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Curatore fallimentare - Responsabilità - Deposito delle somme afferenti alle attività di gestione in libretto bancario nominativo intestato alla procedura fallimentare

Fallimento - Curatore - Responsabilità - Deposito delle somme afferenti alle attività di gestione in libretto bancario nominativo intestato alla procedura fallimentare - Indebiti prelievi da parte di terzi - Omessa custodia del libretto del fallimento - Responsabilità del curatore - In tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, l'intervenuta delega a terzi di custodia del libretto bancario intestato alla curatela e l'omissione di ogni controllo sulle relative operazioni bancarie costituiscono violazione del principio di in trasmissibilità delle funzioni di curatore e dell'obbligo di custodia del libretto; in tal caso, pertanto, eventuali indebiti prelievi da parte di terzi o di dipendenti della banca non costituiscono evento interruttivo del nesso di causalità tra la condotta negligente del curatore e l'evento dannoso. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 710 del 13/01/2011

Fallimento - Curatore - Responsabilità - Deposito delle somme afferenti alle attività di gestione in libretto bancario nominativo intestato alla procedura fallimentare - Indebiti prelievi da parte di terzi - Omessa custodia del libretto del fallimento - Responsabilità del curatore - In tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, l'intervenuta delega a terzi di custodia del libretto bancario intestato alla curatela e l'omissione di ogni controllo sulle relative operazioni bancarie costituiscono violazione del principio di in trasmissibilità delle funzioni di curatore e dell'obbligo di custodia del libretto; in tal caso, pertanto, eventuali indebiti prelievi da parte di terzi o di dipendenti della banca non costituiscono evento interruttivo del nesso di causalità tra la condotta negligente del curatore e l'evento dannoso. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 710 del 13/01/2011

Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 710 del 13/01/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - Con atto di citazione notificato l'8 ottobre 1997, il Banco di Napoli convenne in giudizio il dott. Sandro Ferraro già curatore del fallimento di Da.. Antonio chiedendo accertarsi l'esclusiva responsabilità dello stesso nella sottrazione delle somme depositate sul libretto di deposito a risparmio ordinario nominativo intestato al fallimento presso lo stesso Banco di Napoli, con la condanna del convenuto al pagamento dell'importo di L. 222.625.568.

Premesso di aver stipulato, in data 13 maggio 1997, un atto di transazione con cui, al fine di evitare la controversia insorta con il fallimento, aveva versato allo stesso la predetta somma, rendendosi cessionario di tutti i diritti e le ragioni di credito vantati dalla massa dei creditori nei confronti del curatore, sostenne che quest'ultimo, in qualità di unico soggetto legittimato ad eseguire operazioni di versamento e di prelievo era venuto meno agli obblighi di vigilanza e di controllo sulla regolare gestione delle attività acquisite alla procedura ed all'osservanza delle disposizioni del contratto di deposito, in quanto non aveva curato scrupolosamente la custodia del libretto, ma lo aveva consegnato ad un soggetto non autorizzato dal giudice delegato, consentendo a persone non legittimate di eseguire operazioni di prelievo.

1.1. - Si costituì il convenuto, contestando la fondatezza della domanda e chiedendo di essere autorizzato a chiamare in garanzia la Milano Assicurazioni S.p.a. con la quale aveva stipulato una polizza di assicurazione a copertura dei rischi derivanti dall'attività professionale.

1.2. - A seguito della chiamata in causa, si costituì la Milano Assicurazioni, chiedendo il rigetto sia della domanda principale che di quella di garanzia.

2. - Con sentenza del 10 settembre 2003, il Tribunale di Napoli accolse parzialmente la domanda, dichiarando la concorrente responsabilità del Ferraro e del Banco di Napoli nella produzione dell'evento dannoso, condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 54.488.25 pari alla metà dell'importo richiesto, e rigettando la domanda di garanzia proposta nei con fronti della Milano Assicurazioni.

3. - Sull'impugnazione del Ferraro e della Sanpaolo IMI S.p.a. che aveva incorporato il Banco di Napoli con atto di fusione per notaio Morone del 18 dicembre 2002. la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 13 maggio 2005. ha confermato la sentenza impugnata, nella parie relativa alla condanna del curatore, accogliendo invece l'appello proposto da quest'ultimo nei confronti della Milano Assicurazioni, e condannando la stessa a rimborsare al Ferraro tutte le somme corrisposte al Banco di Napoli, al netto dello scoperto contrattualmente previsto.

