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Liquidazione attivo - Vendita - beni - Procedure competitive

Fallimento Liquidazione attivo - Vendita - beni  - Procedure competitive - Necessità - Trattativa privata diretta fra il curatore e il terzo senza alcuna previa pubblicità

L'art. 107 legge fall., pur attribuendo al curatore ampia discrezionalità circa le modalità di vendita dei beni del fallimento, esige che la vendita avvenga previa adeguata pubblicità e tramite procedure competitive, sia che si tratti di vendita con incanto, ovvero per offerte private od in altre forme, ed esclude quindi, in ogni caso, che essa avvenga a trattativa privata diretta tra il curatore e il terzo, senza che altri soggetti abbiano avuto la possibilità di partecipare alla liquidazione con le proprie offerte. Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 27667 del 20/12/2011

Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 27667 del 20/12/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Enrico D'a.. ha proposto innanzi a questa Corte di Cassazione ricorso ex art. 111 Cost., sulla base di due motivi illustrati con memoria per l'annullamento del provvedimento reso in data 19/20 ottobre 2010 dal Tribunale di Salerno recante il nr. 5612/2010, con il quale è stato rigettato il reclamo L. Fall., ex art. 26, avverso il provvedimento di vendita e/o assegnazione del 25.6.2010 di un compendio fallimentare emesso dal giudice delegato al fallimento della Alvi spa a seguito di esperimento di gara.
Con il detto provvedimento il Tribunale di Salerno ha ritenuto che il previo deposito dell'offerta effettuata dal D'a.. ancor prima che venisse indetta la gara restava comunque prodromica all'asta pubblica, sicché - contrariamente a quanto sostenuto dal D'a.. - non era consentito al di fuori della gara nessun comportamento concludente di accettazione dell'offerta da parte del giudice delegato e che, in ogni caso, siffatto comportamento non si era verificato, in quanto l'incasso dei titoli versati dal D'a.. era avvenuto al solo scopo di consentire la custodia delle somme in conto corrente bancario, anziché in cancelleria.
Ha resistito con controricorso il Fallimento Alvi spa che ha altresì presentato ricorso incidentale, articolato in un unico motivo, al quale resiste con controricorso il D'a...
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 105, e segg., perché, a seguito della novellazione della legge fallimentare, le procedure di vendita non devono necessariamente svolgersi con le forme dell'asta pubblica come affermato nel decreto impugnato ma anche con forme diverse che non escludono la possibilità che una proposta irrevocabile venga accettata dagli organi fallimentari anche in assenza di gara.
Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1372 c.c., e segg., poiché, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, l'incasso dei titoli costituiva una manifestazione tacita della volontà di accettare l'offerta. Con l'unico motivo di ricorso incidentale il fallimento della Alvi spa deduce l'inammissibilità del reclamo in quanto tardivamente proposto.
Quest'ultimo motivo va esaminato per primo stante il suo carattere pregiudiziale.
Il motivo è infondato.
Questa Corte in tema di reclamo endofallimentare avverso i decreti del giudice delegato, ai sensi della L. Fall., art. 26 (nel testo vigente anteriormente al D.Lgs. n. 5 del 2006), ha in più occasioni affermato che il termine iniziale di decorrenza per la relativa presentazione coincide con la comunicazione del decreto alla parte, da effettuarsi, di regola, ai sensi dell'art. 136 cod. proc. civ., e segg., ovvero con forme equipollenti, in grado di affermare l'effettiva integrale conoscenza del provvedimento, che però non possono prescindere da un'attività del cancelliere, organo infungibilmente deputato a tale incombenza processuale, secondo il predetto art. 136 c.p.c. e l'art. 45 disp. art. cod. proc. civ. (Cass. 1746/08; Cass. 4698/11).
Non può pertanto ritenersi idonea a far decorrere il termine per proporre il reclamo la mera presenza della parte in udienza (tenutasi il 5.10.10) poiché nel caso di specie il giudice non ha emanato il provvedimento in udienza, ma si è riservato di decidere depositando successivamente, in data 19.10.10, il provvedimento in cancelleria onde, in assenza di una attestazione di presa visione del provvedimento del giudice da parte del ricorrente (attestazione che nel caso di specie manca), deve necessariamente ritenersi che il termine per impugnare decorra dalla data di avvenuta comunicazione del provvedimento a cura della cancelleria.
Venendo all'esame del ricorso principale entrambi i motivi del ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati.
Per quanto concerne il primo motivo, il ricorrente sostiene di avere presentato in data 28.4.10 una offerta irrevocabile di acquisto, cauzionata tramite assegni circolari, su sollecitazione informale del curatore, a suo dire, autorizzata dal giudice delegato, per cui, a seguito del riversamento da parte del curatore degli assegni sul conto corrente del fallimento, si sarebbe verificata una accettazione tacita dell'offerta. Conseguentemente assume che la successiva gara ad offerte in busta chiusa non poteva più essere tenuta essendo il bene immobile già stato ad esso ricorrente aggiudicato. Va in primo luogo osservato che il punto di partenza dell'assunto del ricorrente e, cioè, che egli abbia presentato l'offerta di acquisto a seguito di sollecitazione del curatore, è del tutto indimostrato e se anche vi fosse stata in via di ipotesi detta sollecitazione, ciò non avrebbe comunque significato che per la vendita dell'immobile del fallimento si fosse dato inizio ad una procedura competitiva di vendita.
