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Patente - competenza sui provvedimenti provvisori

6 marzo 2010 - Patente - competenza sui provvedimenti provvisori – Effetti della sentenza 22844/2009 della Cassazione di Renato Amoroso - Coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza

Patente - competenza sui provvedimenti provvisori - Effetti della sentenza 22844/2009 della Cassazione  di Renato Amoroso - Coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza

Effetti della sentenza 22844/2009 della Cassazione in tema di competenza sui provvedimenti provvisori sulla patente. di Renato Amoroso - Coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza

Alcuni osservatori hanno ritenuto di individuare nel contenuto della sentenza 28.10.2009 n. 22844 della seconda sezione civile della Cassazione (vedi allegato A) una novità in tema di sindacabilità dei provvedimenti provvisori di sospensione e ritiro della patente, in conseguenza della commissione del reato di guida in stato di ebbrezza (art. 186 CdS).

L’esame del provvedimento e dei suoi collegamenti induce a smentire che siano intervenute novità sostanziali o importanti modifiche nell’orientamento della Suprema Corte.

Già nella sentenza 8693/05 delle sezioni unite si legge:
E' fermo in giurisprudenza, anche in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale 5-12 febbraio 1996, n. 31, il principio della sindacabilità in sede di giurisdizione ordinaria di tutti i provvedimenti di sospensione della validità della patente di guida e, quindi, anche del provvedimento reso in via provvisoria dal prefetto ai sensi dell'art. 223, co. 2°, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (cfr., da ultimo, Cass., SS.UU., seni. n. 1993 dell'll febbraio 2003).
A tale regola non si sottrae la presente controver¬sia, non costituendo ostacolo all'esercizio della giu¬risdizione del giudice ordinario il fatto che il ......, al fine di vedere affermato il proprio diritto soggettivo all'uso della patente di guida e, quindi, alla circolazione stradale, compromesso dal provvedi¬mento di sospensione della validità della patente adot¬tato dal prefetto, chieda l'annullamento del "procedimento sanzionatorio".

Con ordinanza in regolamento di competenza 14932/2005 la seconda sezione della Corte così si pronunciava:
“rilevato che a seguito di opposizione, a norma dell'art. 204 bis DPR n° 285 del 1992, proposta da ................ avverso l'ordinanza ingiunzione con cui gli era stata sospesa per sessanta giorni la patente di guida per aver guidato in stato di ebbrezza, l'adito Giudice di pace di .........., con sentenza in data ..........., dichiarava la propria incompetenza per materia per essere la guida in stato di ebbrezza stata attribuita alla cognizione del tribunale, in base alla legge 1.8.2003, n° 214; che il procedimento veniva riassunto dall'opponente di fronte al tribunale di ...............;
che il giudice di detto tribunale con provvedimento del 4.10.2004 promuoveva, ex art. 45 cpc., regolamento di competenza di ufficio, sospendendo il procedimento in corso;
ritenuto che il proposto regolamento appare fondato, atteso per un verso che la competenza del giudice di pace per violazione alle norme sulla circolazione stradale risulta essere stata ripristinata, in forza dell'art. 98 del DPR 30.12.1999, n °507, e, per altro verso, che trattasi di competenza funzionale, non limitata alle sanzioni di carattere pecuniario, ma estesa anche alle sanzioni di natura diversa, fra cui deve ritenersi compresa quella accessoria del ritiro della patente (cfr. Cass. SS.UU. 19.2. 2004, n° 3332);
che detta competenza funzionale del giudice di pace risulta successivamente confermata con il primo camma septies dell'art. 4 della legge 1.8.2003, n° 214, che ha introdotto l'art. 204 bis del DPR n° 285 del 1992, secondo cui l'opposizione all'ordinanza ingiunzione debba essere presentata al Giudice di pace;          P.Q.M.
dichiara la competenza del Giudice di Pace”.

Ben si comprende, quindi, per quali ragioni, a conferma del consolidato orientamento suddetto, le sezioni unite della Cassazione, con sentenza 2519/2006 (vedi allegato B) abbiano ribadito che il provvedimento di sospensione della patente, in occasione della contestazione del reato di cui all’art. 186 CdS, possa essere impugnato dinanzi al Giudice ordinario, in forza dell’art. 205 CdS. Il principio è estensibile all’impugnazione del ritiro della patente a causa della identità della posizione soggettiva dedotta in giudizio (l’impossibilità di esercitare il proprio diritto a fare uso della patente e quindi alla circolazione stradale).
Detta competenza non è posta in dubbio dal fatto che il ricorrente contesti la sussistenza dell’illecito penale, in quanto tale contestazione deve ritenersi proposta in via strumentale ed incidentale; il petitum del ricorso al Giudice ordinario (in tal caso il Giudice di Pace), infatti, ha ad oggetto l’annullamento del provvedimento provvisorio di sospensione o di ritiro della patente.
L’eventuale apprezzamento del Giudice ordinario in ordine alla sussistenza dell’illecito penale, infatti, non potrebbe dare origine a giudicato, pur restando proponibile incidenter tantum.

Come già ebbi modo di esporre nell’incontro di Milano del 28.10.2009, promosso nell’ambito della formazione permanente della Magistratura Onoraria, non si giunge a conclusioni differenti esaminando il tema delle possibili interferenze fra procedimento penale e procedimento amministrativo.
La condotta tipica del reato, infatti, è rappresentata nel verbale di accertamento, unitamente agli strumenti utilizzati per il rilievo (l’alcoltest); la competenza del Giudice penale, per sua stessa natura, si estende al fatto costituente reato ed alle prove offerte a sostegno dell’accusa.
E’ stata proposta l’obiezione relativa ad una necessaria sospensione del giudizio di opposizione dinanzi al Giudice di Pace, in attesa della decisione del competente Tribunale, in ordine alla sussistenza del reato. E’ stato altresì obiettato che il ricorso dinanzi al Giudice di Pace andrebbe riunito al procedimento penale dinanzi al Tribunale per ragioni di connessione. Ciò viene affermato in forza del principio della competenza del Giudice penale a conoscere dell’atto amministrativo allorchè quest’ultimo costituisce il presupposto o l’antecedente del reato.
Non si ravvisa l’obbligatorietà di una simile decisione, che svuoterebbe la competenza del Giudice di Pace in materia; attesa la natura provvisoria e cautelare del provvedimento, il ricorso al Giudice di Pace, limitato alla delibazione degli elementi del fumus boni iuris e del periculum in mora, permette di valutare e decidere più rapidamente del Tribunale.
Ciò corrisponde sicuramente ad un criterio costituzionalmente orientato di dare risposta tempestiva ed esauriente al diritto di difesa, dinanzi ad una misura afflittiva che produce immediatamente i suoi effetti. I due procedimenti, inoltre, sono del tutto differenti per rito e contenuto.
Si osservi, infine, che la possibilità di ricorrere al Giudice di Pace avverso il provvedimento de quo è esplicitamente prevista dalla legge, con il combinato disposto degli artt. 223 e 205 CdS, e che la impugnabilità delle sanzioni amministrative dinanzi al Giudice di Pace è di carattere generale, salve le eccezioni specifiche previste dalla legge. ( )
Va anche rilevato che il provvedimento prefettizio ha natura provvisoria e cautelare ( ), mentre il giudizio del Tribunale attiene al merito e, qualora venga accertata la penale responsabilità dell’imputato, determina la misura della sospensione (o ritiro) della patente in via definitiva, quale sanzione accessoria prevista dalla legge unitamente a quella pecuniaria.
Il provvedimento del Prefetto si colloca fra le misure immediatamente esecutive dirette a garantire la collettività dal pericolo di una reiterazione della condotta illecita; si tratta, quindi, di un provvedimento limitativo della libertà personale (in tal caso della libertà di condurre un veicolo) che trova il suo fondamento in una previsione di legge e nella pericolosità della condotta, in modo non dissimile in astratto dalla custodia cautelare in carcere della persona fisica.
Il venir meno della misura provvisoria non vincola il Giudice del merito del reato nel giudizio relativo alla responsabilità e alla conseguente adozione della misura in via definitiva; essendo diversi i presupposti di fatto e di diritto, possono sussistere giudici diversi e valutazioni differenti, senza che l’esito dell’uno possa compromettere quello dell’altro.

E’ stato anche proposto il tema della disapplicazione del provvedimento amministrativo da parte del giudice ordinario. In altre parole, da alcune parti, si è ritenuto di affermare che il Giudice di Pace potrebbe conoscere, incidenter tantum, del rapporto e del verbale, ai soli fini della sua disapplicazione del giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio di sospensione della patente in via provvisoria e dell’ordine a sottoporsi a visita medica in via cautelare.
Rientra nel potere del giudice ordinario disapplicare l’atto amministrativo che si presenti palesemente illegittimo, anche senza giungere alla dichiarazione della sua illegittimità espressa. Il potere di dichiarare la totale illegittimità, con l’annullamento del provvedimento, appartiene soltanto alla autorità giudiziaria amministrativa e non a quella ordinaria. Quest’ultima può affermare la illegittimità del provvedimento amministrativo ai soli fini del giudizio del caso singolo, approdando alla decisione del caso concreto come se l’atto amministrativo non fosse mai esistito.

