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Riunione e separazione di causa - Procedimenti relativi a cause connesse - Giudizi di legittimità

Civile - Riunione e separazione di causa - Procedimenti relativi a cause connesse - Giudizi di legittimità Civile - Riunione e separazione di causa - Procedimenti relativi a cause connesse - Giudizi di legittimità - Riunione - Ammissibilità - Limiti - Procedimenti pendenti davanti a giudici di diversa giurisdizione - Riunione - Corte di Cassazione, Sez. U, Sentenza n. 3690 del 09/03/2012

Civile - Riunione e separazione di causa  - Procedimenti relativi a cause connesse - Giudizi di legittimità

Civile - Riunione e separazione di causa  - Procedimenti relativi a cause connesse - Giudizi di legittimità - Riunione - Ammissibilità - Limiti - Procedimenti pendenti davanti a giudici di diversa giurisdizione - Riunione - L'istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall'art. 274 cod. proc. civ., operante anche in sede di legittimità, è inapplicabile non solo nel caso di giudizi pendenti in gradi diversi, ma anche quando i due procedimenti, di cui si chiede la riunione, si svolgano dinanzi a giudici i quali esercitano giurisdizioni distinte, pur se aventi ad oggetto la tutela dei medesimi beni della vita da parte delle distinte giurisdizioni, ordinaria ed amministrativa, che possano erogarle, sulla base di domande che, ai sensi dell'art. 386 cod. proc. civ., abbiano determinato l'individuazione dei giudici aditi. (Nella specie, le Sezioni Unite non hanno disposto la chiesta riunione tra il giudizio di impugnazione, per motivi attinenti alla giurisdizione, di una sentenza emessa dal Consiglio di Stato all'esito di un processo amministrativo, e il procedimento sorto da un'istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, proposta nell'ambito di una causa in corso in primo grado davanti ad un tribunale ordinario, tra le stesse parti, non potendosi qualificare le cause tra loro connesse come pendenti davanti allo "stesso giudice"). Corte di Cassazione, Sez. U, Sentenza n. 3690 del 09/03/2012

Corte di Cassazione, Sez. U, Sentenza n. 3690 del 09/03/2012

PREMESSO IN FATTO

Mentre è in corso, davanti al Tribunale ordinario di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, la causa introdotta dal Comune di Sardara nei confronti della s.r.l. Hotel Eucalipti Terme, con ricorso ai sensi dell'art. 447 bis c.p.c. del 10 settembre 2008, per la declaratoria di risoluzione del rapporto sorto dal contratto stipulato dalle parti il 5 giugno 2000, avente ad oggetto l'affitto, per il corrispettivo di Euro 206.583,27 annui, dell'azienda costituita anche dalla struttura alberghiera per l'uso dalle acque in concessione, l'ente locale ha disposto lo sgombero di tale albergo con provvedimento di revoca della concessione relativa alla utilizzazione dello stesso.
Per l'annullamento di tale provvedimento ha proposto ricorso al Tar Sardegna di Cagliari, la s.r.l. Hotel Eucalipti Terme, deducendo che il rapporto tra essa e l'ente locale era di diritto privato, costituendo un affitto d'azienda alberghiera comprendente il complesso di immobili, pertinenze e infrastrutture di proprietà del Comune destinati ad albergo e a terme, per utilizzare le acque in subconcessione dallo stesso ente locale concessionario della Regione Sardegna. Deduceva la ricorrente che, per la liberazione di tali immobili, con disdetta del 22 marzo 2007, il Comune di Sardara aveva comunicato la sua volontà di risolvere il rapporto per inadempienze contrattuali della controparte o in ogni caso per cessazione del rapporto di affitto, fissata, nell'accordo che precede al 4 giugno 2009.
