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Scuole Forensi: l’esito negativo dell’esame finale impone al COA il diniego del certificato di compiuto tirocinio

Ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione, oltre che del regolare svolgimento del tirocinio professionale, i praticanti avvocati iscritti al Registro a partire dal 1° aprile 2022 devono seguire con profitto un corso obbligatorio di durata minima non inferiore a 160 ore da svolgersi nei 18 mesi di tirocinio

1) Ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione, oltre che del regolare svolgimento del tirocinio professionale, i praticanti avvocati iscritti al Registro a partire dal 1° aprile 2022 devono seguire con profitto un corso obbligatorio di durata minima non inferiore a 160 ore da svolgersi nei 18 mesi di tirocinio, tenuto dai Consigli dell’Ordine (anche tramite le Scuole Forensi) e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge, i cui contenuti – al fine di garantire l’omogeneità di preparazione e di giudizio sul territorio nazionale – devono essere strutturati con libera determinazione ma tenendo conto delle linee guida fornite dal Consiglio Nazionale Forense.

2) La partecipazione positiva ai corsi obbligatori per praticanti avvocati implica la frequenza di almeno l’80% delle lezioni ed il superamento di due verifiche intermedie, che consentono di accedere ad una verifica finale, il cui mancato superamento impedisce il rilascio del certificato di compiuto tirocinio da parte del COA e richiede la ripetizione dell’ultimo ciclo semestrale di formazione seguito e della relativa verifica.

3) Sebbene le Scuole Forensi non abbiano autonoma personalità giuridica e siano direttamente riferibili ai Consigli dell’Ordine, in tema di corsi obbligatori per i praticanti avvocati l’impugnazione della valutazione dell’esame finale effettuata dalle Scuole Forensi rientra nella giurisdizione del TAR e non del CNF.

4) Le controversie aventi ad oggetto il rilascio o il diniego del certificato di compiuto tirocinio spettano alla giurisdizione speciale esclusiva del Consiglio Nazionale Forense, il quale non può annullare il (doveroso) diniego di compiuta pratica del COA che sia fondato sulla valutazione della Scuola Forense di mancato superamento dell’esame finale del corso obbligatorio per praticanti ma, ove la ritenga viziata o illegittima, ha il potere-dovere di disapplicarla in sede di impugnazione del diniego del certificato di compiuta pratica da parte del COA, costituendo antecedente logico necessario della decisione, presupposto dell’atto impugnato.

la sentenza integrale

Consiglio Nazionale Forense (pres. Napoli, rel. Berti Arnoaldi Veli), sentenza n. 257 del 24 novembre 2023

FATTO

Con ricorso depositato il 16 novembre 2023, la d.ssa …..|, praticante avvocato iscritta al Registro allegato all’Albo degli Avvocati dell’Ordine di Monza, impugnava il provvedimento del Consiglio Forense di Monza che le aveva negato il rilascio del certificato di compiuta pratica.

Il diniego era motivato con il mancato ottenimento, da parte della d.ssa …. del

certificato di avvenuto superamento del percorso formativo obbligatorio presso la Scuola Forense previsto dall'art. 43 della legge n. 247 del 31 dicembre 2012, per come attuata in parte qua dal d.m. n. 17 del 9 febbraio 2018 per i praticanti iscritti a far data dal 1° aprile 2022 (ai sensi dell'alt 4 quater co. 10 del d.l. n. 51 del 10 maggio 2023, convertito dalla legge n. 87 del 3 luglio 2023).

La ricorrente riferiva di avere frequentato il percorso formativo con profitto, come attestato dai risultati delle due verifiche intermedie, entrambe superate, ma di avere ricevuto giudizio di insufficienza nella verifica finale, tenutasi il 20 ottobre 2023, come appreso con la comunicazione della Scuola Forense del 26 ottobre seguente.

Sulla base di tale esito negativo, il Consiglio dell’Ordine di Monza, nell’adunanza del 25 ottobre 2023, rigettava la richiesta della ricorrente di ottenimento del certificato di compiuta pratica, in applicazione dell'alt. 43 della legge professionale.