4. - Avverso la predetta sentenza il Ferraro propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Resistono con controricorso la Sanpaolo IMI e la Milano Assicurazioni, quest'ultima proponendo ricorso incidentale adesivo ed autonomo, al quale il ricorrente resiste con controricorso. La Sanpaolo IMI ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 14 marzo 1942, n. 267, art. 38, art. 1203 c.c., comma 3 e art. 1299 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione da lui sollevata.
Sostiene infatti che la Corte d'Appello, pur riconoscendo che la legittimazione all'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti del curatore revocato spetta esclusivamente al nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ha fatto prevalere sulla disciplina speciale di cui all'art. 38 L. Fall., quella generale di cui agli artt. 1203 e 1299 cod. civ. ravvisando il fondamento della legittimazione del Banco di Napoli nella cessione dei diritti prevista dalla transazione stipulata con il fallimento: a sostegno di tale assunto, essa ha richiamato l'autorizzazione precedentemente rilasciata dal giudice delegato per l'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del nuovo curatore e quella del Tribunale fallimentare alla stipulazione della transazione, in tal modo confondendo le (unzioni del giudice delegato con quelle del tribunale, e ritenendo che terzi possano essere autorizzati ad esercitare azioni in surroga del fallimento.

1.1. - Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha infatti accertato che a seguito della revoca del ricorrente dall'incarico di curatore del fallimento di Da.. Antonio, determinata dalla scoperta dell'avvenuta esecuzione di prelievi non autorizzati sul libretto di deposito intestato alla procedura, il nuovo curatore dapprima richiese al Banco di Napoli il ripristino del saldo originario, e successivamente pervenne alla stipulazione di una transazione, nell'ambito della quale l'Istituto di credito, pur contestando la propria corresponsabilità, si obbligò a restituire l'importo illegittimamente prelevato contro la rinuncia del curatore all'esercizio dell'azione risarcitoria nei suoi confronti e la cessione dei diritti vantati dalla massa nei confronti del Ferraro.

Orbene, in riferimento all'azione proposta nei confronti del curatore revocato, occorre distinguere la posizione del curatore nominato in sostituzione dello stesso, il quale faccia valere la responsabilità prevista dall'art. 38 della legge fall., da quella del terzo corresponsabile del danno arrecato alla massa che. avendo provveduto al risarcimento, si sia surrogato nei diritti vantati dal fallimento nei confronti del curatore revocato ai sensi dell'art. 1203 c.c., n. 3 ovvero agisca in regresso ai sensi dell'art. 1299 cod. civ.: il primo agisce in qualità di organo della procedura, in virtù della legittimazione attribuitagli in via esclusiva dall'art. 38 cit. a tutela degli interessi del fallimento, laddove il secondo agisce in virtù di un'autonoma legittimazione, derivante dal subingresso nelle ragioni del fallimento o dal pagamento eseguito in favore di quest'ultimo.

Solo nel caso di cui all'art. 1203, n. 3 detta legittimazione si ricollega a quella del fallimento, comportando la surrogazione una successione del terzo che ha pagato nei diritti del creditore, mentre nel caso di cui all'art. 1299 il pagamento da luogo ad un nuovo rapporto, fonte di un distinto credito a favore del corresponsabile. In nessuna delle due ipotesi, tuttavia, il terzo viene a porsi come sostituto del curatore, in quanto egli agisce a tutela di un interesse proprio e non già di quello del fallimento, ormai soddisfatto per effetto dell'avvenuto pagamento. Nè la predetta successione contrasta con intrasmissibilità delle funzioni del curatore, la quale esclude che l'esercizio di tali funzioni possa essere affidato ad altri soggetti. in assenza dei presupposti di cui all'art. 32 della legge fall., ma non impedisce il trasferimento a terzi dei diritti vantati dal fallimento.

Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha escluso che la proposizione della domanda da parie del Banco di Napoli nei confronti del curatore revocato richiedesse l'autorizzazione del Giudice delegato, prescritta dall'art. 38, comma 2, della legge fall., a tutela degl'interessi del fallimento contro il pericolo di azioni avventate da parte del curatore, ed ha rinvenuto il fondamento della legittimazione dell'Istituto nel pagamento da esso eseguito in favore del fallimento in adempimento della transazione, autorizzata dal Tribunale fallimentare - ai sensi dell'art. 35 della legge fall.. 2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, artt. 32 e 34 e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurando la semenza impugnata nella parie in cui ha ritenuto che egli avesse delegato a terzi le attribuzioni del proprio ufficio, avendo lasciato in custodia ad un impiegato del Banco di Napoli il libretto di deposito intestato al fallimento.

