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Estorsione

Estorsione - Prendere i soldi dal genitore ricorrendo a comportamento violento - Tentata estorsione - articolo 393 c.p.. - maltrattamenti in famiglia e lesioni in danno della madre (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14914)

Estorsione - Prendere i soldi dal genitore ricorrendo a comportamento violento - Tentata estorsione - articolo 393 c.p.. - maltrattamenti in famiglia e lesioni in danno della madre (Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14914)

Corte di Cassazione Sezione 6 Penale Sentenza del 19 aprile 2010, n. 14914

CONSIDERATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO

Me.To. ricorre, a mezzo del suo difensore, contro la sentenza 22 aprile 2009 della Corte di appello di Napoli, la quale, in parziale riforma della sentenza 29 settembre 2008 del G.U.P. del Tribunale di Napoli, previo riconoscimento dell'attenuante ex articolo 62 c.p., n. 6 - dichiarata equivalente alla contestata recidiva - lo ha condannato alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione per i reati, unificati ex articolo 81 cpv c.p., di tentata estorsione, maltrattamenti in famiglia e lesioni in danno della madre, Ta. Ge. .

I giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza dei tre delitti, ritenendo: a) attendibili e reciprocamente riscontrate le convergenti dichiarazioni dei genitori dell'accusato; b) indiscutibile l'entita' e la causa delle lesioni, certificate nell'immediatezza di uno dei fatti violenti, posti in essere dal figlio nei confronti della madre; c) corretta della qualificazione giuridica del fatto di tentata estorsione di cui al capo A dell'imputazione, in assenza di condizioni legittimanti la pretesa consegna di una somma di denaro.

Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente difesa deduce vizio di motivazione sotto due distinti profili:

1) sul punto della mancata verifica di attendibilita' intrinseca ed estrinseca dei genitori;

2) sulla affermazione della "non legittimita' della pretesa del figlio" di ricevere da denaro dai genitori, considerato che egli all'epoca era privo di lavoro e, per lo stretto legame di parentela, aveva titolo per ottenere un contributo da parte dei genitori stessi.

Il motivo per la parte sub a) e' inammissibile posto che, sotto il profilo di una pretesa inadeguatezza motivazionale, esso finisce con proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, esclusa - senza vizi - nella giustificazione a supporto che e' stata offerta in modo integrato e sintonico dai giudici di merito, i quali hanno rigorosamente ed ampiamente soppesato l'attendibilita' intrinseca ed estrinseca delle conformi dichiarazioni dei genitori dell'imputato.

Invero, per pacifica giurisprudenza, gli aspetti del giudizio, che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi acquisiti, attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimita' se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacita' dimostrativa e che, pertanto, restano inammissibili, in sede di legittimita', le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Cass. pen. sez. 5, 8094/2007 Rv. 236540, Ienco).

Quanto al secondo profilo di doglianza, pur essendo pacifico il principio che l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli articoli 147 e 148 cod. civ., non cessa, "ipso facto", con il raggiungimento della maggiore eta' da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finche' il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell'obbligo non dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un'attivita' economica dipende da un atteggiamento di inerzia di rifiuto ingiustificato dello stesso (Cass. Civ. Sez. 1, 23673/2006 Rv. 592717), Bellini c. Sabatini), va nella specie rilevato come non risulti affatto la prova che le somme, chieste con le modalita' violente che risultano accertate, fossero destinate al "mantenimento" dell'imputato.

Ne consegue che, in difetto di tale essenziale connotazione causale dell'agire del ricorrente, si e' nella specie versificata l'azione esecutiva e la soggettivita' del delitto di estorsione e non la minore fattispecie criminosa disciplinata dall'articolo 393 c.p..

Il ricorso pertanto, nella verificata palese infondatezza delle critiche, formulate alla gravata sentenza, va dichiarato inammissibile con condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.