Il 3 novembre 2023, conformemente al regolamento della Scuola Forense, la ricorrente proponeva reclamo alla Scuola chiedendo il rilascio del certificato di avvenuto superamento del tirocinio, lamentando disparità di trattamento sia con riferimento ai praticanti iscritti entro la data del 31 marzo 2023, sia rispetto a quelli iscritti ad altri Ordini lombardi (citando espressamente quello di Milano); lamentava inoltre che la Scuola, anche in considerazione dei tempi di entrata in vigore della normativa che ha reintrodotto la prova scritta, non aveva offerto la preparazione necessaria a sostenere la verifica finale, né si era attenuta alle linee guida in materia emesse dal Consiglio Nazionale Forense.

Il 7 novembre 2023 la Scuola Forense rigettava il reclamo, concludendo con l’invito al Consiglio dell’Ordine di Monza “a valutare di adottare analogo [a quello adottato dal Consiglio dell’Ordine di Milano] comportamento ... in chiave di condivisibile polemica con la scelta ministeriale, rilasciando ...il certificato di compiuto tirocinio di cui all’art. 45 L.P.”, e quindi indipendentemente dall’esito del percorso formativo.

L’8 novembre 2023 il Consiglio dell’Ordine di Monza, anche in esito al reclamo della ricorrente (e di altri praticanti nella medesima condizione), confermava la propria delibera del 25 ottobre 2023 di rigetto della richiesta di rilascio del certificato di compiuta pratica, ritenendo “di non poter ... prescindere dall’applicazione del ... dettato normativo e dalla valutazione di mancato superamento della verifica finale espressa dalla Scuola Forense”. La ricorrente concludeva quindi impugnando:

1)        la verifica finale, con esito negativo, del percorso formativo presso la Scuola Forense di Monza del 20 ottobre 2023, comunicata il 26 ottobre 2023;

2)        la delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza del 25 ottobre 2023, comunicata il 26 ottobre 2023, di diniego del certificato di compiuta pratica per mancato possesso del certificato di avvenuto superamento del periodo di formazione obbligatoria presso la Scuola Forense;

3)        il rigetto del reclamo avverso la valutazione negativa della Scuola Forense emesso dalla stessa Scuola il 7 novembre 2023, comunicato l’8 novembre 2023;

4)        la delibera di conferma della propria delibera di diniego del 25 ottobre 2023 emessa dal Consiglio dell’Ordine l’8 novembre 2023;

e chiedeva al Consiglio Nazionale Forense:

a)         in via preliminare ed urgente, di disporre, previa eventuale sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati, che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza provveda a rilasciare urgentemente, quanto meno in via provvisoria e cautelare, il certificato di compiuta pratica, al fine di consentire alla ricorrente di perfezionare la propria domanda di iscrizione all’esame di avvocato per la sessione 2023/2024 presso la Corte d’Appello di Milano;

b)        nel merito, di dichiarare l’illegittimità di tutti i provvedimenti impugnati e, conseguentemente, affermare il diritto della ricorrente ad ottenere il rilascio del certificato di compiuta pratica.

In via istruttoria, la ricorrente chiedeva:

a)         l’acquisizione degli atti integrali, senza gli omissis, riguardanti la correzione del compito della ricorrente;

b)        l’acquisizione del verbale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza del 25 ottobre 2023, con l’annotazione delle relative votazioni;

c)         l’acquisizione dell’estratto del verbale della seduta dell’8 novembre 2023 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza, con l’annotazione delle relative votazioni.

Il ricorso veniva proposto sulla base di due motivi d’impugnazione.

Con il primo motivo la ricorrente lamentava la “errata interpretazione ed applicazione dell’art. 4 quater comma 10 del d.l. 51/2023 convertito con modifiche nella I. n. 87/2023 e/o comunque trattamento discriminatorio e/o contradditorio”.

Nello specifico, la ricorrente lamentava la disparità di trattamento tra praticanti iscritti fino alla data del 31 marzo 2022 e quelli iscritti a far data dal 1° aprile 2022, dal momento che solo per questi ultimi vige la previsione del percorso formativo obbligatorio presso le Scuole Forensi o altri soggetti abilitati, così venendosi a creare una irragionevole discriminazione tra aspiranti candidati alla medesima sessione di esame.

Inoltre, la disparità di trattamento veniva lamentata anche su base territoriale, in considerazione della mancanza di uniformità nella gestione delle scuole obbligatorie istituite nei vari Distretti delle Corti d’Appello, ed in particolare all'Interno dei Distretti della Lombardia, che aveva così creato un’ulteriore discriminazione neH’ambito della categoria dei praticanti iscritti dal 1° aprile 2022.

In particolare, veniva dedotto che “la Scuola Forense di Monza ed il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza sono gli unici che hanno interpretato con estremo rigore e rigidità la norma arrivando a bocciare ben 5 su 9 candidati, senza avere loro fornito gli adeguati strumenti e preparazione per la redazione degli atti” e che 7 167 praticanti iscritti all’Ordine degli Avvocati di Milano erano stati tutti fatti passare, così come i praticanti di tutti gli altri Ordini non legati alla scuola Forense di Monza”.

A quanto sopra si aggiungeva la circostanza, riferita dalla ricorrente, che ella - ignara che il 1° aprile 2022 sarebbe entrato in vigore il nuovo regime - si era recata una prima volta il 24 marzo 2022 agli uffici di segreteria del Consiglio dell’Ordine per verificare la correttezza dei documenti in suo possesso e procedere all’iscrizione nel Registro dei praticanti ma, vista l’ora tarda, le veniva chiesto di tornare; ella si era quindi recata nuovamente il 28 marzo 2022 agli uffici di segreteria per depositare la propria domanda d’iscrizione ma la segretaria addetta allo sportello le aveva chiesto di cortesemente tornare dopo il 6 aprile 2022, in quanto in quei giorni era molto impegnata per incombenti urgenti. Tutto ciò con l’effetto che, “se solo la segreteria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza avesse accettato il deposito della sua domanda in data 24 marzo 2023 o almeno in data 28 marzo 2023, [la ricorrente] non sarebbe neppure stata soggetta all’obbligo di formazione ed avrebbe potuto presentarsi all’esame di Stato senza partecipare ad alcuna Scuola né sostenere alcuna prova”.

Nel contesto di tale primo motivo d’impugnazione, veniva altresì eccepito che il programma della Scuola Forense di Monza non sarebbe conforme alle linee guida emesse in materia dal Consiglio Nazionale Forense, né utile al fine del superamento della verifica finale, come asseritamente avrebbe attestato la stessa Scuola Forense sia nella relazione istruttoria predisposta (ai sensi dell’art. 11 del Regolamento della stessa Scuola) per rispondere al reclamo presentato dalla ricorrente, nella quale si dava atto che “le modalità della prova finale (redazione di un atto o parere in luogo delle domande a risposta multipla) sono state introdotte con Legge di fine luglio 2023 così che il corso, avviato ad aprile 2022, non poteva essere dedicato a ciò”, sia nella decisione assunta sul reclamo da parte del consiglio di amministrazione della Fondazione Forense, nella quale si dà atto che “la struttura e la modalità della verifica non sono coerenti con la struttura del corso così come prescritto dal DM 17/2018” (ma anche del fatto che “nel corso delle lezioni sono stati trattati gli argomenti oggetto delle tracce di esame” e che “durante il corso sono state proposte e effettuate diverse redazioni guidate di atti e pareri”).

Con il secondo motivo la ricorrente lamentava la violazione dell'alt 3 della Costituzione ovvero comunque la contraddittorietà ed irragionevolezza delle motivazioni adottate dalla Scuola Forense e dal Consiglio dell’Ordine di Monza.

Con riferimento alla Scuola, la ricorrente asseriva che la stessa aveva riconosciuto la sostanziale inidoneità del percorso formativo proposto agli iscritti nonché ammesso la diseguaglianza nel contegno assunto dai diversi Ordini Forensi della Lombardia, avendo dichiarato di rimettere la decisione finale al Consiglio dell’Ordine di Monza, il quale tuttavia, con delibera dell’8 novembre 2023 assunta a maggioranza, aveva respinto il reclamo limitandosi a motivare con il difetto della propria competenza in merito alla valutazione delle prove finali da parte della Scuola Forense di Monza ed al conseguente rilascio dell’attestato di superamento della verifica finale da parte della Scuola.

