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Danneggiamento di fondale marino -   Danneggiamento Aggravato

16/12/2002 Danneggiamento di fondale marino -   Danneggiamento Aggravato - Fondo e sottofondo marino (la c.d.piattaforma continentale) cose destinate a pubblica utilita' -

Danneggiamento di fondale marino -   Danneggiamento Aggravato - Fondo e sottofondo marino (la c.d. piattaforma continentale) cose destinate a pubblica utilità - (Cassazione – Sezione seconda penale (up) – sentenza 19 novembre-16 dicembre 2002, n. 42119)


Cassazione – Sezione seconda penale (up) – sentenza 19 novembre-16 dicembre 2002, n. 42119

Svolgimento del processo

Cxxxxxxxxxxxx Giuseppe impugna la sentenza della Corte di appello di Lecce – sezione di Taranto, confermativa della decisione di primo grado con la quale è stato dichiarato colpevole dei reati – unificati nel vincolo della continuazione – di pesca di specie marina di cui è vietata la cattura e danneggiamento aggravato ai sensi dell’articolo 635, terzo comma, e 625 n. 7 Cp, per avere deteriorato i fondali della relativa zona di mare, mediante frantumazione degli scogli in cui la predetta specie vive incastonata.

Come emerge dai provvedimenti di merito, l’imputato era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria in zona di bassa scogliera lungo il litorale mentre, ancora interamente bagnato, si trovava in possesso senza giustificazione di un retino contenente il predetto pescato, un martello ed una pinza.

Con il ricorso denuncia:

- nullità del decreto di citazione al giudizio di appello, per l’erronea indicazione della data di udienza (17.1.01 anziché 17.1.02);

- violazione di legge penale ed improcedibilità dell’azione per difetto di querela, non essendo configurabile la contestata aggravante; osserva il ricorrente che la scogliera – res communis omnium – non costituisce un bene patrimoniale e non è suscettibile di rientrare nella nozione di demanio pubblico;

- vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della prova circa la penale responsabilità, tratta anche da elementi non emersi nel dibattimento;

- vizio della motivazione in ordine alla negata sospensione condizionale della pena.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

Se è vero infatti che nel decreto di citazione per il giudizio di appello è stato indicato, come giorno di celebrazione dell’udienza, il 17 gennaio 2001, è altresì vero che il decreto medesimo risulta emesso il 15 ottobre 2001 e notificato il successivo 22 ottobre, dunque in data tanto posteriore a quella ivi riportata da non poter ingenerare confusione alcuna sulla circostanza che fosse stato commesso un banale errore materiale; l’imputato, dunque, con l’applicazione di quel minimo di diligenza e collaborazione che l’ordinamento richiede a ciascun consociato, avrebbe potuto e dovuto chiarire l’equivoco, anche perché, particolare non certo irrilevante nella valutazione della censura, l’avviso di udienza recapitato in data 23 ottobre 2001 al suo difensore di fiducia recava l’esatta menzione del giorno fissato per il giudizio (17 gennaio 2002).

La seconda doglianza è generica, perché formulata mediante la letterale riproduzione dei motivi di appello, senza alcun effettivo riferimento critico alla sentenza di secondo grado: le relative deduzioni non rispondono dunque al concetto di “motivo”, perché non si raccordano a un determinato “punto” della sentenza impugnata per sottoporlo a censura e si palesano, quindi, prive del requisito della specificità (sezione sesta, 2 ottobre 1996, Del Vecchio, rv 206507; sezione quarta, 12 ottobre 2000, Galletta, rv 217321).

Ad ogni buon conto occorre qui precisare che la Corte territoriale ha esattamente inquadrato la questione sotto il profilo giuridico e ritenuto il fatto perseguibile d’ufficio, dovendosi considerare il mare territoriale ed il fondo e sottofondo marino (la c.d. piattaforma continentale) quali “cose destinate a pubblica utilità” rilevanti ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 625 n. 7 Cp, richiamato dall’articolo 635 Cp; ed invero mare territoriale e fondale marino, pur qualificabili come res communes omnium, sono soggetti, anche sotto il profilo del diritto internazionale (convenzioni di Ginevra del 1958), alla sovranità dello Stato che è portatore di un interesse diretto alla loro integrità (sezione seconda, 10.2.1984, Mento, rv 164776/7), sia per garantirne la conservazione come risorse naturali e la duratura fruizione da parte di tutti, sia per poterne disporre iure imperii nei casi previsti dalla legge (ad esempio in materia di pesca o di concessione anche ad altri fini di tratti di mare territoriale, ovvero in materia di esplorazione e sfruttamento del fondo e sottofondo marino).

Del tutto corretta si palesa poi la motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità, fondata su ineccepibili argomentazioni logiche, ed al trattamento sanzionatorio (in relazione al quale è richiamata l’esistenza di un precedente penale specifico), sicché, a prescindere dalla considerazione che anche in ordine a tale censura i motivi di ricorso riproducono per la gran parte quelli di ricorso, con conseguente genericità degli stessi, le censure sul punto sono comunque manifestamente infondate.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.