L'ente locale aveva quindi notificato alla società il ricorso al tribunale ordinario per la risoluzione dell'affitto e la propria determinazione del 15 maggio 2009 n. 82, con cui il responsabile del settore tecnico dello stesso comune, aveva ordinato alla società di rilasciare liberi gli indicati beni da essa detenuti in località Santa Maria de Is Acquas, per essere cessata la durata novennale del rapporto concessorio. Il ricorso del maggio 2009 contro la determinazione di sgombero del Comune di Sardara è stato rigettato dal Tar Sardegna di Cagliari, che ha escluso l'illegittimità del provvedimento dell'ente locale per avere, in autotutela, esercitato i suoi poteri, ordinando lo sgombero dei beni aziendali detenuti dalla ricorrente in base alla convenzione sostitutiva della concessione, che già erano stati oggetto dell'azione civile di risoluzione del rapporto di affitto davanti al Tribunale ordinario di Sanluri- Cagliari, nel corso del primo grado del quale, la società ha proposto ricorso ai sensi dell'art. 41 c.p.c. iscritto al n. 28941/10, notificato il 1-6 dicembre 2010, per regolamento di giurisdizione. La sentenza del Tar Sardegna del 10 luglio 2009 notificata il successivo 30 luglio, ha rigettato il ricorso, perché gli immobili costituenti l'azienda alberghiera appartenevano al patrimonio indisponibile del Comune, essendo funzionali allo sfruttamento delle acque termali anche esse beni della stessa natura, per cui l'accordo tra le parti per regolare l'uso della struttura alberghiera, qualificato "affitto", doveva qualificarsi atto integrativo o sostitutivo del provvedimento concessorio, per la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 11. La concessione di beni pubblici, quali le acque termali e l'albergo destinato a terme, era scaduta il 4 giugno 2009, per cui era legittima la determinazione di sgombero impugnata e la connessa indizione di una nuova gara per rinnovare la concessione e doveva rigettarsi la impugnazione al Tar Sardegna del provvedimento di sgombero da parte della società concessionaria. Avverso tale sentenza, la società Eucalipti Terme ha proposto appello, denunciando anche in secondo grado la illegittimità del provvedimento di sgombero del Comune di Sardara, emesso in un rapporto privatistico di affitto, con abuso di potere dell'ente locale e lesione del diritto soggettivo della società Hotel Terme Eucalipti di detenere la struttura alberghiera, che il Tar Sardegna aveva erroneamente affermato essere bene in concessione dal comune alla società. Il gravame al Consiglio di Stato della s.r.l. Eucalipti Terme contro la pronuncia del Tar Sardegna lamentava errori, difetto di motivazione ed illogicità della pronuncia di primo grado e ne chiedeva la riforma, essendo illogico l'uso del provvedimento di sgombero in autotutela dei detti immobili e la qualifica di concessione dell'affitto di azienda, da ritenere invece contratto di diritto privato concluso dalle parti, sugli effetti del quale era stato già investito il tribunale ordinario nella causa civile già richiamata. Il Consiglio di Stato, con decisione n. 4499 del 13 luglio 2010, ha rigettato il gravame contro la sentenza di primo grado, ritenendo sussistere la concessione e il conseguente rapporto che legittimava la società a detenere e gestire la struttura alberghiera e considerando legittimo l'ordine di sgombero oggetto di impugnazione.
Per la cassazione di tale decisione viene proposto, dalla s.r.l. Hotel Eucalipti Terme, ricorso notificato il 26 ottobre 2010, che la ricorrente afferma essere, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 1 e D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 110 avendo anche notificato in data 1-7 dicembre 2010 altro ricorso al Comune di Sardara, con istanza di regolamento di giurisdizione, nella causa di risoluzione del rapporto di affitto pendente in primo grado davanti al Tribunale ordinario di Cagliari-Sarluri.
OSSERVA IN DIRITTO
1.1. Le parti sono state invitate a comparire per la decisione sul presente ricorso in camera di consiglio, invece che alla pubblica udienza, cioè con le modalità ordinarie della discussione delle cause in cassazione. Con l'accordo delle parti, comunque, la causa sorta sul ricorso n. 25255 del 2010 a base di questa sentenza è stata trattata in pubblica udienza, assicurando alle parti il rispetto dei principi di oralità e immediatezza, senza pregiudizi per i loro diritti di azione e difesa, con una conversione, sicuramente legittima dei modi di trattazione del giudizio, che conferma la natura di mera irregolarità della loro convocazione in camera di consiglio, che non ha impedito il raggiungimento dello scopo della discussione in pubblica udienza prevista per ogni analoga impugnazione in Cassazione (cfr. per la conversione di un procedimento camerale di regolamento di competenza discusso in pubblica udienza, S.U. 8 aprile 2008 n. 9153).