In definitiva, la ricorrente lamentava il fatto che, seppure sia la Scuola Forense sia il c.d.a. della Fondazione Forense sia il Consiglio dell’Ordine di Monza avevano riconosciuto la inadeguatezza del percorso formativo della Scuola Forense di Monza al fine del superamento della prova scritta finale (la cui previsione non era ancora vigente quando il programma del corso della Scuola era stato predisposto), nessuno dei tre enti si era assunto la responsabilità di “risolvere il problema” limitandosi ad addurre la propria incompetenza, in questo modo marcando una sostanziale differenza nel trattamento riservato ai praticanti iscritti agli altri Ordini rientranti nel Distretto della Corte d’Appello di Milano.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’art. 43 della legge ordinamentale forense, rubricato “Corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato”, dispone:

“1. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge.

2. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento: a) le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 1 da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale;

b)        i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l’insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatori dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca;

c)         la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a centosessanta ore per l’intero periodo;

d)        le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. ...”

Il regolamento di cui al comma 2 è intervenuto con il d.m. Giustizia n. 17 del 9 febbraio 2018 ed è stato in seguito derogato daH’art. 4 quater co. 10 del d.l. n. 51 del 10 maggio 2023, convertito dalla legge n. 87 del 3 luglio 2023, prevedendo, per quanto qui attiene, che i praticanti iscritti al Registro a partire dal 1° aprile 2022, ai fini deH’ammissione all’esame di abilitazione (oltre che al regolare svolgimento del tirocinio professionale), devono seguire con profitto un corso obbligatorio di durata minima non inferiore alle 160 ore da svolgersi nei 18 mesi di tirocinio (art. 5), tenuto dai Consigli dell'Ordine e dalle associazioni forensi giudicate idonee, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge (art. 2), i cui contenuti - al fine di garantire l’omogeneità di preparazione e di giudizio sul territorio nazionale - devono essere strutturati “tenendo conto delle linee guida fornite dal Consiglio Nazionale Forense” (art. 3 co. 3).

Ai sensi dell’art. 8 co. 3, il percorso positivo implica la frequenza di almeno l’80% delle lezioni ed il superamento di due verifiche intermedie, che consentono di accedere ad una verifica finale. Ed “il mancato superamento della verifica finale impedisce il rilascio del certificato di compiuto tirocinio di cui all'articolo 45 della legge professionale e richiede la ripetizione dell'ultimo ciclo semestrale di formazione seguito e della relativa verifica” (art. 8 co. 4).

Ai sensi dell’art. 43 co. 2 lett. d) della legge forense, le verifiche intermedie e finale del profitto “sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale”.

Il Regolamento della Scuola Forense di Monza ha articolato il percorso in 18 mesi suddivisi in tre semestri, in ciascuno dei quali si tengono non meno di 15 lezioni di 4 ore. Nel particolare, “per ciascun semestre vengono affrontati argomenti in tema di diritto civile, penale e amministrativo, diritto processuale civile, penale e amministrativo nonché l’insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari anche impugnatori, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale, l’ordinamento e la deontologia forense, le procedure alternative per la risoluzione delle controversie; il corso prevede inoltre lezioni sulle altre materie di cui all’art. 3 del Regolamento”.

Viene quindi espressamente richiamato il metodo casistico, in conformità alle linee guida predisposte dal Consiglio Nazionale Forense (“Linee guida di attuazione del DM 9 febbraio 2018, n. 17, recanti «Disciplina dei corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato»”).

Quanto all’affermazione della difesa della ricorrente secondo la quale le suddette linee guida prevederebbero sette prove scritte per ogni singolo semestre (mentre i praticanti iscritti alla Scuola Forense di Monza avrebbero redatto l’atto scritto solamente una volta poco prima dell’esame, anche se la relazione sottoscritta dal Direttore della Scuola attesta lo svolgimento di nove prove scritte nei diciotto mesi del corso), si osserva che un tale numero di prove scritte è unicamente riportato nell’appendice alle linee guida che, per espressa previsione dell’art. I.7.5, sono state redatte esclusivamente “a supporto della prima organizzazione” e “propongono un programma-tipo cui le Scuole potranno ispirarsi liberamente”.

