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Doveri di correttezza e lealtà - Azione di spoglio violento nei confronti del collega di studio

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Doveri di correttezza e lealtà - Azione di spoglio violento nei confronti del collega di studio - Art. 22 c.d.f. - Rapporti con i colleghi - Notizie riguardanti il collega - Produzione nel giudizio disciplinare - Uso non necessario - Art. 29 c.d.f. - Violazione - Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 185

- Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Doveri di correttezza e lealtà - Azione di spoglio violento nei confronti del collega di studio - Art. 22 c.d.f. - Rapporti con i colleghi - Notizie riguardanti il collega - Produzione nel giudizio disciplinare - Uso non necessario - Art. 29 c.d.f. - Violazione
 Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 185

Consiglio Nazionale Forense decisione del 02-11-2010, n. 185

Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. ALLORIO - P.M. IANNELLI (conf.)


Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Doveri di correttezza e lealtà - Azione di spoglio violento nei confronti del collega di studio - Art. 22 c.d.f. - Violazione

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Notizie riguardanti il collega - Produzione nel giudizio disciplinare - Uso non necessario - Art. 29 c.d.f. - Violazione

Viola l'art.22 c.d.f. l'avvocato che eserciti un'azione di spoglio violento nei confronti del collega al fine di riottenere la disponibilità della stanza da questi occupata nello studio.

Deve ritenersi deontologicamente rilevante il comportamento dell'avvocato che, nel giudizio disciplinare aperto nei confronti di un Collega a seguito dell'esposto presentato dal medesimo professionista, produca articoli di stampa relativi a procedimenti penali che vedevano coinvolto l'incolpato, senza che tali notizie rivestano rilevanza alcuna nella vicenda, così integrando la violazione dell'art. 29 c.d.f. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 22 febbraio 2010).

sentenza integrale:

 

FATTO
A seguito di un esposto presentato il 29 dicembre 2004 dall’Avv. G.F. nei confronti
dell’Avv. G.G., nonchè di memoria difensiva in data 24 febbraio 2005 e di esposto in
data 15 aprile 2005 dell’Avv. G. nei confronti dell’Avv. F., si svolgevano diversi
incontri davanti al Consigliere delegato all’istruttoria dal Consiglio dell’Ordine di
Roma, nel corso dei quali da parte di entrambi gli avvocati venivano depositati atti
difensivi e prodotti documenti.
All’esito dell’istruttoria, il 22 dicembre 2005 il Consiglio deliberava l’apertura di
procedimento disciplinare nei confronti di ambedue gli Avvocati, contestando i
seguenti addebiti:
Quanto all’Avv. G.G.