Il giudizio può quindi ritenersi validamente discusso e deciso ai sensi dell'art. 111 Cost. in una udienza pubblica, con la partecipazione e il consenso di tutte le parti, che hanno anche discusso le loro difese in contraddittorio e nelle condizioni di parità e di pubblicità che l'art. 111 Cost. e la Convezione europea dei diritti dell'uomo impongono a garanzia del corretto esercizio dei poteri giurisdizionali.
1.2. Ancora in via preliminare, deve rigettarsi la richiesta della s.r.l. Eucalipti Terme, di riunire la presente causa, sorta dal ricorso n. 25255/10, ai sensi dell'art. 362 c.p.c., comma 1, del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 110 e dell'art. 111 Cost., per connessione soggettiva e oggettiva, a quella conseguente al ricorso n. 28941/19, con istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, che ha dato luogo al relativo procedimento incidentale, pendente tra le stesse parti, nella causa n. R.G. 170/C 08, in corso tra loro dinanzi al Tribunale ordinario di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri.
Pur ritenendosi possibile, anche in Cassazione, la riunione facoltativa di ricorsi per connessione oggettiva e/o soggettiva realmente esistente nel caso, ai sensi dell'art. 274 c.p.c. (Cass. 22 giugno 2007 n. 14607), l'istituto è inapplicabile non solo nel caso di giudizi in gradi diversi ma anche quando i due giudizi di cui si chiede la riunione si svolgano dinanzi a giudici che esercitano giurisdizioni distinte, pur se in processi aventi ad oggetto tutele dei medesimi beni della vita chieste alle distinte giurisdizioni che le potevano erogare, di tipo ordinaria e amministrativa, con domande che ai sensi dell'art. 386 c.p.c. hanno determinato l'individuazione dei giudici aditi. Nel caso, si ha in questa sede la impugnazione di una sentenza emessa dal Consiglio di Stato all'esito di un processo amministrativo, mentre è pendente una istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c., in una causa ancora in corso in primo grado davanti a un tribunale ordinario e i due giudizi sorti da tali ricorsi non possono essere riuniti. Mancano infatti i presupposti di diritto per disporre la riunione dei giudizi, occorrendo che essi abbiano la stessa natura e siano trattati nello stesso grado e nella medesima fase del processo, sempre che le cause siano in corso dinanzi allo stesso giudice o a giudici che esercitino la medesima giurisdizione, ordinaria o speciale, e solo se siano tra loro connesse e pendenti nel medesimo grado o nella stessa fase impugnatoria o cognitoria (Cass. 17 giugno 2008 n. 16405). La Corte a sezioni unite di regola non può disporre riunioni facoltative se non tra cause nel merito decise dinanzi a giudici che esercitano poteri cognitivi dello stesso tipo, essendo le stesse obbligatorie solo nelle ipotesi di cui all'art. 335 c.p.c. e all'art. 96 del Nuovo processo amministrativo.
La Corte a sezioni unite può decidere sui motivi inerenti alla giurisdizione dei ricorsi contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, e non può qualificarsi per tali impugnazioni che giudice del riparto in alcun modo qualificabile come lo "stesso giudice" dinanzi al quale sono state pendenti le cause tra loro connesse per oggetto o soggetti, che siano impugnate, anche per violazioni di legge, come avviene per le sentenze dell'A.G.O. Nella presente fattispecie, la causa incidentale nell'ambito di un processo principale dinanzi al tribunale ordinario in primo grado, sorta da un regolamento di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c. non può riunirsi, in base all'art. 274 c.p.c., con una causa nata dal ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione di una sentenza del Consiglio di Stato che ha deciso in secondo grado, sulla istanza di annullamento di un provvedimento amministrativo. 2. Va quindi esaminato in questa sede il contenuto del ricorso n. 25255/10 proposto dalla s.r.l. Hotel Eucalipti avverso la decisione di cui in epigrafe del Consiglio di Stato n. 4499 del 2010, con il quale, la indicata società, dopo avere insistito sulla natura di beni patrimoniali disponibili degli immobili da essa detenuti a titolo di affitto di azienda, chiede cassarsi la sentenza che precede, per essere stata emessa in eccesso di poteri giurisdizionali dal giudice amministrativo, in un rapporto riservato alla cognizione del giudice ordinario.