In tal modo, a suo avviso, la Corte d'Appello ha travisato le risultanze probatorie, costituendo circostanza pacifica che il libretto era stato depositato presso il Banco di Napoli in custodia "a dossier titoli", e non potendo ravvisarsi in questa forma di affidamento una delega di funzioni, ed in particolare del potere di ritirare le somme depositale, in quanto a lai fine non era sufficiente la presentazione del libretto, ma occorreva la presenza del curatore ed un mandato di pagamento emesso da giudice delegato, nonché il compimento delle operazioni prescritte dalle disposizioni del Presidente del Tribunale fallimentare.

2.1. - Il motivo è inammissibile, in quanto, sotto l'apparenza di una misura mossa alla qualificazione data dalla sentenza impugnata all'affidamento del libretto, propone in realtà un diverso apprezzamento dei fatti, non consentito in questa sede, non spettando a questa Corte il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatti dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. ex plurimis Cass. Sez. lav. 23 dicembre 2009, n. 27162, 11 luglio 2007, n. 11489).

La Corte d'Appello ha infatti individuato il fondamento della responsabilità del ricorrente nella violazione del principio di intrasmissibilità delle funzioni del curatore, sancito dall'art. 32 della legge fall., nonché nella violazione dell'obbligo di custodia del libretto, specificamente posto a carico del curatore dall'art. 2 delle norme emanate dal Presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli per disciplinare la gestione dei depositi fallimentari, osservando come l'intervenuta delega a terzi della custodia del libretto e l'omissione di ogni controllo al riguardo emergessero dalle stesse denunzie penali presentate dal Ferraro, nelle quali egli aveva dichiarato di aver avuto percezione gl'illegittimi prelievi solo a distanza di quasi due anni dall'effettuazione degli stessi.

Tale ragionamento ha la sua premessa nel rilievo che il Ferraro aveva lasciato il libretto nella custodia dell'impiegato dal Banco di Napoli Carmine Lau.., circostanza questa che la Corte d'Appello ha espressamente ritenuto incontroversa, e che i ricorrente intenderebbe porre in discussione in questa sede, invocando in contrario le risultanze di documenti e testimonianze, senza peraltro riportarne il contenuto e senza neppure indicare la sede processuale in cui i documenti sarebbero stati prodotti e le prove testimoniali acquisite, in dispregio del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr. Cass. Sez., lav. 30 luglio 2010. n. 17915; Cass. Sez. 2^ 14 ottobre 2010. n. 21224; Cass. Sez. 1^ 28 febbraio 2006 n. 4405).

3. - Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione e l'erronea e/o mancata applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c. o art. 2042 cod. civ. e dell'art. 40 c.p. e art. 41 c.p., comma 2. Premesso che il mero possesso del libretto di deposito da parte di terzi non consentiva l'effettuazione di prelievi senza la collaborazione dei dipendenti del Banco di Napoli, sostiene che. anche a voler ammettere che egli sia incorso in una violazione dei doveri di ufficio, l'illegittimo comportamento della banca e dei suoi dipendenti, sostanziatosi nella violazione dell'art. 34 della legge fall., e delle disposizioni adottate dal Presidente del Tribunale fallimentare, avrebbe determinato l'interruzione del nesso di causalità tra la sua condotta negligente e l'evento dannoso, configurandosi il predetto comportamento come un fatto sopravvenuto di per sè idoneo a determinarlo.

3.1. - Il motivo è infondato.

È pur vero che, in riferimento ad un'analoga fattispecie di indebito prelievo di somme dal deposito bancario intestato ad un fallimento, causato dall'affidamento del relativo libretto in custodia ad un terzo, la responsabilità del curatore è stata esclusa in base al duplice rilievo che la natura nominativa del libretto, comportando il preciso obbligo della banca di accertare la legittimazione del soggetto che si presenta per compiere le operazioni sul medesimo, costituisce una garanzia per il titolare, in quanto, anche se il libretto venisse a trovarsi in mani altrui, non per questo sarebbe possibile l'effettuazione di prelievi indebiti, e che nel caso dei depositi fallimentari un'ulteriore garanzia è rappresentata dall'art. 34, comma 2, della legge fall., il quale, subordinando l'effettuazione del prelievo all'emissione di un apposito mandato da parte del giudice delegalo, prevede un impedimento non superabile e consente al tempo stesso di individuare agevolmente le eventuali operazioni illecite (cfr. Cass. Sez. 1, 30 aprile 2005, n. 9026).

