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Divisione giudiziale Progetto del giudice - Scioglimento della comunionione

Scioglimento della comunione progetto del giudice Divisione giudiziale Progetto del giudice - Scioglimento della comunione - Comunicazione del deposito del progetto di divisione e dell'udienza di discussione anche nei confronti dei contumaci - Necessità - Sussistenza - Conseguenze - Revoca di un precedente provvedimento di assegnazione - Ulteriore progetto di divisione - Mancata fissazione di ulteriore udienza di discussione - Assegnazione dei beni - Violazione dell'art. 789 cod. Proc. Civ. - Nel procedimento di scioglimento della comunione, la comunicazione del deposito del progetto divisionale e dell'udienza fissata per la relativa discussione deve essere effettuata, a norma dell'art. 789, secondo comma, cod. Proc. Civ., nei confronti di tutti i condividenti, anche se contumaci. Ne consegue che viola il disposto del citato art. 789 il giudice istruttore che - dopo aver dichiarato, con ordinanza, l'esecutività del progetto divisionale approntato dal c.t.u., disponendo anche l'estrazione dei lotti - proceda successivamente alla revoca di tale provvedimento e, senza fissare una nuova udienza di discussione dell'ulteriore progetto di divisione individuato alla luce di promesse di vendita in precedenza intercorse tra i condividenti - e senza, quindi, consentire anche alle parti contumaci di venire a conoscenza del nuovo progetto, per poter proporre eventuali osservazioni - disponga l'assegnazione dei beni secondo la rinnovata rappresentazione di volontà delle sole parti costituite. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 880 del 23/01/2012

Scioglimento della comunione progetto del giudice

Divisione giudiziale Progetto del giudice - Scioglimento della comunione - Comunicazione del deposito del progetto di divisione e dell'udienza di discussione anche nei confronti dei contumaci - Necessità - Sussistenza - Conseguenze - Revoca di un precedente provvedimento di assegnazione - Ulteriore progetto di divisione - Mancata fissazione di ulteriore udienza di discussione - Assegnazione dei beni - Violazione dell'art. 789 cod. proc. civ. - Nel procedimento di scioglimento della comunione, la comunicazione del deposito del progetto divisionale e dell'udienza fissata per la relativa discussione deve essere effettuata, a norma dell'art. 789, secondo comma, cod. proc. civ., nei confronti di tutti i condividenti, anche se contumaci. Ne consegue che viola il disposto del citato art. 789 il giudice istruttore che - dopo aver dichiarato, con ordinanza, l'esecutività del progetto divisionale approntato dal c.t.u., disponendo anche l'estrazione dei lotti - proceda successivamente alla revoca di tale provvedimento e, senza fissare una nuova udienza di discussione dell'ulteriore progetto di divisione individuato alla luce di promesse di vendita in precedenza intercorse tra i condividenti - e senza, quindi, consentire anche alle parti contumaci di venire a conoscenza del nuovo progetto, per poter proporre eventuali osservazioni - disponga l'assegnazione dei beni secondo la rinnovata rappresentazione di volontà delle sole parti costituite. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 880 del 23/01/2012

Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 880 del 23/01/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. Pi.. Tommaso conveniva, dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, i germani Pi.. Luigi, Pi.. Nicola, Pi.. Giustina, Pi.. Alessandra, Pi.. Maria Raffaella e Pi.. Esterina perché - sul presupposto che con precedente ordinanza giudiziale era stato dichiarato lo scioglimento della comunione ereditaria dei defunti genitori senza che, però, fosse stato tenuto conto di due scritture di alienazione dei beni spettanti in quota alle predette sorelle in favore dei menzionati germani maschi - venisse sciolta, previa dichiarazione di validità delle due pregresse compravendite intervenute fra le parti, la comunione degli immobili attribuiti ai tre eredi maschi con individuazione delle relative quote da assegnare ai singoli condividenti. Nella sola costituzione de convenuto Pi.. Nicola, il giudice istruttore disponeva c.t.u. per la predisposizione, ove possibile, di