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Ricusazione - Violazione del diritto di difesa ed una indebita manifestazione di convincimento di colpevolezza sui fatti di causa oggetto dell’imputazione prima della pronuncia della sentenza

05/09/2003 Ricusazione - Violazione del diritto di difesa ed una indebita manifestazione di convincimento di colpevolezza sui fatti di causa oggetto dell’imputazione prima della pronuncia della sentenza

Ricusazione - Violazione del diritto di difesa ed una indebita manifestazione di convincimento di colpevolezza sui fatti di causa oggetto dell’imputazione prima della pronuncia della sentenza (Cassazione – Sezione terza penale (cc) – sentenza 1 ottobre-5 novembre 2003, n. 42193)

Fatto e diritto

Urbini Ugo, imputato del reato di cui agli articoli 609quater e 609septies n.c. n. 5 Cp in danno della minore Monica Fahine, in data 15 febbraio 2003 depositava presso la cancelleria della Corte di appello di Bologna una dichiarazione di ricusazione del giudice dottor Giovanni Treré, davanti al quale si svolgeva il giudizio abbreviato per l’imputazione sopra indicata.

Con ordinanza del 4 marzo 2003, la Corte di appello di Bologna dichiarava la inammissibilità dell’istanza, perché le valutazioni espresse dal giudice ricusato non potevano considerarsi indebite, perché avevano per oggetto la ritenuta validità della perizia psicologica espletata nonostante l’opposizione della difesa e, comunque, non poteva ravvisarsi una ipotesi di grave inimicizia.

Ugo Urbini ed il suo difensore avvocato Piero Gualtieri hanno proposto ricorso per Cassazione, assumendo la violazione del diritto di difesa ed una indebita manifestazione di convincimento di colpevolezza sui fatti di causa oggetto dell’imputazione prima della pronuncia della sentenza.

Il ricorso non può essere accolto.

Occorre premettere che le ipotesi di ricusazione sono tassativamente indicate dalla legge e configurano norme eccezionali, che non possono essere interpretate in via analogica.

Tra i casi di ricusazione, tassativamente indicati dall’articolo 37, comma 1 Cpp, non rientrano le ipotesi di “altre gravi ragioni di convenienza” pur previste in tema di astensione del giudice (Cassazione, sezione sesta, 3920/00, rv 213315; 2798/99, rv 214340; 2902/95, rv 202329). Neppure rientrano tra tali casi la violazione di norme processuali, che rientrino nella normale fisionomia procedimentale e nei rimedi previsti, salvo le ipotesi di oggettiva incompatibilità ex articoli 34, 35, 36 lettera g) e 37 lettera a) Cp.

L’ingerenza delle parti è giustificata solo nei casi previsti per garantire l’imparzialità della funzione giurisdizionale, non disponibile in base a criteri di mera convenienza, oltre che per assicurare il sereno esercizio del diritto di difesa.

Nel caso in esame, come giustamente sottolineato nell’ordinanza impugnata, il rigetto delle eccezioni della difesa in ordine all’ammissione ed all’espletamento di una perizia psichiatrica, non costituisce anticipazione di un giudizio indebito. Il rigetto motivato dalla eccezione della difesa, ben può essere integrato dalla motivazione della sentenza, che deve ricapitolare nel segno della regolarità formale tutto l’iter del processo.

La manifestazione indebita del proprio convincimento va riferita ai fatti sostanziali oggetto dell’imputazione e non ai profili procedimentali, per loro natura strumentali all’accertamento della verità.

Il giudice può essere ricusato se il suo comportamento sia non solo non dovuto, ma anche palesemente ingiusto. Non può rientrare tra i casi di ricusazione l’opinione espressa dal giudice sulla regolarità di un atto processuale, senza sconfinare in giudizi personali anticipati di colpevolezza (Cassazione, sezione seconda, 2703/92, rv 190792). Neppure rientrano trai casi di ricusazione atteggiamenti deontologicamente inopportuni, come l’invito polemico alla difesa (invito alla eventuale ricusazione), se mancano i presupposti per l’applicabilità dell’istituto.

Nel caso in esame (come opportunamente sottolineato nell’ordinanza impugnata) il giudice avrebbe dovuto non lasciarsi coinvolgere in una disputa con la difesa, estranea all’oggetto della discussione (relativa alla regolarità della perizia e delle fasi del suo svolgimento), in quanto l’atto motivato di rigetto dell’istanza della difesa (contraria all’integrazione probatoria), esauriva il ruolo del giudice che deve parlare solo con i suoi atti, senza alcuna necessità di pronunciare la frase: “mi ricusi pure” o altra analoga. Un tale comportamento, benché inopportuno, non ha integrato una ipotesi di grave inimicizia e di ostilità preconcetta verso l’imputato, secondo la incensurabile e motivata valutazione della Corte di Bologna, che si condivide.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it