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Gestione somme del cliente - Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Consales, rel. Santinon), sentenza n. 80 del 28 marzo 2025

Illecito trattenere le somme spettanti al cliente, oltre il tempo strettamente necessario - Trattenimento di somme spettanti al cliente: la rilevanza deontologica prescinde dalla sua eventuale liceità civile o penale - La suitas, quale elemento soggettivo (sufficiente) dell’illecito disciplinare

 Illecito trattenere le somme spettanti al cliente, oltre il tempo strettamente necessario

Vìola il dovere di puntualità e diligenza nella gestione del denaro altrui (art. 31 cdf), l’avvocato che trattiene, oltre il tempo strettamente necessario, le somme spettanti al cliente.  

Trattenimento di somme spettanti al cliente: la rilevanza deontologica prescinde dalla sua eventuale liceità civile o penale

L’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa e di rendergliene conto (art. 31 cdf), a pena di illecito deontologico, che prescinde dalla sussistenza o meno di eventuali rilievi della condotta stessa dal punto di vista penalistico (appropriazione indebita) o civilistico (compensazione), posto che l’ordinamento forense, solo in minima parte influenzato dagli altri, ha nella propria autonomia meccanismi diversi per valutare il disvalore attribuito alla condotta e la sua gravità. Infatti, le ragioni e i principi che presiedono al procedimento disciplinare hanno ontologia diversa rispetto a quelli che attengono al governo dei diritti soggettivi, riguardando la condotta del professionista quale delineata attraverso l’elaborazione del codice deontologico forense e quale risultante dal dovere di correttezza e lealtà che deve informare il comportamento dello stesso; diversi sono i presupposti e le finalità che sottendono all’esercizio disciplinare e che con il provvedimento amministrativo si perseguono; diversa è l’esigenza di moralità che è tutelata nell’ambito professionale. L’illiceità disciplinare del comportamento posto in essere dal professionista deve, pertanto, essere valutata solo in relazione alla sua idoneità a ledere la dignità e il decoro professionale, a nulla rilevando l’eventualità che tali comportamenti non siano configurabili anche come illeciti civili o penali.  

La suitas, quale elemento soggettivo (sufficiente) dell’illecito disciplinare

Ai fini della sussistenza dell’illecito disciplinare, è sufficiente la volontarietà del comportamento dell’incolpato e, quindi, sotto il profilo soggettivo, è sufficiente la “suitas” della condotta intesa come volontà consapevole dell’atto che si compie, dovendo la coscienza e volontà essere interpretata in rapporto alla possibilità di esercitare sul proprio comportamento un controllo finalistico e, quindi, dominarlo. L’evitabilità della condotta, pertanto, delinea la soglia minima della sua attribuibilità al soggetto, intesa come appartenenza della condotta al soggetto stesso, a nulla rilevando la ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causa di giustificazione o non punibilità.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Consales, rel. Santinon), sentenza n. 80 del 28 marzo 2025