apposito progetto di divisione. Depositata l'inerente relazione con la quale veniva accertata la comoda divisibilità dei beni facenti parte della comunione dedotta in controversia ed approntato idoneo progetto di divisione, il suddetto giudice, con ordinanza assunta all'udienza del 17 febbraio 2004, fissava apposita udienza per la discussione del progetto, nella quale, tuttavia, previa constatazione - dalle risultanze della relata di notifica dell'avviso di cancelleria - dell'intervenuto decesso di Pi.. Maria Raffaella, si provvedeva alla dichiarazione di interruzione del giudizio. Fissata l'udienza di prosecuzione, il g.i., verificata la ritualità della notificazione del ricorso in riassunzione e del pedissequo decreto giudiziale ai controinteressati (ivi compresi gli eredi di Pi.. Maria Raffaella), si riservava sulla richiesta di emissione dell'ordinanza di attribuzione delle quote individuate dal c.t.u.. A scioglimento della riserva, con ordinanza del 17-18 febbraio 2005, il g.i. - attesa l'assenza di contestazioni, senza aver, peraltro, rifissato l'udienza di discussione ex art. 789 c.p.c., comma 1, - dichiarava l'esecutività del progetto di divisione redatto dal c.t.u. e fissava apposita udienza per la conseguente estrazione a sorte dei lotti relativi alle quote da assegnare. In quest'ultima udienza (celebrata il 25 ottobre 2005), in cui comparivano i difensori dell'attore e dell'unico convenuto costituito in giudizio Pi.. Nicola, il g.i. si riservava nuovamente e, con ordinanza de 17-21 novembre 2005, provvedeva all'attribuzione parziale delle quote, rinviando la causa alla successiva udienza del 30 giugno 2006, all'esito della quale, previa assunzione di ulteriore riserva, con ordinanza del 12 febbraio 2007 (depositata il giorno successivo), dichiarava esecutivo il progetto divisionale concordemente prospettato dalle parti nelle note autorizzate del 10 ottobre 2006 con riguardo al compendio ereditario residuale rispetto all'ordinanza di assegnazione del 17 novembre 2005, ponendo le spese di lite a carico della massa "pro quota", con conseguente declaratoria di estinzione del giudizio. Avverso quest'ultima ordinanza (non notificata) hanno proposto ricorso per cassazione Pi.. Luigi e Pi.. Esterina basato su due motivi. Nessuno degli intimati si è costituito in questa fase. Con apposita nota ritualmente depositata in cancelleria la ricorrente Pi.. Esterina ha fatto pervenire atto di rinuncia al ricorso a mezzo del procuratore speciale avv. Francesco Oliveti (nominato tale in virtù di scrittura privata autenticata dal notaio Musto del 2 novembre 2011, pure acquisita agli atti).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo - riferito, invero, alla sola ricorrente Pi.. Esterina - è stata dedotta la violazione del procedimento per omessa integrazione del contraddittorio con riferimento agli artt. 101, 102, 110 e 303 c.p.c. (avuto riguardo all'art. 360 c.p.c., n. 4), sul presupposto che, dopo la dichiarata interruzione del giudizio, il ricorso in riassunzione con il provvedimento giudiziale di rifissazione dell'udienza di prosecuzione del processo, era stato notificato ad essa Pi.. Esterina oltre il termine assegnato, ragion per cui, non essendosi la stessa costituita, il giudice avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione della notificazione nei suoi confronti, rifissando una nuova udienza. In proposito, risulta formulato il seguente quesito di diritto: "a seguito del ricorso per la riassunzione del processo dichiarato interrotto per la morte di una delle parti, la mancata notificazione entro il termine stabilito dal giudice del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, comporta la intempestività della notificazione della riassunzione del processo e l'obbligo per il giudice di non assumere a detta udienza provvedimento alcuno, ma di rinviare l'udienza, che prevedeva la discussione del progetto di divisione, ad altra data assegnando al ricorrente nuovo termine per la notificazione alle parti contumaci del decreto di fissazione della nuova udienza? Ha violato le norme previste dagli artt. 101, 102, 110 e 303 c.p.c. il giudice che ha ignorato la mancata tempestiva notificazione del ricorso e del decreto di fissazione della nuova udienza al litisconsorte necessario?".