Per avere estromesso dal proprio studio di Via (Omissis) n.164 in Roma l’Avv. G.F.,
che ivi occupava una stanza in forza di contratto fra le parti, cambiando serratura
alla porta, sostituendo le chiavi e interrompendo i servizi, donde seguivano azioni
civili e penali tra le parti e, da ultimo, un provvedimento di reintegra in favore
dell’Avv. F. -13 giugno/8 luglio 2005- confermato in sede di reclamo dal Tribunale di
Roma con ordinanza 15 settembre 2005; così violando i doveri di correttezza e
lealtà nei confronti di un Collega di cui all’art. 22 codice deontologico forense. In
Roma, fino al novembre 2004.
Per avere, nella comparsa di costituzione e risposta per l’udienza dell’8 marzo 2005
–Tribunale di Roma, Giudice Vacillo- usato le seguenti espressioni nei confronti
dell’Avv. F.: …..”il fatto che all’età di 75 anni ancora detto ricorrente versi nelle
condizioni di un qualsiasi giovane avvocato che abbia da poco superato l’esame di
abilitazione alla professione forense, ci fa sorgere non pochi dubbi sia sulle sue
capacità professionali che economiche”, così violando l’art. 29 codice deontologico
forense. In Roma, nel marzo 2005.
Quanto all’Avv. G.F.
Per avere omesso di corrispondere all’Avv. G.G., dal settembre 2001, il corrispettivo
pattuito di Euro 150,00 per l’uso della stanza detta, così venendo meno agli obblighi
di correttezza nei confronti del Collega;
Per avere, nella pratica n.1823/2004 S pendente davanti a questo Consiglio,
richiamato e prodotto notizie di stampa riguardanti un presunto coinvolgimento
dell’Avv. G. nella vicenda “Ciancimino”, notizie del tutto in conferenti con il
procedimento detto, così violando l’art.29 codice deontologico forense. In Roma, nel
luglio 2005.”
Dopo l’apertura del procedimento disciplinare, l’Avv. G. depositava una nota in data
3 febbraio 2006 con la quale,
- quanto al primo capo, negava di aver estromesso con violenza il Collega dallo
studio;
- quanto al secondo addebito, rilevava che la frase pronunciata nei confronti del
Collega aveva attinenza con i fatti della causa in corso ed era stata espressa per
esigenze di difesa.
L’Avv. F., con memoria 22 giugno 2006, contestava:
- il primo addebito, giustificando la sospensione del pagamento del canone con
l’inadempienza unilaterale dell’Avv. G.;
- il secondo capo d’incolpazione, con la circostanza che le notizie richiamate sul
coinvolgimento dell’Avv. G. erano state diffuse a mezzo stampa ed erano quindi di
dominio pubblico.
All’udienza dibattimentale tenutasi il 17 luglio 2007, il Consiglio dell’Ordine riteneva
la responsabilità dell’Avv. G. solo in ordine al primo capo d’incolpazione, per avere
lo stesso esercitato uno spoglio violento ed arbitrario del possesso della stanza
concessa in uso all’Avv. F. (a prescindere dalla qualificazione giuridica di tale
concessione), prosciogliendolo al contempo dal secondo addebito.
Il Consiglio dichiarava inoltre l’Avv. F. esente da responsabilità disciplinare in ordine
al primo addebito, ritenendo giustificata la sospensione del pagamento di fronte
all’inadempienza dell’Avv. G., dichiarandolo invece responsabile in ordine al
secondo capo d’incolpazione, per essere ingiustificata la divulgazione nel
procedimento disciplinare di notizie particolarmente delicate riguardanti il Collega,
senza che queste avessero alcuna attinenza con il procedimento stesso.
Il Consiglio irrogava quindi ad entrambi la sanzione della censura.
Contro tale decisione ha proposto appello tempestivo davanti a questo Consiglio
Nazionale Forense l’Avv. G., censurando, nella pronuncia del C.O.A. di Roma, la
mancanza della prova dell’intervenuto spoglio violento ai danni dell’Avv. F. e
spiegando altresì una sorta d’irrituale impugnazione dell’assoluzione disciplinare
dell’Avv. F. da parte del C.O.A. di Roma con riferimento ad uno dei capi
d’incolpazione, quello relativo alla interruzione del pagamento del corrispettivo per
l’uso della stanza.
L’Avv. F. ha anch’egli impugnato la decisione che gli ha inflitto la sanzione della
censura, deducendo essere di dominio pubblico le documentate notizie sulle
vicende giudiziarie del G. da lui prodotte nel procedimento disciplinare (essendo
state pubblicate su giornali a diffusione nazionale) e utili alla conoscenza della
personalità dell’incolpato; spiegando anch’egli una sorta di appello nei confronti
della pronuncia assolutoria dell’Avv. G. in ordine al secondo capo d’incolpazione
posto a carico del medesimo, quello relativo alle espressioni screditanti la figura
professionale dell’Avv. F..

DIRITTO

Questo Consiglio ritiene anzitutto che entrambi i ricorsi debbano essere dichiarati
inammissibili per la parte di essi che impugna i capi di pronuncia relativi al
proscioglimento da alcuni addebiti originariamente posti a carico dell’uno e dell’altro
nei rispettivi atti di rinvio a giudizio, per difetto di legittimazione al ricorso in capo ad
altri che non sia il professionista colpito dalla sanzione e il Procuratore Generale
presso la Corte d’Appello (si veda,tra le altre, CNF 1 settembre 2004, n.191).
Quanto ai rimanenti capi, i ricorsi devono essere rigettati, la sentenza impugnata
apparendo ben motivata e immune dalle censure mosse dai ricorrenti
Quanto al ricorso proposto dall’Avv. G., risulta dimostrata la violazione da parte
dello stesso dell’art.22 del Codice Deontologico, per avere esercitato un’azione di
spoglio violento nei confronti del Collega per riottenere la disponibilità della stanza
da questo occupata nello studio: fatto senz’altro confermato dalla pronuncia del
Giudice che ebbe a disporre la reintegrazione dell’Avv. F. nel possesso della
stanza.
Altrettanto meritevole di sanzione appare il comportamento dell’Avv. F., che
produceva nel giudizio disciplinare articoli di stampa relativi a procedimenti penali
che vedevano coinvolto l’Avv. G., senza peraltro che tali notizie avessero rilevanza
alcuna nella vicenda che lo contrapponeva al Collega, con ciò concretando la
violazione dell’art. 29 del Codice Deontologico.
La sentenza del Consiglio dell’Ordine di Roma e le censure inflitte devono essere
dunque confermate.

P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale Forense, riunitosi in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D.
22.1.1934, n. 37;
dichiara inammissibili i ricorsi, quanto alle impugnazioni dei capi di pronuncia
assolutori; quanto ai rimanenti motivi, rigetta i ricorsi e conferma in tutto la decisione
impugnata.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2008.

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it