciplinare scaturiva da un esposto del 5.11.2008 del sig. U. nonché dalla corrispondenza intervenuta fra lo stesso avv. P. e il Consiglio dell’Ordine di appartenenza.
L’avv. P. si duole, con otto motivi, dell’apertura del procedimento nei suoi confronti rilevando di essere già stato giudicato per tutto il contenzioso in essere con la F. SpA, A.
U., A. B., A. e D. R., con il procedimento 9-13-37 definito il 26 ottobre 2009 e del quale dichiarava essere ancora in attesa di conoscere la motivazione.
Osserva ancora come il nuovo capo di incolpazione andava a violare il divieto del bis in idem in quanto già oggetto del procedimento disciplinare definito il 26.10.2009.
Lamenta che essendo stato già oggetto di procedimento disciplinare, non potevano dallo stesso fatto essere estrapolati elementi su cui fondare altri capi di incolpazione, dovendo il Consiglio dell’Ordine territoriale, eventualmente nel primo procedimento, contestare tutti gli aspetti e le violazioni disciplinari .
Lamenta ancora che il capo di incolpazione contestato sia nullo in quanto non proceduto dalla fase preliminare dell’istruttoria.
Osserva ancora come il COA monzese abbia stigmatizzato già nel procedimento disciplinare n. 19/2009, oggetto peraltro di uno specifico punto nel procedimento distinto al n. 26/2009, fatti riguardanti gli atti giudiziari nella procedura n. 2251/2008.
Anche in tal caso vi sarebbe una violazione del divieto del bis in idem.
Lamenta, con il quarto motivo, come non vi sia l’indicazione precisa e determinata degli addebiti e ciò in quanto l’illecito disciplinare contestatogli verrebbe ad interessare genericamente “controparti” impossibili da individuare.
Con il quinto motivo evidenzia come l’art. 24 del codice deontologico non preveda un autonomo illecito disciplinare per la mancata risposta in un procedimento assunto d’ufficio e ciò anche in considerazione del fatto che non si comprende a quale esposto quest’ultimi vadano a riferirsi: in particolare vengono indicati quelli ai numeri 100/2008, 19/2009 o 38/2008.
Con il sesto motivo lamenta l’ asserita violazione dell’art. 20 del codice deontologico per espressioni sconvenienti già oggetto peraltro del procedimento definito in data 26 ottobre 2009 con palese violazione, dunque, del divieto del bis in idem.
Con il settimo motivo riafferma la nullità della contestazione sia per la violazione del divieto del bis in idem che per la indeterminatezza della contestazione stessa, ed in particolare i riferimenti effettuati dal COA sugli artt. 48 e 49 del codice deontologico che si assumono violati.
Con l’ultimo ed ottavo motivo contesta infine la violazione degli altri articoli menzionati nel capo di incolpazione, non sussistendo né potendo essere contestato, null’altro oltre quanto già alla decisione del 26 ottobre 2009 così in particolare la presunta violazione dell’art. 35 del codice deontologico.
Conclude perché il Consiglio Nazionale Forense, in accoglimento dell’impugnazione, rinvii al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza perché: “disponga l’archiviazione del procedimento disciplinare per violazione del divieto del bis in idem”.
Produce copia dell’estratto del verbale del procedimento 37/2008, poi riunito a quello 9- 13/2008 e nel quale si legge che “ai fini di una valutazione complessiva del contenzioso in essere fra …dispone l’acquisizione degli atti…”
DIRITTO
In via preliminare si deve dichiarare l’ inammissibilità del ricorso .
Esso risulta infatti pervenuto a questo Consiglio Nazionale Forense esclusivamente a mezzo fax, non seguito da ulteriore invio di originale .
Lo stesso ricorso risulta essere stato inviato al Consiglio dell’Ordine di Monza sempre a mezzo fax, protocollato in data …..
Non si pone dunque il problema della tempestività del ricorso poiché lo stesso risulta inviato il giorno successivo alla notifica del deliberato di apertura dal procedimento, quanto invece le modalità di invio e deposito dello stesso.
Il COA territoriale ha infatti ricevuto solo comunicazione via fax non seguita dal deposito di copia originale e detto inoltro via fax deve essere interpretato come una anticipazione del deposito dell’originale, necessario per la formalizzazione dell’impugnazione.
Ne consegue, dunque, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile Ma vi è di più.
Nell’attuale assetto ordinamentale, i Consigli territoriali non sono entità né gerarchicamente né funzionalmente sottordinate al Consiglio Nazionale Forense.
Essi si caratterizzano per la più ampia discrezionalità in ordine al se ed al quomodo delle azioni necessarie e sufficienti a realizzare la tutela degli interessi dei quali sono enti esponenziali.
In particolare, per quanto specificatamente attiene all’ambito disciplinare, è il Consiglio territoriale ad essere depositario del potere di iniziativa disciplinare (art. 14, 1° co. Lett. a) R.D.L. 1578/1933 cit.) e assegnatario della relativa competenza (art. 38, 1°, 2° e 3° co. R.D.L. cit.) e non il Consiglio Nazionale Forense, al quale non spetta nemmeno la competenza (men che mai l’iniziativa disciplinare) nei confronti dei membri dei Consigli territoriali che ne risultassero interessati (a seguito di quanto previsto dall’art. 1, d.lgs. Cps 28.5.1947, n. 597 che ha abrogato l’art. 38, 4° co. Cit.); mentre l’iniziativa (e la correlata
competenza) disciplinare spetta a questo Consiglio esclusivamente nei confronti dei propri membri (art. 54, n. 2 R.d.L. cit.).
Del pari, nessuna norma contempla un potere surrogatorio del Consiglio Nazionale Forense nei confronti di uno Consiglio territoriale che non esercitasse l’azione disciplinare, potendo un labile ed indiretto controllo essere esercitato solo se l’inerzia fosse generalizzata (prescindendo, pertanto, dal caso concreto) ed apparisse sintomo di irregolare funzionamento. L’ipotesi non porterebbe nemmeno ad un intervento diretto ma si tratterebbe, al più, della possibilità di sollecitare il potere di commissariamento spettate al Ministro della Giustizia (art. 8, 1° e 3° co. D.lgs., lgt 23.11.1944, n. 382).
In buona sostanza, l’autonomia dei Consigli dell’Ordine – elemento costitutivo primo di quello professionale e suo valore fondante – si manifesta appieno, anche e soprattutto in ambito disciplinare, declinandosi come titolarità esclusiva dell’iniziativa di attivazione del procedimento.
P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 40 n.2, 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578, e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.01.1934, n. 37;
dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’avv. D. P..
Così deciso in Roma lì 22 aprile 2010.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE f.f.
 

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it