Ciò rilevato ai fini del corretto inquadramento generale della questione in esame, in via pregiudiziale si impone la valutazione della competenza del Consiglio Nazionale Forense a giudicare sulle varie domande oggetto del ricorso.

Non vi è dubbio che la giurisdizione di questo Consiglio sussista con riferimento al diniego del certificato di compiuta pratica. Nella materia della tenuta dell’Albo e dei relativi Registri, infatti, il Consiglio Nazionale Forense ha giurisdizione generalizzata: “il C.N.F. (e, quindi, non pure il T.A.R.) ha giurisdizione speciale esclusiva in relazione ai reclami avverso i provvedimenti conclusivi ed i relativi atti procedimentali che concernono l’iscrizione e la cancellazione da albi, elenchi e registri forensi (a prescindere dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa, id est: diritto o interesse legittimo), ivi comprese le impugnazioni avverso il rigetto, da parte dei C.O.A., delle istanze per il rilascio del certificato di iscrizione all’Albo allorché, nonostante la natura endoprocedimentale del provvedimento impugnato, esso sia comunque immediatamente lesivo, incidendo direttamente sull’esercizio di diritti e facoltà discendenti dall’iscrizione all’Albo” (sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 72 del 1° giugno 2022; in conformità: ordinanza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 16548 del 31 luglio 2020).

Nel merito, ai fini della valutazione della legittimità e correttezza della delibera del 25 ottobre 2023 del Consiglio dell’Ordine di diniego al rilascio alla ricorrente del certificato di compiuta pratica, si deve tuttavia rilevare il carattere vincolato della delibera al disposto dell’art. 43 della legge professionale, che rende il provvedimento di diniego adottato del tutto rispettoso della legge, doveroso ancora prima che legittimo. Identico rilievo vale per la delibera dell’8 novembre 2023 dello stesso Consiglio, che ha natura meramente confermativa della precedente.

Non appare, al contrario, sussistere giurisdizione in merito alle valutazioni effettuate dalla Scuola Forense di Monza in sede di valutazione della prova scritta finale, né in sede di riscontro al relativo reclamo.

Ancorché le Scuole Forensi non abbiano autonoma personalità giuridica e siano direttamente riferibili ai Consigli dell’Ordine, si tratta di materia che non rientra nella competenza giurisdizionale del Consiglio Nazionale Forense per come delineata daH’art. 36 co. 1 della legge forense, a tenore del quale “1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell'ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l'apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37".

E poiché tutti i provvedimenti impugnati, diversi dal diniego del Consiglio dell’Ordine al rilascio del certificato di compiuta pratica, si sostanziano in provvedimenti amministrativi relativi a posizioni di interesse legittimo, la giurisdizione su tali atti - dei quali viene chiesto l’annullamento - spetta in via esclusiva al T.A.R., in favore del quale deve essere declinata e innanzi al quale - là dove ritenesse di avere ancora interesse alla decisione - la ricorrente potrà riassumere il giudizio nel termine di legge.

È pur vero che il rilevato difetto di giurisdizione sugli atti della Scuola Forense non impedisce al giudice naturale - specie se, come nella fattispecie, attinto da una richiesta di tutela cautelare urgente e dunque costituzionalmente dovuta - di eventualmente disapplicare il provvedimento amministrativo illegittimo che costituisca il presupposto dell’atto impugnato sul quale lo stesso giudice naturale ha giurisdizione esclusiva (cfr. sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 21542 del 18 settembre 2017).

Nel caso di specie - come evidenziato in particolare dal petitum cautelare - l’oggetto principale del ricorso è l’ottenimento del certificato di compiuta pratica, necessario per la presentazione della domanda di iscrizione alla prossima sessione dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. Il diniego opposto dal Consiglio dell’Ordine di Monza al rilascio del certificato è però fondato sulle valutazioni della Scuola Forense che, pertanto, costituiscono antecedente logico necessario della decisione richiesta al Consiglio Nazionale Forense.

