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Misure alternative alla detenzione – Affidamento in prova al servizio sociale con finalità terapeutica

Misure alternative alla detenzione – Affidamento in prova al servizio sociale con finalità terapeutica (ex art. 94 D.P.R. 9 ottobre 1990 n.309) – Trasgressione delle prescrizioni imposte – Revoca del beneficio – Decorrenza della disposta revoca – Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 7109 del 14/02/2019 (ud. 05/02/2019).  Commento a cura dell’Avv. Marco Grilli.

Fatto Il Tribunale di Sorveglianza di Roma revocava la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale con finalità terapeutica a cui era sottoposto B.A.E.G., in ragione della violazione delle prescrizioni imposte con la misura stessa.

In particolare, il sottoposto aveva intrattenuto una relazione clandestina con altra ospite della struttura di accoglienza, in aperta violazione delle prescrizioni del programma residenziale ed influendo in maniera negativa sul percorso degli altri ospiti della struttura medesima.

L’ordinanza, pertanto, revocava il beneficio con decorrenza 28/12/2017, data della sottoposizione alla misura alternativa, considerando come non espiato l’intero periodo.

Ricorre per Cassazione il B.A.E.G. deducendo vizio di motivazione in ordine alla data da cui far decorrere gli effetti della revoca dell’affidamento terapeutico; vizio di motivazione circa il comportamento tenuto dal ricorrente durante il periodo di sottoposizione all’affidamento; infine, lamenta l’illegittimità della revoca automatica del beneficio fin dal momento di prima sottoposizione.

Decisione Il ricorso è parzialmente fondato e l’ordinanza viene conseguentemente annullata con rinvio in ordine alla data di decorrenza della revoca dell’affidamento terapeutico.

Osserva la Suprema Corte che il comportamento del sottoposto, non conforme a disposizioni di legge o alle prescrizioni imposte con la misura alternativa, non può costituire ragione automatica di revoca della stessa. Al contrario, il Tribunale di Sorveglianza dovrà espressamente motivare circa le ragioni che portano a ritenere che le condotte poste in essere siano sintomo dell’indisponibilità del condannato a proseguire il programma di trattamento o possano considerarsi ostative alla sua risocializzazione o rieducazione, scopo a cui è deputata la misura.

Tale valutazione, lungi dall’essere basata su automatismi, quando deve aver ad oggetto la violazione di prescrizioni connesse con l’applicazione della misura, è tanto più complessa in quanto dovrà tenere conto di fattori quali tipologia e gravità della violazione, nonché scopo della misura alternativa. Infatti, proprio nel caso di affidamento terapeutico, tale valutazione non potrà prescindere dalla verifica della finalità della misura stessa, riconosciuta anche in funzione della garanzia della tutela del diritto alla salute del singolo.

Prosegue la Suprema Corte nell’affermare che tema strettamente correlato alla sussistenza dei presupposti della revoca è quello della decorrenza degli effetti della revoca stessa, che maggiormente qui interessa.

La misura alternativa alla detenzione conserva le caratteristiche di una pena in senso materiale, prevedendo contenuti limitativi della libertà con una componente di afflittività. Tali elementi sono in rapporto funzionale con la finalità rieducativa, realizzata mediate la sottrazione del singolo all’ambiente carcerario, ma imponendogli una serie di regole comportamentali da seguire.

La Suprema Corte, rifacendosi anche al principio di “utile espiazione” sancito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 343 del 29/10/1987), ha ribadito la necessità di procedere all’individuazione del periodo di pena residua da espiare effettuando una valutazione discrezionale, caso per caso, considerando il periodo di prova trascorso dal condannato nell'osservanza delle prescrizioni imposte ed il concreto carico di queste, nonché la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca, non potendosi automaticamente attribuire al fallimento della prova un effetto retroattivo e determinare il ripristino in integrum dell'originario rapporto punitivo.

In conclusione, la Corte ritiene che nel caso in esame non ricorra una valutazione degli aspetti indicati. Il Tribunale di sorveglianza si è limitato alla revoca automatica ex tunc della misura dell'affidamento richiamando genericamente la commessa violazione della prescrizione.

Contrariamente il giudice avrebbe dovuto, scrutinando l'entità della violazione anzidetta e la sua gravità in concreto, verificare se e in che misura essa rendeva non computabile ai fini dell'espiazione la pena scontata in regime alternativo.