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Risarcimento danni derivante da lesione di interesse legittimo Consiglio di Stato Sentenza del 30/11/2010 n. 8353

Errori di fatto ex art. 395, nr. 4, c.p.c. - l'errore di fatto revocatorio sussiste solo in caso di oggettiva divergenza tra ciò che risulta dalla realtà processuale e quanto espressamente affermato in sentenza; più specificamente, deve trattarsi di un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, obiettivamente e immediatamente verificabile, inerente al contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, e non alla relativa interpretazione - Consiglio di Stato Sentenza del 30/11/2010 n. 8353

Errori di fatto ex art. 395, nr. 4, c.p.c. - l’errore di fatto revocatorio sussiste solo in caso di oggettiva divergenza tra ciò che risulta dalla realtà processuale e quanto espressamente affermato in sentenza; più specificamente, deve trattarsi di un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, obiettivamente e immediatamente verificabile, inerente al contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, e non alla relativa interpretazione - Consiglio di Stato Sentenza del 30/11/2010 n. 8353

Consiglio di Stato Sentenza del 30/11/2010 n. 8353

FATTO

Le società Foser S.r.l. e Aurora Soc. Coop., in proprio e quali componenti del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese che ha partecipato alla procedura selettiva indetta dal Ministero della Difesa per l’affidamento del servizio di pulizia degli Enti, Distaccamenti e Reparti della Marina Militare, hanno agito per la revocazione della decisione con la quale questa Sezione, respingendo l’appello dalle medesime società proposto, ha confermato con diversa motivazione la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio aveva respinto il ricorso proposto avverso l’esclusione dalla gara del predetto costituendo r.t.i. a seguito di accertata anomalia dell’offerta.

A sostegno del ricorso, le suddette società hanno dedotto errori di fatto ex art. 395, nr. 4, c.p.c. con riferimento:

- alla ritenuta presenza, nell’offerta del r.t.i. ricorrente, della previsione per la quasi totalità delle superfici dei locali da pulire di tutte e 12 le prestazioni indicate nell’allegato C alla lettera d’invito;

- alla ritenuta necessità che le predette 12 operazioni dovessero essere eseguite a ogni passaggio mensile;

- al ritenuto carattere decisivo della miglioria relativa ai passaggi aggiuntivi ai fini dell’ottenimento da parte del concorrente di un punteggio particolarmente elevato, tale da consentirgli di posizionarsi al primo posto in graduatoria;

- al ritenuto carattere modificativo dell’offerta rivestito dalle giustificazioni prodotte dal costituendo r.t.i. in sede di verifica di congruità dell’offerta.

Inoltre, le ricorrenti hanno lamentato l’omessa pronuncia sulle doglianze inerenti all’incongruità del raffronto tra i prezzi unitari offerti per derattizzazione e disinfezione e quelli risultanti da altri contratti prodotti in sede di giustificazioni ed alla evidenziata sussistenza di economie e risorse disponibili idonee a consentire un abbattimento dei costi.

Il Ministero della Difesa, costituitosi, ha ampiamente argomentato a sostegno dell’inammissibilità del ricorso, e comunque della sua infondatezza, chiedendone la reiezione.

All’udienza del 26 ottobre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Col presente ricorso, le società Foser S.r.l. e Aurora Soc. Coop., premesso di aver partecipato quali componenti di costituendo raggruppamento temporaneo di imprese alla gara indetta dal Ministero della Difesa per l’affidamento del servizio di pulizia di locali della Marina Militare, hanno chiesto la revocazione della decisione con la quale questa Sezione, respingendo il loro appello, ha confermato – ancorché con diversa motivazione – la sentenza del T.A.R. del Lazio di rigetto del ricorso proposto avverso l’esclusione dalla procedura del detto r.t.i., per ritenuta anomalia dell’offerta.

Il ricorso è inammissibile, dovendo condividersi i rilievi al riguardo articolati dall’Amministrazione resistente.

