Skip to main content

condominio - Immissioni di rumori: non operatività dell’art. 659 c.p. – Cass. pen. sez. III, 17 gennaio 2024, n. 2071

Il reato di disturbo in condominio non sussiste se la parte lesa non è la collettività o un gruppo di condomini – Cass. pen. sez. III, 17 gennaio 2024, n. 2071 – Commento a cura di Adriana Nicoletti, Avvocato del Foro di Roma

Il bene tutelato dall’art. 659 c.p. è costituito dallo svolgimento delle attività e del riposo delle persone che il legislatore intende presidiare da indiscriminate attività di disturbo che, tuttavia, non possono essere identificate (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) in un singolo soggetto, pur infastidito in ragione della prossimità della fonte sonora, bensì da un numero indeterminato di persone. Ciò non toglie che possa trattarsi di soggetti annoverabili in un ambito ristretto, come avviene in un condominio costituito da più palazzine o da più appartamenti ubicati in uno stesso stabile, ma in tal caso è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, configurandosi, altrimenti, soltanto un illecito civile foriero di un eventuale risarcimento del danno e non certamente una condotta penalmente rilevante ai fini dell’art. 659 c.p.

La fattispecie sottesa al principio espresso dalla Corte penale riguardava la condanna di due condomini al pagamento di una ammenda, in quanto riconosciuti responsabili del reato di cui all’art. 659 c.p. per avere provocato all’interno del loro appartamento, nelle prime ore del mattino, emissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità in danno dei residenti dell’appartamento sottostante. Nessun altro condomino, infatti, aveva avuto nulla da lamentare, né aveva svolto proteste o denunce in merito.

La sentenza ha messo in risalto la differenza tra la norma penale e le eventuali conseguenze in sede civile, ove venisse accertata la sussistenza di immissioni che superano la normale tollerabilità.

L’art. 659 c.p., diretto a tutelare l’ordine pubblico e, specificatamente, a preservare la tranquillità di gruppi di individui, si caratterizza come reato di pericolo il cui agente è generalizzato (“chiunque mediante schiamazzi o rumori….”), così come il soggetto leso è indeterminato (“….disturba le occupazioni o il riposo delle persone…”).

La norma traferita in ambito condominiale, perché sia rilevante a livello penale richiede che le immissioni rumorose interessino più condomini e siano percepite da più partecipanti di uno stesso edificio e non solo dall’occupante/i di un singolo immobile. Solo nel primo caso si realizza la fattispecie configurata dall’art. 659 c.p.

Queste considerazioni, tuttavia, non escludono che il danno da immissioni che superino la normale tollerabilità non possa essere riconosciuto in sede civile, con il conseguente obbligo risarcitorio a carico di chi tali immissioni abbia prodotto. In questo caso opera l’art. 844 c.c. ai sensi del quale le immissioni di fumo o calore; le esalazioni; i rumori gli scuotimenti o simili propagazioni sono tollerabili se accettabili anche in relazione alla condizione dei luoghi.

Nel caso oggetto del provvedimento con il quale la Corte penale ha accolto il ricorso promosso dai condomini, condannati per violazione dell’art. 659 c.p., riguardava proprio la seconda ipotesi, dal momento che la fonte sonora era costituita da rumori di tacchi delle scarpe; spostamenti di sedie o trascinamento di mobili sul pavimento che costituivano fonte di disturbo per i soli proprietari dell’appartamento sottostante a quello da cui gli stessi provenivano. La Corte, infatti, ha rilevato che “tali rumori sono privi della potenzialità diffusiva idonea ad integrare la rilevanza penale del fatto essendo evidente che gli stessi non possano propagarsi oltre l’unità immobiliare del piano inferiore, risultando pertanto insuscettibili di concreta percezione da parte degli altri soggetti residenti nella zona o, comunque, anche solo di altri condomini abitanti in appartamenti ubicati nel medesimo edificio”.