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locazioni immobiliari - risoluzione per inadempimento –pagamento canone tardivo – tolleranza - corte di cassazione, sez. 6, sentenza n. 29887 del 13 dicembre 2017 - commento

Versamento tardivo del canone – tolleranza del locatore – successivo richiamo al rispetto del contratto da parte dello stesso ignorato dal conduttore – risoluzione contrattuale – domanda fondata – sentenza della Cassazione n. 29887/2017 a cura di Riccardo Redivo – magistrato.

L’ipotesi affrontata dal giudice di legittimità riguarda una fattispecie piuttosto comune che si verifica nello svolgimento del rapporto locatizio, a seguito della tolleranza del locatore nel ricevere il canone in ritardo su quanto dovuto per legge o per contratto.

Nella specie, poi, era stata concordata una clausola contrattuale relativa alla risoluzione di diritto della locazione (art. 1456 c.c.) nell’ipotesi di pagamento ritardato ed il locatore, rilevato che i versamenti, dopo l’invio all’inquilino di una diffida che lo invitava a rispettare il versamento del canone previsto senza ritardi, continuavano ad essere effettuati oltre la data stabilita per legge, lo conveniva in giudizio per sentire dichiarare risolto il contratto di diritto ovvero, in subordine, per grave inadempimento (art. 1455 c.c.).

Con sentenza del tribunale adito, confermata, poi, in appello, l’autorità giudiziaria accoglieva la domanda subordinata, proposta dal locatore, ritenendo, quindi, gravemente inadempiente la condotta del conduttore, il quale, anche dopo il sollecito ricevuto, aveva continuato a versare in ritardo il canone dovuto.

Quest’ultimo ricorreva, quindi, in cassazione, rilevando la sostanziale carenza di motivazione da parte dei giudici di merito, nonché il fatto che il modesto ritardo nel pagamento era per lungo tempo stato accettato dal locatore e che, comunque, l’inadempimento in concreto era di scarsa importanza rispetto agli interessi del locatore medesimo, per cui nella specie non sussistevano i presupposti per una pronuncia di risoluzione del contratto ex art. 1455 c.c..

La Suprema Corte, sotto il secondo profilo, affermava l’inammissibilità del motivo, in quanto la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione contrattuale ex art. 1455 c.c., costituisce una questione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, ove sorretta da una motivazione adeguata.

Parimenti inammissibile, poi, veniva ritenutosi il motivo attinente all’apparente motivazione della Corte d’Appello sulla scarsa importanza del comportamento globale tenuto dalla conduttrice.

Infatti – rilevava il giudicante - ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., nell’ipotesi di “doppia conforme” sfavorevole al ricorrente, questi è tenuto (per evitare l’inammissibilità del motivo) ad indicare le ragioni di fatto poste a base delle due sentenze di merito, dimostrando (cosa non fatta nella fattispecie) che esse sono tra loro diverse e non ha neppure denunciato l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo da parte dei giudicanti.

Il principio può ormai considerarsi sostanzialmente consolidato in giurisprudenza, talchè va ribadito che la tolleranza del locatore nel ricevere tardivamente il canone dovuto, impedisce la risoluzione contrattuale ex art. 1455 c.c., ma che ciò vale solo fino al momento in cui il locatore stesso abbia invitato formalmente il conduttore (ad esempio con raccomandata o con atto equipollente) al rispetto del termine di legge per il pagamento della pigione.

Infatti dopo tale invito, se l’inquilino continua a versare tardivamente il corrispettivo della locazione, il contratto potrà senz’altro essere risolto per inadempimento grave rispetto agli interessi del locatore ai sensi dell’art. 1455 c.c. (costituendo il pagamento del canone la principale obbligazione posta dalla legge a carico del conduttore).

Sarà, poi, in ogni caso, il giudice a dover valutare in concreto se l’inadempimento sia o meno di scarsa entità in relazione alla controversia trattata.