Ed invero, costituisce principio giurisprudenziale pacifico che l’errore di fatto revocatorio sussiste solo in caso di oggettiva divergenza tra ciò che risulta dalla realtà processuale e quanto espressamente affermato in sentenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 22 gennaio 1997, nr. 3); più specificamente, deve trattarsi di un’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi, obiettivamente e immediatamente verificabile, inerente al contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, e non alla relativa interpretazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 gennaio 2003, nr. 416; id., 25 giugno 2002, nr. 3463; Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2000, nr. 372).

Inoltre, come affermato espressamente nell’art. 395, nr. 4, c.p.c., il preteso errore non deve ricadere su circostanze di fatto che hanno costituito punti controversi sui quali la sentenza si è pronunciata.

Nel caso di specie, dal tenore complessivo del ricorso in esame si evince chiaramente che ciò che parte istante lamenta non è un errore materiale del tipo sopra indicato, ma un’erronea interpretazione della documentazione in atti inerente al contenuto dell’offerta sospetta di anomalia nel corso della gara per cui è processo, nonché delle giustificazioni prodotte dal r.t.i. concorrente nella relativa fase di verifica: e non casualmente, tali pretesi “errori” vengono ascritti non solo all’organo giudicante che ha emesso la decisione revocanda, ma prima ancora alla stessa Amministrazione che ha escluso il concorrente dalla procedura selettiva (insomma, l’errore revocatorio commesso dal Collegio consisterebbe ...nell’aver condiviso in larga misura le valutazioni del seggio di gara in ordine all’anomalia dell’offerta).

Ne discende, con tutta evidenza, l’inammissibilità della domanda sotto un duplice profilo:

a) perché tende in realtà a introdurre, sotto la veste dell’apprezzamento di pretesi errori di fatto, un riesame della vicenda sostanziale oggetto di controversia, risolvendosi quindi nella richiesta di un anomalo terzo grado del giudizio;

b) perché, al di là dell’apparenza dell’affermazione di errori materiali del Collegio giudicante, si risolve in realtà nel proporre una diversa e alternativa “lettura” delle risultanze documentali in atti, contestando quella datane nella sentenza revocanda.

Sotto tale ultimo profilo basti citare, a mero titolo esemplificativo, la doglianza inerente al preteso errore materiale che sarebbe stato commesso nell’interpretazione dell’inciso “nei principali locali” contenuto nell’offerta del r.t.i. concorrente con riferimento alla proposta di incremento delle frequenze delle operazioni di pulizia: laddove davvero non può dirsi fosse evidente ictu oculi, come vorrebbe parte ricorrente, quali e quante delle operazioni di pulizia di cui all’allegato C della lettera di invito dovessero essere svolte in ciascun passaggio (di tal che non può ascriversi a errore immediatamente percepibile l’aver ritenuto che l’offerta così formulata implicasse l’esecuzione di tutte le operazioni in questione per ciascun passaggio).

Analoghe considerazioni possono farsi in ordine al ritenuto peso decisivo che la miglioria così proposta avrebbe avuto ai fini dell’attribuzione al costituendo r.t.i. di un punteggio particolarmente elevato, laddove la doglianza di parte ricorrente si fonda sulla non condivisione dell’apprezzamento operato dal Collegio giudicante, ma non può dirsi evidenziare un errore materiale ictu oculi riconoscibile.

Nemmeno può costituire errore di fatto revocatorio l’omessa pronuncia in relazione a taluni profili di censura (o di subcensura), essendo evidente dal tenore della decisione revocanda che questi sono stati ritenuti assorbiti nell’ambito di una più generale valutazione dei principali aspetti di anomalia dell’offerta per cui è causa, i quali risultavano di per sé soli ampiamente sufficienti a fondare e legittimare le determinazioni dell’Amministrazione, in modo da esonerare il giudicante dall’esame analitico di tutti gli altri, marginali profili di doglianza.

Alla luce di quanto fin qui rilevato, s’impone una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido a favore dell’Amministrazione, delle spese relative al presente grado del giudizio, che liquida in euro 5000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati: