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Compensazione delle spese processuali e discrezionalità del giudice.

Se il condomino salda il proprio debito dopo la notifica del decreto ingiuntivo le spese di lite non possono essere compensate.  Trib Roma, sez. V, 30 ottobre 2023, n. 21702 – Commento a cura di Adriana Nicoletti, Avvocato del Foro di Roma


In tema di spese giudiziali, ai sensi dell'art 92 c.p.c., nella formulazione vigente "ratione temporis", le "gravi ed eccezionali ragioni", da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica (nella specie, "la natura della controversia e le alterne vicende dell'iter processuale") inidonea a consentire il necessario controllo (Conf. Cass. sez. V, ord. 24 aprile 2018, n. 10042).

 Nel combinato disposto degli artt. 91 e 92 c.p.c. è fissata la disciplina delle spese processuali, che risponde ad un principio fondamentale: con la sentenza definitiva il giudice adito condanna la parte soccombente a rimborsare le spese in favore dell’altra parte, liquidandone l’ammontare con gli onorari di difesa (art. 91, co.1, c.p.c.).  

Questo caposaldo è soggetto, per dettato legislativo, a ulteriori disposizioni di carattere formale e sostanziale. Queste ultime, specificamente previste nell’art. 92, affidano al giudice, in ragione dell’esito della controversia, la discrezionalità di pronunciarsi in modo difforme da quanto stabilito nella norma precedente, introducendo anche il criterio della “compensazione, parziale o totale delle spese”, nel caso in cui vi sia soccombenza reciproca oppure quando, nel corso del giudizio, sia intervenuto un mutamento dell’orientamento giurisprudenziale sulla questione controversa, oppure ancora questa rappresenti una novità (ivi co.2).

Il disposto dell’art. 92, co.2, c.p.c. ha subito, nel corso degli anni, una serie di stop and go determinati da un succedersi di provvedimenti legislativi che ne hanno rivisitato la sostanza e che giova ricostruire, quanto meno a partire dalla riforma del processo civile (L. n. 69/2009).

Infatti, all’epoca, la compensazione, sempre quale prerogativa del giudice, era stata prevista anche nell’ipotesi in cui la motivazione contenesse l’indicazione esplicita della “‘concorrenza di gravi ed eccezionali ragioni”, che aveva affiancato l’altra ipotesi canonica di bilanciamento nell’attribuzione delle spese in questione.

Successivamente, con la L. n. 162/2014 (di conversione dal D.L. n.132/2014) le gravi ragioni venivano eliminate, rimanendo la compensazione limitata ai casi previsti dall’attuale formulazione dell’art. 92, co.2, c.p.c.

Tuttavia, la sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 18 aprile 2018 ha decretato l’illegittimità costituzionale del testo della norma modificato nel 2014, facendo rivivere come motivo di compensazione delle spese anche altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.

Tornando al principio richiamato dal giudice capitolino, la questione riguardava un appello formulato dal condominio nei confronti della sentenza del giudice di pace, al quale veniva attribuito l’errore di avere compensato le spese tra le parti.

Nel caso di specie, che riguardava l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di un condomino che non aveva versato la propria quota afferente ai contributi condominiali, anche se questi, tardivamente rispetto alla notifica del decreto ingiuntivo, aveva saldato il proprio debito rimaneva comunque soccombente nei confronti del condominio. Il pagamento, infatti, non elideva ab origine la pretesa posta a base dell’ingiunzione, determinando la revoca del decreto in origine idoneo ad essere messo in esecuzione nonché la condanna del condomino al pagamento del solo residuo. Si era così venuta a configurare l’ipotesi di cessazione della materia del contendere.

Alla luce delle risultanze di causa il giudice dell’appello, correttamente, riformava la sentenza di prime cure nel capo riguardante la regolamentazione delle spese, non avendo riscontrato i motivi per la loro compensazione, con condanna della soccombente al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio.