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Lavoro - lavoro subordinato (nozione, differenze dall'appalto e dal rapporto di lavoro autonomo, distinzioni) - estinzione del rapporto - diritto alla conservazione del posto - infortuni e malattie - in genere - Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 20

Infermità permanente - Conseguente impossibilità sopravvenuta della prestazione - Giustificato motivo di recesso - Condizioni - “Repechage” - Valutazione al momento del licenziamento - Necessità - Fondamento.

In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l'impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro, viene meno ove il lavoratore medesimo possa essere adibito ad una diversa attività, compatibile con il suo stato di salute, che sia riconducibile - alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 c.c.) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore. La verifica dell'esistenza nell'organico aziendale di posizioni adeguate allo stato di salute del dipendente, al fine della corretta applicazione del «repechage», deve essere contestuale all'intimazione del licenziamento, cioè al momento nel quale il datore di lavoro decide di recedere dal rapporto in ragione della rilevata incompatibilità del dipendente con le mansioni di originaria adibizione, poiché nell'ottica del bilanciamento di opposti interessi costituzionalmente protetti (artt. 4, 32,36, 41 Cost.) - quale quello connesso alla conservazione del posto di lavoro e quello connesso alla libertà di iniziativa economica - va escluso, salvo il limite del rispetto della correttezza e buona fede ex art. 1375 c.c., l'obbligo per la parte datoriale di prefigurarsi, in un momento antecedente al suo realizzarsi, la possibile, futura, eventuale situazione di incompatibilità e di modulare le proprie scelte tecnico organizzative in funzione di tale ipotesi.

Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 20497 del 03/08/2018