È infatti appena il caso di ricordare che la L. Fall., art. 107, prevede che la vendita dei beni del fallimento deve avvenire tramite procedure competitive per dar corso alle quali è necessario che il curatore predisponga "adeguate forme di pubblicità e la massima informazione e partecipazione degli interessati". L'assunto del ricorrente, secondo cui le modifiche introdotte dalla recente novellazione della legge fallimentare in tema di liquidazione dell'attivo consentirebbero di prevedere la proposizione di offerte irrevocabili di acquisto anche a prescindere dalla tenuta di una asta pubblica, non appare accettabile in quanto contrasta in modo evidente con il disposto della citata L. Fall., art. 107, laddove (a prescindere dalla esatta di individuazione di che cosa debba intendersi per asta pubblica) sembra sostenere che la vendita di un immobile possa avvenire in assenza di una procedura competitiva. La citata L. Fall., art. 107, infatti, consente certamente una ampia discrezionalità al curatore circa le modalità di vendita dei beni, nel rispetto sempre però del principio che la vendita avvenga con una procedura competitiva sia essa tramite incanto oppure tramite offerte private o altre forme. Deve però escludersi che la vendita possa avvenire a trattativa privata diretta tra il curatore ed un terzo senza che vi sia stata la possibilità per altri soggetti di partecipare con le loro offerte alla liquidazione.
Nel caso di specie ciò che il ricorrente invoca è che venga riconosciuta, in contrasto - come detto - con la L. Fall., art. 107, validità ad una asserita vendita a trattativa privata effettuata senza alcuna pubblicità e senza competizione a seguito di una presunta sollecitazione da parte del curatore ad un soggetto privato ed alla accettazione per facta concludentia della di lui offerta tramite l'incasso degli assegni prestati a cauzione. Deve invece ritenersi che, in assenza di tali forme di pubblicità, alla data del 28.4.10 non era stato dato corso ad alcuna procedura di vendita. L'offerta presentata dal ricorrente in quella data non può dunque essere interpretata che come una offerta effettuata in prevenzione per il momento in cui la gara per l'immobile sarebbe stata indetta dal fallimento. Ciò è del resto confermato dal fatto che, quando venne indetta dal fallimento la gara in data 17.5.10, il D'a.. propose istanza di partecipazione chiedendo che l'istanza stessa venisse considerata già cauzionata sulla base degli assegni a suo tempo consegnati alla procedura e di fatto partecipò alla gara. Quest'ultima, come risulta con tutta evidenza dal provvedimento con cui gli organi fallimentari hanno disposto la vendita dell'immobile, il cui testo è pressoché integralmente riportato dal fallimento resistente nel controricorso, prevedeva sostanzialmente una doppia fase: una prima costituita dalla presentazione di offerte irrevocabili in busta chiusa unitamente al deposito di un assegno circolare ed una seconda avente inizio con l'apertura delle buste nel giorno fissato nel decreto e, in caso di presentazione di più offerte con la successiva gara al rialzo tra gli offerenti. Si trattava di una procedura di tipo competitivo, come previsto dalla L. Fall., art. 107, ai fini della cui regolarità era indispensabile attenersi, a partire dagli organi fallimentari, alle modalità prefissate ed in base alla quale appare del tutto corretta l'affermazione del decreto del tribunale secondo cui il mero deposito di una offerta irrevocabile non poteva dar luogo ad alcuna accettazione diretta da parte degli organi della procedura proprio perché altri soggetti potevano presentare analoga offerta, cosa nella realtà verificatasi e perché in tal caso solo a seguito dell'esito della gara poteva individuarsi l'acquirente e conseguentemente perfezionare la vendita. Quanto al secondo motivo, privo di consistenza è l'assunto secondo cui il riversamento dell'assegno depositato sul conto corrente del fallimento avrebbe costituito accettazione. È infatti di tutta evidenza che si è trattato di una mera forma di conservazione della somma ricevuta, a garanzia anche di una eventuale sottrazione possibile nel caso di detenzione materiale dell'assegno, senza che ciò abbia comportato alcun comportamento concludente di accettazione dell'offerta anche perché ciò era espressamente escluso dal provvedimento con cui veniva disposta la vendita che espressamente prevedeva che "non vi era alcun obbligo o impegno per la procedura fallimentare di alienazione nei confronti di eventuali offerenti fino al momento della comunicazione dell'accettazione dell'offerta di acquisto". Il ricorso principale va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l'incidentale, e condanna il D'a.. al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3.500,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

 

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