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legittimazione - ad causam - successioni "mortis causa" - disposizioni generali - accettazione dell'eredità - modi - tacita - Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13738 del 27/06/2005

 Legittimazione "ad causam" - Qualità ereditaria dell'attore ( o del convenuto) - Prova - Onere - Oggetto - Delazione e accettazione dell'eredità - Accettazione - Nozione - Azioni giudiziarie proposte dal chiamato - Volontà incompatibile con la rinuncia all'eredità - Configurabilità - Sussistenza - Condizioni. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13738 del 27/06/2005

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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 13738 del 27/06/2005
In tema di "legitimatio ad causam", colui che promuove l'azione (o specularmente vi contraddica) nell'asserita qualità di erede di altro soggetto indicato come originario titolare del diritto(nella specie rivendicazione della proprietà) deve allegare la propria legittimazione per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore, fornendo la prova, in ottemperanza all'onere di cui all'art. 2697 cod. civ., del decesso della parte originaria e della sua qualità di erede, perché altrimenti resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto di agire (o a contraddire); per quanto concerne la delazione dell'eredità , tale onere - che non è assolto con la la produzione della denuncia di successione - è idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali è dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il "de cuius" che legittima alla successione ai sensi degli artt. 565 e ss cod. civ.. D'altra parte, con riguardo all'accettazione dell'eredità, poiché ai sensi dell'art. 476 cod. civ. l'accettazione tacita può desumersi dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi,"id est"con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l'eredità secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo di agire di una persona normale,l'accettazione è implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che - essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari - non rientrano negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall'art. 460 cod. civ., sicché, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento della stato di fatto quale esistente al momento dell'apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di proporle e, proponendole,dimostra di avere accettato la qualità di erede.



Cod. Civ. art. 460
Cod. Civ. art. 476
Cod. Civ. art. 565
Cod. Civ. art. 948
Cod. Civ. art. 2697
Cod. Proc. Civ. art. 100