Peraltro la sentenza breve del Tar Sardegna di Cagliari n. 1256 del 2009, appellata dalla s.r.l. Hotel Eucalipti Terme con ricorso respinto dalla decisione del Consiglio di Stato impugnata in questa sede, ha affermato che la struttura alberghiera dell'appellante è funzionale all'interesse pubblico soddisfatto con lo sfruttamento delle acque termali, il cui uso in concessione alla società è terminato a giugno 2009, data di scadenza dell'atto concessorio. Poiché l'azienda alberghiera è da ritenere rientrante anche essa nel patrimonio indisponibile del Comune di Sardara, che non poteva stipulare alcun contratto di diritto privato di affitto di azienda avente ad oggetto detto immobile, potendolo solo dare in concessione come bene funzionale a soddisfare un pubblico servizio (nello stesso senso S.U. ord. 5 dicembre 2011 n. 25927), l'accordo relativo alla detenzione e gestione dell'albergo era un atto integrativo o sostitutivo del provvedimento di concessione, ai sensi di legge. La decisione oggetto di ricorso nega quindi alla società ricorrente di poter mantenere la detenzione del complesso alberghiero di cui è stato ordinato il rilascio dall'ente locale resistente, con il provvedimento oggetto di ricorso, essendo scaduta la concessione dell'uso delle acque il 4 giugno 2009, per cui la detenzione della struttura dalla società si è ritenuta sine titulo e illecita, e si è quindi respinto, dal Consiglio di Stato, l'appello avverso la pronuncia di primo grado che aveva rigettato il ricorso contro l'ordine di sgombero alla s.r.l. Hotel Eucalipti da parte del Comune di Sardara. Con l'appello contro la decisione del Tar di cui alla richiamata pronuncia nessuna delle parti ha censurato la sentenza di primo grado perché emessa oltre i limiti dei poteri giurisdizionali del giudice speciale (art. 362 c.p.c., comma 1) ovvero per avere i giudici amministrativi abusato dei poteri cognitivi spettanti a quelli ordinari, erogando tutele riservate a costoro (in tal senso potrebbe intendersi il richiamo espresso in ricorso all'art. 360 c.p.c., n. 1, in luogo dell'art. 362 c.p.c.). Anche con il gravame si è dedotto che il provvedimento del Comune di Sardara avrebbe leso il diritto dell'appellante a gestire in regime di affitto di azienda gli immobili oggetto di causa senza attendere la definizione del giudizio pendente in primo grado dinanzi al Tribunale ordinario di Sanluri (Cagliari), sulla domanda di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno proposta dal Comune in sede civile. Nessuna censura con l'appello si è proposta contro la sentenza del Tar Sardegna, per una eventuale mancanza dei poteri cognitivi di questo in favore di quelli dell'A.G.O. ne' si è dubitato dall'appellante della esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, con acquiescenza sul punto del tacito riconoscimento della propria giurisdizione di questo, già implicitamente affermata in primo grado con la pronuncia di merito sul ricorso. Sia il comune che la società in alcun modo hanno impugnato la decisione del Tar Sardegna, per il profilo della carenza di giurisdizione o d'eccesso esterno dei poteri cognitivi che la legge attribuisce allo stesso Tribunale amministrativo regionale, in favore di altro giudice ordinario o speciale. L'unico motivo attinente alla giurisdizione del ricorso per cassazione deve quindi ritenersi inammissibile, per essere divenuta giudicato la definizione della giurisdizione da parte del Tar, a seguito dell'appello della s.r.l Hotel Eucalipti avverso la sentenza di tale giudice privo di ogni censura della pronuncia impugnata, in ordine ad una carenza di poteri cognitivi del giudice adito dallo stesso tacitamente dichiarata in via definitiva, per essersi proceduto all'esame di tutte le altre questioni "di merito" prospettate con il ricorso, con inammissibilità conseguente sul punto del ricorso per cassazione (in tal senso, tra altre, S.U. 9 novembre 2011 n. 23306, ord. 13 ottobre 2011 n. 21065, ord. 18 giugno 2010 n. 14828, S.U. 9 ottobre 2008 n. 24883).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
3. In deroga alla regola della soccombenza, appare equa la integrale compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione tra le parti, avendo l'ente locale con la propria condotta, amministrativa e processuale, concorso a dar luogo alla resistenza della società ricorrente in questa sede.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della corte di Cassazione, il 31 gennaio 2012. Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2012