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Obbligazioni e contratti – Contratto di comodato – Restituzione del bene

Obbligazioni e contratti – Contratto di comodato – Restituzione del bene al venir meno dell’utilizzazione o degli scopi statutari dell’ente comodatario – Evento incertus an – Natura atipica ex art. 1322 c.c. – Poteri di accertamento del giudice. Corte di Cassazione, sez. 3, sentenza n. 9796 del 9 aprile 2019, commento a cura della Dott.ssa Ilaria Gonnellini.

Fatto. La Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Provincia Religiosa XXX, ha accertato l’intervenuta cessazione di efficacia del contratto di comodato stipulato dalla Provincia Religiosa con la Fondazione YYY in relazione ad alcuni locali di proprietà della Provincia, con conseguente condanna della Fondazione convenuta al rilascio del complesso immobiliare concesso in godimento e ciò sull’assunto per cui, con il contratto dedotto in giudizio, le parti avrebbero dato vita a un rapporto di comodato precario, attesa la mancata apposizione esplicita o implicita di un termine di durata del rapporto negoziale.

Avverso la sentenza d’appello, la Fondazione YYY ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di impugnazione, affermando in particolare che il termine di durata del rapporto doveva ritenersi agevolmente desumibile dal riferimento operato con la clausola dell’art. 5 alle finalità culturali stabilite per l’uso dell’immobile concesso in godimento, uso di per sé sufficiente a rendere determinabile il tempo della predetta concessione.

Decisione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso con rinvio, riconducendo la fattispecie contrattuale oggetto del giudizio non ai due modelli tipici di comodato previsti dagli artt. 1809 (comodato con prefissione di termine) e 1810 (comodato senza determinazione di durata, c.d. precario) ma ad un modello d’indole atipica, parimenti meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico in quanto esplicazione dell’autonomia negoziale che esso riconosce ai privati a mente dell’art. 1322 c.c., avendo le parti espressamente vincolato l’efficacia del rapporto contrattuale in esame al persistente espletamento delle attività culturali per le quali gli immobili erano stati concessi in prestito.

In particolare, partendo dal presupposto per cui l’apposizione di un termine espresso o tacito, correlato ad un evento certo nel suo futuro verificarsi – evento che, per quanto possa essere incertus quando, non può essere in ogni caso incertus an, pena la violazione dei principi generali in tema di contratti di durata senza prefissione di un termine di scadenza –, costituisce un requisito imprescindibile del modello negoziale delineato dal codice civile onde consentire l’adempimento dell’obbligo di restituzione, la Suprema Corte ha riconosciuto natura atipica al contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel “caso che il comodante ne abbia necessità”, dovendosi in tale ipotesi intendere il comodato convenuto senza determinazione di tempo e tuttavia, ai sensi dell’art. 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell’immobile che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata: in  tal caso, il comodato non può considerarsi a termine in quanto la verificazione della necessità che il comodante può addurre come motivo di rilascio è evento incertus an, come tale incompatibile con i modelli tipici di comodato delineati agli artt. 1809-1810 c.c..

La specialità di tale figura atipica di comodato, invero, non sta nell’apprestare un particolare statuto giuridico che agisca sul profilo temporale del rapporto rendendo derogabile il termine di durata, ma nel modulare tale termine rendendo negoziabile il potere di restituzione, sottratto in tal modo alla regola dell’esercizio discrezionale, e facendo sì che il comodante possa farne uso solo al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti: il principio della libera recedibilità in tronco del rapporto cede, dunque, di fronte alla diversa volontà negoziale delle parti che intendono regolare lo scioglimento di esso per iniziativa del comodante secondo uno schema che salvaguarda l’assetto degli interessi da esse impresso al negozio all’atto della sua costituzione.

Alla luce di ciò, è stato affermato il seguente principio di diritto: “In tema di comodato, nel caso in cui le parti abbiano vincolato l’efficacia del rapporto al venir meno dell’utilizzazione del bene concesso in godimento secondo gli accordi convenuti (ovvero al venir meno degli scopi statutari dell’ente comodatario), la circostanza che i termini dell’accordo non consentano di individuarne un’ipotesi di comodato con determinazione di durata, ai sensi dell’art. 1809 c.c., non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua  di un contratto di comodato senza determinazione di durata con potere di recesso ad nutum del comodante, ai sensi dell’art. 1810 c.c., spettando al giudice di merito il compito di verificare se l’assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile a un accordo negoziale di natura atipica, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolazione del potere del comodante di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, attraverso la sua sottrazione alla regola dell’esercizio discrezionale (ad nutum), in modo che lo stesso comodante sia autorizzato ad esercitarlo unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti; ricorso, la cui dimostrazione incombe, in caso di contestazione, sul comodante”.

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