Sanità pubblica – posti letto – strutture sanitarie accreditate – flessibilità. Cons. St., sez. III, 21 giugno 2019, n. 4284
Sanità pubblica – posti letto – strutture sanitarie accreditate – flessibilità. Cons. St., sez. III, 21 giugno 2019, n. 4284, commento a cura dell’Avv. Silvia Albanese.
Fatto. L’appellante presentava ricorso avverso la sentenza di primo grado che rigettava la domanda di annullamento di un decreto recante l’approvazione dei protocolli di valutazione per le verifiche di appropriatezza, legittimità e congruità delle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture accreditate.
In particolare, i rilievi critici riguardavano l’unità organizzativa da prendere in considerazione per determinare il tasso di occupazione di una struttura ospedaliera, disputandosi se questa dovesse coincidere con l'area funzionale omogenea medica o chirurgica - A.F.O. o con le singole discipline accreditate nell'ambito di ciascuna A.F.O.
Decisione. Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso.
Il costrutto argomentativo posto a fondamento della decisione trae spunto dalla lettura sistematica delle prescrizioni contenute nella legge regionale di riferimento: si ritiene che la rimodulazione dei posti letto (per loro diversa articolazione o distribuzione) non possa prescindere da formali atti di revisione delle dotazioni tabellari.
Questo compito è assegnato al nuovo Piano Sanitario Regionale, con il quale, nonostante rimanga invariato il numero dei posti letto complessivamente riconosciuti a ciascuna struttura privata accreditata e delle discipline accreditate, possono essere modificati i numeri dei posti letto riconosciuti per singole discipline e la loro articolazione strutturale sia per le singole strutture sia per i gruppi.
In tal modo, la flessibilità del sistema si pone come una esigenza di medio-lungo periodo, ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue susseguenti revisioni, sicché nell'ambito di ciascuna A.F.O., la loro ripartizione/quantificazione per singole discipline accreditate.
Secondo il Collegio, rimane in ogni caso la persistente rigidità della programmazione tabellare dei posti letto: elementi di conferma si traggono dalle linee della programmazione sanitaria regionale, in cui si afferma che una programmazione puntuale per posti letto per specialità e per presidio ingesserebbe il sistema per lungo tempo e non corrisponderebbe a quelle esigenze di flessibilità che un processo di riqualificazione richiede.
Ne deriva che la pianificazione prevista è oggetto di verifica periodica per poter intervenire, in modo sollecito, con eventuali atti di revisione ed aggiustamento.
Tuttavia, la flessibilità non deve essere intesa, secondo il Collegio, come facoltà della struttura privata di operare in deroga al numero di posti letto assegnati alle singole discipline, secondo uno schema variabile e non predefinito, rimesso alla sua piena discrezione e, quindi, di assai difficile previsione e controllo da parte dell’ente regionale.
A ciò si aggiunga un altro dato letterale: il limite della “esclusiva pertinenza specialistica” presente tra le condizioni elencate ai fini della producibilità delle prestazioni a regime di ricovero, è coerente con l’idea secondo la quale le prestazioni producibili sono pur sempre quelle rapportate al numero di posti letto accreditati e pertinenti alla disciplina specialistica alla quale il paziente trattato è assegnato; ferma restando la possibilità di modificare tale assetto, attraverso atti formali di revisione delle dotazioni iniziali, in grado di riallinearle alle sopravvenute esigenze del medio-lungo periodo.
Inoltre, la rilevanza della interscambiabilità va riconosciuta nei limiti dei periodici atti di revisione dell’assetto della pianificazione delle dotazioni assegnate; non può invece essere intesa come una frontiera mobile in grado di legittimare l’estemporanea messa a frutto dell’intera dotazione dei posti letto assegnati all’AFO, indipendentemente dal loro riparto tra singole discipline ricomprese nella medesima area funzionale.
Ciò è avvalorato dal fatto che una tale libertà gestionale si pone in evidente dissidio logico con il modello dell’accreditamento, ed è scarsamente plausibile che il legislatore regionale abbia voluto conferirla ai privati, senza disciplinarla nel dettaglio e senza definirne parametri, limiti e condizioni.
Peraltro, quanto al meccanismo ed alla logica di funzionamento dell’accreditamento, è noto che i ricoveri presso le strutture accreditate presentano carattere programmato (e non urgente), sicché per tali strutture non si pone un’esigenza di garanzia all’utenza del posto letto (come ad es. per i pazienti provenienti da pronto soccorso) - e quindi di pieno utilizzo delle dotazioni disponibili - tipica, invece, delle strutture pubbliche.
Pertanto, avallare il libero interscambio dei posti letto vorrebbe dire vanificare il fine della programmazione dei ricoveri e consentire alla struttura accreditata di prescindere dalle prestazioni e dalle attività concordate (per specifica tipologia e quantità) con la ASL.
Il Collegio, infatti, ritiene che l’esigenza di un utilizzo massimamente efficiente e flessibile delle dotazioni, finalizzato a ridurre i tempi di attesa per l’erogazione delle prestazioni non si addice alla natura programmata dei ricoveri presso le strutture accreditate e al carattere rigido e vincolante della pianificazione sanitaria.
In secondo luogo, neppure si adatta al carattere integrativo e selettivo delle prestazioni contrattualizzate con l’operatore privato, destinate a colmare - sulla base di un vincolo negoziale cogente - un fabbisogno ed una esigenza assistenziale selezionati e contingentati.
Da ultimo, la flessibilità può, al più, essere riconosciuta e soddisfatta in situazione residuali, caratterizzate da carattere di eccezionalità.
Alla luce di tali osservazioni, richiamando anche la precedente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2011, n. 4359), ne consegue che risulta legittima la pretesa della Regione a che in ogni giornata di degenza il numero dei ricoverati corrisponda esattamente alla specifica disciplina di riferimento e non alla dotazione complessiva dell’Area funzionale.
Si tratta di enunciazioni di principio che rivestono valenza generale, in quanto insite nella logica del sistema della remunerazione delle prestazioni rese in regime di accreditamento.
Si deve concludere, infatti, che il collegamento tra il numero dei posti letto e specialità stabilito, prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni, è vincolante e il superamento delle degenze giornaliere previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura se non invia di eccezione a meno di non compromettere l'interesse pubblico al controllo della spesa sanitaria e alla corretta destinazione delle risorse disponibili.
In conclusione, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso e compensa le spese, ritenendo infondate le ragioni dell’appellante che pretendeva di sterilizzare la portata generale di tali statuizioni, riconducendole nei confini dello specifico caso scrutinato, per i tratti differenziali che lo farebbero divergere dalla fattispecie in oggetto.