Condominio: partecipazione delegata all’assemblea -Trib. Palermo 05 febbraio 2024, n. 728
La previsione dell’art. 67 disp.att.c.c. si applica a tutti i condomìni, indipendentemente dal numero dei partecipanti. - Trib. Palermo 05 febbraio 2024, n. 728 – Commento a cura di Adriana Nicoletti, Avvocato del Foro di Roma
L’inderogabilità dell’art. 67 disp.att.c.c. - sancita dall’art. 72 disp.att.c.c. e posta a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente - riguarda solo l’eventuale norma regolamentare più permissiva che preveda un numero di deleghe maggiore rispetto a quello massimo previsto dalla legge, ma non anche l’eventuale previsione di una disposizione regolamentare più rigorosa che, facendo applicazione della illustrata ratio sottesa alla norma di legge, si spinga a prevedere un numero di deleghe ancor più basso di quello previsto dall’art. 67 disp.att.c.c.
L’art. 67 disp.att.c.c., riguardante la rappresentanza in assemblea, è stato notevolmente modificato con l’entrata in vigore della riforma del condominio. Nella precedente versione, infatti, non era prevista alcuna disposizione che limitasse il numero delle deleghe da conferire per la partecipazione all’assemblea. Unico sbarramento poteva essere rappresentato dalla sussistenza di un regolamento di condominio, che determinasse il numero di deleghe di cui ciascun condomino potesse essere portatore, al di là delle dimensioni del condominio.
A tale proposito, con sentenza riferita ad un caso sottoposto al previgente sistema normativo, era stato affermato che “la modifica del regolamento condominiale, non contrattuale, adottato con la deliberazione della maggioranza dei partecipanti al condominio, nel senso di limitare il potere dei condomini stessi di farsi rappresentare nelle assemblee, riducendolo a non più di due deleghe, conferite ad altri partecipanti alla comunione per ogni assemblea, non incide sulla facoltà di ciascun condomino di intervenire in questa a mezzo di rappresentante (art. 67, co. 1, disp. att. cod. civ.), ma regola l'esercizio di quel diritto, inderogabile (secondo quanto si evince dal successivo art. 72) a presidio della superiore esigenza di garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell'interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente” (Cass. n. 5315/1998). Seguita da altra decisione (Cass. n. 8015/2017) secondo la quale, “la inderogabilità della clausola regolamentare, che limiti il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee, determina un vizio nel procedimento di formazione della delibera, con conseguente annullabilità della stessa, ove all’assemblea partecipi un rappresentante fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento non rilevando, a tal fine, il carattere determinante del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l'approvazione della deliberazione”.
L’attuale versione dell’art. 67 cit. dispone che “se i condomini sono più di venti” il numero delle deleghe affidato a ciascun condomino non può essere superiore a “un quinto dei condomini e dei millesimi”. Sulla base di tale norma e sulla scorta della precedente giurisprudenza, il Tribunale ha affermato da un lato che la disposizione deve valere per tutti i condomìni, qualunque ne siano le dimensioni e, dall’altro, che la eventuale clausola regolamentare può essere più rigorosa rispetto a quanto stabilito dal Codice civile ma non, implicitamente, più permissiva nel senso di definire il numero delle deleghe ammissibili in entità maggiore di quelle previste dal legislatore.