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Delitti contro il patrimonio – rapina (art. 628 c.p.) – aggravante del mezzo fraudolento (art. 625 n. 2, c.p.) –  nozione di “violenza “impropria”

“per violenza alla persona s'intende non solo la violenza propria (vis corporis corpori data) ossia l'impiego di forza fisica nei confronti della persona offesa al fine di togliergli la libertà di movimento, ma anche la cd violenza impropria che si verifica quando l'agente priva comunque coattivamente la volontà di autodeterminazione della persona offesa che, quindi, è costretto a fare, tollerare od omettere di fare qualcosa contro la propria volontà”. Cassazione Penale, Sez. II, Sent. N. 24491, data udienza: 07/05/2019 – data deposito: 31/5/2019. Commento a cura dell’Avv. Emanuele Lai.

I giudici della II Sezione della Corte di Cassazione venivano chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto dal difensore dell’interessato avverso un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nella quale al medesimo veniva contestato il delitto di rapina.

La doglianza si fonda sull’erronea interpretazione della norma in parola, sul presupposto che un corretto inquadramento normativo avrebbe condotto il giudice della cautela a riqualificare il fatto quale furto in abitazione aggravato dal mezzo fraudolento.

In effetti, la vicenda processuale trae origine dalla condotta del ricorrente il quale, in concorso con alcuni sodali, irrompeva all’interno dell’appartamento delle persone offese con indosso l’uniforme da carabinieri.

Con la scusa di dover perquisire l’abitazione e previa esibizione dei tesserini contraffatti, i correi effettuavano il pretestuoso sopralluogo “costringendo” le vittime a seguire alcune indicazioni (esibizione dei documenti, consegna di alcune armi legittimamente detenute, etc.)

La questione attiene, dunque, all’esatta interpretazione della nozione di “violenza” di cui all’art. 628 c.p., dovendo tale condotta, piuttosto, integrare – secondo la ricostruzione della difesa – un artifizio rilevante quale mera circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 2, c.p.

La Corte di Cassazione, non condividendo la posizione dell’interessato, ha invece evidenziato come la condotta incriminata, avendo avuto come risultato la coartazione della volontà delle persone offese rispetto all’Autorità falsamente rappresentata così da consentire all’interessato di introdursi senza alcun ostacolo all’interno dell’abitazione in questione, integri pienamente il concetto di violenza, strumentale alla consumazione della rapina.

Tale impostazione, peraltro, muove i passi da altra giurisprudenza secondo la quale la nozione di violenza alla persona sia da intendersi in senso lato, non alla stregua dell'impiego di forza fisica nei confronti del soggetto passivo al fine di contenerne i movimenti, bensì in senso più ampio, tale da ricomprendervi altresì la “violenza psichica” (o impropria), che si verifica allorquando l'agente coarti in altra maniera la libera autodeterminazione della persona offesa, che, per l'effetto, è costretta a fare, tollerare od omettere di fare qualcosa, contro la propria volontà.

Una simile definizione sembra far leva soprattutto sul concreto risultato della condotta che non sulla condotta in sé considerata, la quale, pertanto, è fatta rientrare entro la nozione di violenza alla persona (a prescindere dal suo carattere fraudolento) purché abbia come risultato quello di spiegare una certa efficacia sulla volontà della persona offesa, coartandola.

Prosegue la Corte evidenziando come valga a integrare la condotta di cui all’art. 628, c.p. qualsiasi atto o fatto che abbia, appunto, quale risultato la coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto passivo, che viene per l'effetto indotto, contro la propria volontà, a fare, tollerare o omettere qualche cosa, indipendentemente dall'esercizio su di lui di una vera e propria costrizione fisica.

A scanso di equivoci, i giudici precisano che, pur potendo astrattamente integrare il mezzo fraudolento previsto dall’aggravante di cui all’art. 625 c.p., la condotta dell’interessato, consistente nella falsa rappresentazione di sé stesso quale appartenente all’Arma dei carabinieri, assuma nella sua dimensione concreta il carattere della vis.

A ben vedere, infatti, rispetto all’originario espediente fraudolento, si susseguivano una pluralità di segmenti di azioni ben più incisive le quali finivano con l'assorbire e sovrapporsi al semplice mezzo fraudolento.

Per tali ragioni i giudici della II sezione, ritenuta corretta la qualificazione giuridica della condotta dell’interessato, hanno dichiarato inammissibile il ricorso

link sentenza:

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20190531/