Cassaz civile Sentenza n. 21173 del 29/09/2006
“Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa il giudice ordinario può sindacare la legittimità del provvedimento presupposto, al fine della sua eventuale disapplicazione ove lo ritenga illegittimo; tale controllo, quando venga prospettato uno sviamento di potere, può spingersi fino a verificare la rispondenza delle finalità perseguite dall'amministrazione con quelle indicate dalla legge, ma non può tradursi in una indebita ingerenza nel merito delle scelte operate dall'amministrazione, ovvero in una verifica della idoneità delle scelte compiute dall'amministrazione per perseguire gli scopi normativamente previsti”.

Cassaz. Civile Sez. 2, Sentenza n. 16143 del 02/08/2005
“Con riferimento al sindacato attribuito al giudice ordinario sugli atti posti in essere dalla P.A., il provvedimento amministrativo può essere disapplicato, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, a tutela del diritto soggettivo alla prestazione dedotto in giudizio, ove risulti affetto da vizi di legittimità, restando preclusa alla giurisdizione ordinaria la sostituzione delle valutazioni dell'amministrazione mediante un sindacato non circoscritto alla legittimità. Pertanto,in tema di violazioni del codice della strada,l'errore tecnico, imputato al Ministero dei Lavori Pubblici nell'esercizio del potere di classificazione degli apparecchi elettronici di rilevazione della velocità può essere fatto valere dall'interessato solo per il tramite di un vizio di legittimità dell'atto (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere ), ma non domandando al giudice - eventualmente a mezzo di consulente tecnico- un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dalla P.A.”.

Cassaz civile Sez. Unite, Sentenza n. 116 del 09/01/2007
“Nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione avente ad oggetto l'irrogazione di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, il giudice ordinario, al quale spetta la giurisdizione, essendo in contestazione il diritto del cittadino a non essere sottoposto al pagamento di somme al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, ha il potere di sindacare incidentalmente, ai fini della disapplicazione, gli atti amministrativi posti a fondamento della pretesa sanzionatoria. Pertanto, nel caso in cui sia stata irrogata una sanzione pecuniaria per la sosta di un autoveicolo in zona a pagamento senza esposizione del tagliando attestante l'avvenuto versamento della somma dovuta, il controllo del giudice sull'ordinanza del Sindaco istitutiva del parcheggio a pagamento, se resta escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione, deve ritenersi consentito con riguardo agli eventuali vizi di legittimità del provvedimento, ivi compresa la violazione dell'obbligo, previsto dall'art. 7, comma ottavo, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, di istituire aree di parcheggio gratuito e libero nelle immediate vicinanze di quelle in cui venga previsto il parcheggio a pagamento”. (Osserva il Collegio con la detta sentenza che il giudice ordinario non esercita un inammissibile controllo su scelte di merito dell'amministrazione, ma solo rileva eventuali vizi di legittimità dei provvedimenti amministrativi; in materia di sanzioni amministrative, pertanto, il controllo del giudice ordinario nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza- ingiunzione irrogativa della sanzione, resta escluso con riguardo alle valutazioni di merito attinenti all'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, ma deve ritenersi consentito con riguardo agli eventuali vizi di legittimità del provvedimento medesimo, al limitato fine della sua disapplicazione) ( ).

Pertanto il Giudice ordinario dovrà:
•    procedere all’esame della legittimità dell’atto amministrativo solo se richiesto dalla parte e su specifica sua eccezione;
•    esaminare la sussistenza o meno di vizi di legittimità (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere nei suoi diversi profili) ma non del merito dell’atto e delle scelte che appartengono alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione;
•    se accerta la detta illegittimità il Giudice ordinario dovrà dichiararla con motivazione articolata ed esplicita;
•    decidere la controversia specifica escludendo dalla valutazione di fatto e diritto l’atto disapplicato;
•    qualora si verta in materia di sanzioni amministrative e la pretesa sanzionatoria si fondi in via esclusiva sull’atto amministrativo disapplicato, il ricorso proposto dalla parte sanzionata andrà accolto.