Da tanto consegue il potere-dovere del Consiglio Nazionale Forense di esaminare, in via di mera disapplicazione, gli atti amministrativi asseritamente illegittimi sui quali non ha giurisdizione al fine di valutare innanzitutto il merito della richiesta cautela e, in ogni caso, la propria cognizione di merito.

Con riguardo alla richiesta tutela cautelare, in via assorbente si rileva la carenza dei presupposti per la invocata tutela d’urgenza, atteso che il provvedimento anticipatorio della sentenza richiesto dalla ricorrente - id est il rilascio del certificato di compiuta pratica, “al fine di consentire alla ricorrente di perfezionare la propria domanda di iscrizione all’esame di avvocato per la sessione 2023/2024 presso la Corte d Appello di Milano” - non avrebbe alcuna utilità per la stessa, dal momento che la data ultima per la presentazione della domanda di iscrizione alla sessione d’esame 2023/2024 è spirato l’11 novembre 2023 (cfr. d.m. del 2 agosto 2023), vale a dire successivamente alla proposizione del ricorso, né risulta che la ricorrente abbia depositato la domanda con riserva di integrazione, una volta eventualmente ottenuto, in data successiva, il certificato di compiuta pratica.

Difetta, pertanto, l’attualità del pregiudizio che giustificherebbe l’ammissibilità (nonché la concreta utilità) del provvedimento richiesto. L’atto lesivo - cioè il mancato rilascio del certificato - ha difatti esaurito i suoi effetti negativi senza che il provvedimento del giudice possa rimediarvi.

Mancando ab origine il presupposto dell’imminenza e della riparabilità del danno, la cautela richiesta va dichiarata inammissibile per difetto dei presupposti di ammissibilità previsti dall’art. 700 c.p.c., con particolare riferimento al requisito del periculum.

Nel merito, come detto al solo fine dell’eventuale disapplicazione degli atti amministrativi presupposti se valutati viziati, si osserva che la ricorrente non ha articolato censure specifiche su eventuali vizi nella valutazione della prova scritta; che la Scuola Forense, prima di rigettare il reclamo, ha svolto un’ampia istruttoria da cui si ricava la conferma del giudizio di insufficienza espresso dalla Commissione esterna nonché il sostanziale rispetto delle linee guida del Consiglio Nazionale Forense; che il vizio denunciato di diversa valutazione di opportunità operata da altri Consigli dell’Ordine rispetto all’applicazione della legge appare rispondente a considerazioni metagiuridiche e meramente “politiche”, che non possono ovviamente fondare una pronuncia di nullità, invalidità od inefficacia di un atto amministrativo prima facie legittimo, insuscettibile di essere ritenuto viziato e dunque disapplicato.

Lo stesso può dirsi con riferimento alla denunciata discriminazione tra praticanti in base al momento di iscrizione al Registro. Tale previsione è stata disposta con il d.m. n. 80 del 9 giugno 2020, che ha modificato il il d.m. n. 17 del 9 febbraio 2018, ben due anni prima dell’effettiva previsione della revisione del percorso di tirocinio. Ne consegue che nessuna irragionevolezza può riscontrarsi nella disciplina generale, conoscibile con amplissimo anticipo rispetto all’effettiva vigenza dell’obbligo di frequenza delle Scuole Forensi.

In forza di tutto quanto sopra, il ricorso - inammissibile con riguardo alla richiesta tutela urgente - non può trovare accoglimento nel merito in sede di cognizione ordinaria.

P-Q.M.

visti gli artt. 36 e 37 della legge n. 247/2012 e 59 ss. del r.d. n. 37/1934; il Consiglio nazionale forense dichiara il proprio difetto di giurisdizione in relazione agli atti impugnati della Scuola Forense di Monza, Como, Sondrio e Lecco in favore del giudice amministrativo, innanzi al quale - là dove ritenesse di avere ancora interesse alla decisione - la ricorrente potrà riassumere il giudizio nel termine di legge; dichiara inammissibile la tutela cautelare richiesta;

rigetta il ricorso con riferimento alle delibere del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Monza del 25 ottobre 2023 e dell’8 novembre 2023;

dispone che, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 23 novembre 2023.