Tale affermazione si iscriveva tuttavia in un quadro processuale, posto in risalto dalla stessa sentenza richiamata, caratterizzato dalla preclusione di qualsiasi valutazione in ordine alla violazione di specifici obblighi incombenti sul curatore nei confronti del fallimento circa la tenuta del libretto, e dalla conseguente affermazione che il comportamento del curatore doveva essere valutato come se si fosse trattato di un qualunque cliente della banca, il quale può lecitamente affidare il libretto in deposito ad un terzo, non avendo l'obbligo di custodirlo personalmente. Questa premessa non può essere utilmente invocata in riferimento alla fattispecie in esame, nella quale il fondamento della responsabilità del curatore è stato ravvisato, conformemente a quanto ritenuto da questa Corte in un caso analogo, nella violazione dell'obbligo di custodia del libretto specificamente gravante sul ricorrente in qualità di curatore del fallimento, e nella considerazione che, se il libretto nominativo fosse rimasto nella sua custodia, nessun uso improprio sarebbe stato possibile da parte dei dipendenti della banca o di terzi (cfr. Cass. Sez. 1^ 13 luglio 2007, n. 15668).

4. - È invece inammissibile il ricorso incidentale adesivo, con cui la Milano Assicurazioni si associa alle censure proposte dal ricorrente, facendole proprie e chiedendo a sua volta, per gli stessi motivi, la cassazione della sentenza impugnata.

4.1. Il controricorso della Milano Assicurazioni risulta in atti notificato in data 18 novembre 2005, e quindi successivamente alla scadenza del termine di cui all'art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente dal 24 giugno 2005, data della notificazione della sentenza impugnata al procuratore costituito della controricorrente. Nè possono trovare applicazione nella specie i termini previsti dall'art. 334 cod. proc. civ. per l'impugnazione incidentale tardiva, avuto riguardo al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui il ricorso incidentale volto ad ottenere la cassazione della sentenza per le medesime ragioni già fatte valere con i ricorso principale, in quanto proposto a tutela di un interesse della parte che sorge non per effetto dell'impugnazione altrui, ma in conseguenza dell'emanazione della sentenza, non si sottrae all'onere dell'osservanza dei termini ordinari di impugnazione (cfr. Cass. Sez. 5^, 25 gennaio 2008, n. 1610; Cass. Sez. 1^ 21 marzo 2007, 6807).

5. - È parimenti inammissibile, in quanto tardivamente proposto, il ricorso incidentale autonomo, con cui la Milano Assicurazioni deduce l'omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonché la violazione e/o la falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 28 e del D.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1067, artt. 1 e ss.. censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto la domanda di garanzia proposta dal Ferraro nei suoi confronti, sul presupposto che, in mancanza di un'espressa clausola di esclusione contenuta nella polizza di assicurazione, i danni derivanti dall'esercizio della funzione di curatore fallimentare dovevano considerarsi inclusi nel rischio assicurato, in quanto inerenti ad un'attività da ricomprendersi tra quelle che normalmente possono essere esercitine dai commercialisti nell'ambito della loro professione. 5.1. - Nel caso di chiamata in causa per garanzia impropria, che si verifica allorché colui che sia stato convenuto in giudizio dall'attore intende essere rilevato dal garante di quanto sia eventualmente condannato a pagare, l'azione principale e quella di garanzia sono infatti fondate su due titoli diversi, sicché le due cause sono distinte e scindibili. Pertanto, ove il convenuto soccombente abbia impugnato in via principale la sentenza di condanna esclusivamente nei confronti dell'attore, notificando l'impugnazione al terzo chiamato in primo grado in garanzia impropria, ai sensi dell'art. 332 cod. proc. civ. è inammissibile l'impugnazione incidentale tardivamente proposta da quest'ultimo nei confronti dell'impugnante principale, non trovando applicazione l'art. 334 c.p.c., comma 1, giacché la domanda principale e quella di garanzia danno luogo a cause scindibili (cfr. Cass,. Sez. 2^ 22 gennaio 2010, n. 1197).

6. - Le spese del giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la San paolo IMI e le altre parti; nei rapporti tra il Ferraro e la Milano Assicurazioni, l'oggettiva incertezza determinata dal diverso esito dei due precedenti gradi di giudizio fa apparire giustificata l'integrale compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna Ferraro Sandro e la Milano Assicurazioni S.p.a. al pagamento in favore della Sanpaolo IMI S.p.a. delle spese processuali, che si liquidano in Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 200.00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge; dichiara interamente compensate le spese processuali tra Ferraro Sandro e la Milano Assicurazioni S.p.a.. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2011

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