Per la disapplicazione dell’atto amministrativo la condizione essenziale è la eccezione proposta dal ricorrente con istanza esplicita. Non compete al Giudice ordinario porsi d’ufficio la questione della illegittimità dell’atto (che, di regola, è assistito da una presunzione di legittimità); essa deve esplicitamente essere prospettata nel ricorso e non può essere oggetto di atto integrativo nel corso del giudizio( ).
L’esame delle condizioni per la disapplicabilità ci conduce a concludere per la non praticabilità di una simile valutazione nel tema che ci occupa; l’esame della legittimità dell’accertamento compete al Tribunale( ) e non appare razionale una duplicazione di procedimenti di valutazione, neppure in via incidentale. Restano tuttavia dubbi applicativi, in considerazione di possibili vizi dell’atto prefettizio e della specialità di talune situazioni.

Esaminiamo due casi pratici.
A) Il ricorrente eccepisce la nullità dell’accertamento, in violazione degli artt. 256 cpp e 114 disp att. Cpp per omesso avviso all’interessato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
L’accertamento del tasso alcolemico costituisce atto di polizia giudiziaria urgente e indifferibile ( ) e, nel compimento di essi, la parte ha diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia. L’autorità procedente ha il dovere di informare la parte di detto diritto, dandone atto nel verbale ( ).
La nullità deve essere eccepita dalla parte prima del compimento dell’atto o subito dopo di esso (ad esempio tramite deposito di memorie nel procedimento penale) ( ).
Non vi può essere dubbio che una simile situazione possa essere rilevante anche nel giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio provvisorio e cautelare: la nullità dell’accertamento, infatti, invaliderebbe l’atto presupposto e, per teoria generale dell’atto amministrativo, l’atto conseguente diventerebbe illegittimo.
B) il provvedimento prefettizio è apparentemente sottoscritto da persona diversa dal Prefetto e non risulta dal testo dell’atto il potere della persona delegata e gli estremi della delega.
Il vizio è di competenza non dell’organo accertatore ma dell’organo che adotta la misura provvisoria e cautelare ( ).

La materia è stata profondamente innovata dalla istituzione dei Dirigenti di Area( ); ciò, tuttavia, non esonera la P.A. dalla menzione della fonte normativa che legittima la competenza.
E’ principio ormai consolidato dell’ordinamento giuridico, infatti, la cosiddetta trasparenza (rectius chiarezza e comprensibilità) dell’azione amministrativa, con l’individuazione non soltanto dell’organo che ha emesso il provvedimento ma anche del responsabile del procedimento.
Si presti attenzione inoltre a quanto espresso dal T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, con sentenza 29 agosto 2008, n. 542 che recita: “In applicazione dei principi in materia di esercizio di poteri vicari i vice Prefetti, al pari di ogni altro organo vicario dello Stato, possono legittimamente esercitare i poteri spettanti al Prefetto non solo sulla base di esplicite deleghe ma anche senza alcuna delega qualora quest'ultimo risulti assente e/o impedito”.( )
E inoltre: “Ai sensi dell'art. 14, d.lg. 19 maggio 2000 n. 139 (disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia) il dirigente è competente ad adottare, tra l'altro, "i provvedimenti e le iniziative connessi all'espletamento dei servizi d'istituto nell'ambito delle aree funzionali cui sono preposti", ciò da cui si desume che il provvedimento di revoca della patente attualmente compete "ex lege" al dirigente di area”.
(T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 02 maggio 2005, n. 1833)

Un ipotetico vizio di incompetenza dell’organo accertatore trova un primo momento valutativo nello stesso Prefetto, organo di pubblica amministrazione in grado, per formazione e collocazione istituzionale, di rilevare un simile vizio.
Il vizio di violazione di legge deve essere dichiarato dal Tribunale, nell’ambito del processo penale definito dalla norma. Quanto al vizio di eccesso di potere si è già visto che il sindacato del Giudice ordinario non può estendersi alle scelte organizzative della P.A.
E’ pur vero che l’eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del Giudice di Pace travolgerebbe il solo provvedimento provvisorio e cautelare, lasciando integro il potere del Tribunale di accertare la legittimità dell’accertamento, determinando la pena accessoria in via definitiva.

Per quanto già osservato in ordine alla valenza cautelare del provvedimento prefettizio non sembra coerente con la norma trascurare la finalità e la obbligatorietà dell’ordine per la visita medica ( ). L’adempimento all’ordine per la visita medica, e la sua effettuazione con esito positivo, permettono la restituzione della patente, salve le decisioni in via definitiva del Tribunale.

In conclusione sembra preferibile limitare la cognizione del Giudice di Pace a tale funzione preventiva del provvedimento prefettizio, lasciando al Giudice penale ogni analisi e verifica sull’accertamento nella sua interezza.

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Competenza

Incompetenza

Valore

Territorio

Funzionale