1,1. Questo primo motivo deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente Pi.. Esterina (alla quale, come evidenziato, è esclusivamente riferita la prospettata doglianza).
Infatti, ancorché nel giudizio divisorio caratterizzato da litisconsorzio necessario tra tutti i condividenti, la rinuncia al ricorso per cassazione proveniente da una o più parti ricorrenti non può produrre l'estinzione del giudizio di legittimità, neppure limitatamente alle persone dei rinuncianti (cfr. Cass. n. 834 del 1986 e, più in generale, Cass. n. 1502 del 1994, nonché, di recente, Cass. n. 4177 del 2008, ord.), la manifestazione di volontà di desistere dal ricorso proveniente dalla Pi.. Esterina (evincibile dalla sua dichiarazione di rinuncia allo stesso, come acquista agli atti: v. nota del suo difensore del 13 maggio 2011 e reiterata l'8 novembre 2011) è, comunque, idonea a determinare l'inammissibilità del motivo in questione. Da essa, infatti, si desume, in modo inequivocabile, la sopravvenuta caducazione del suo interesse a coltivare ulteriormente il motivo di ricorso e a voler ottenere una pronuncia in proposito di questa Corte con riferimento alla valutazione della sua fondatezza o meno (v., per riferimenti, la portata di Cass., S.U., n. 3876 del 2010, ancorché rivolta all'individuazione dei possibili effetti ricavabili dal deposito di un irrituale - o, comunque, incompleto - atto di rinuncia al ricorso per cassazione).
2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 789 c.p.c. con riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 3, corredandolo con il seguente quesito di diritto:
"viola la norma dettata dall'art. 789 c.p.c. il giudice che predisposto un progetto di divisione, fissata e comunicata tempestivamente solo ad alcune delle parti l'udienza di discussione del progetto, dichiarato esecutivo il progetto e disposta l'estrazione a sorte dei lotti, per due volte revoca implicitamente la precedente ordinanza e senza fissare una nuova udienza di discussione del progetto di divisione di nuovo individuato, e conseguentemente senza porlo in discussione con la parte contumace, assegna i beni secondo un progetto individuato nella concorde volontà delle sole parti costituite, penalizzando, per effetto della mancata partecipazione del progetto di divisione ed il mancato sorteggio delle quote, le parti contumaci?".
2.1. Questo motivo - univocamente dedotto anche nell'interesse del Pi.. Luigi - è fondato e deve, pertanto, essere accolto. Si osserva, in generale, che, secondo l'impostazione strutturale codicistica del procedimento di scioglimento delle comunioni (non rientrante nell'ambito dei giudizi sottoposti a riserva di collegialità secondo l'elencazione ora riportata nell'art. 50 bis c.p.c.), è possibile che esso, una volta introdotto nelle forme tipiche del giudizio di cognizione ordinaria, possa svolgersi ed essere definito in modo diverso, anche con forme non contenziose, in dipendenza del differente atteggiamento che tutti i condividenti possono eventualmente assumere al suo interno. Infatti, alla stregua dell'art. 785 c.p.c., mentre il ricorso alle forme proprie del processo (contenzioso) di cognizione è da ritenersi riservato all'eventualità in cui insorgano contestazioni sul diritto alla dedotta divisione (o, anche, sui criteri e sulle modalità concrete della sua attuazione), deve ritenersi possibile pervenire ad una divisione concordata quando non sorgano contestazioni sul suddetto diritto. In particolare, una volta risolta positivamente (nel modo contenzioso o in quello non contenzioso) l'eventuale questione sulla sussistenza del diritto all'ottenimento dello scioglimento della comunione, la conseguente direzione della fase (assimilabile, per certi versi, a quella conclusiva del procedimento di espropriazione forzata) relativa alle operazioni di divisione può (v. l'art. 786 c.p.c.) essere assunta direttamente dallo stesso giudice istruttore oppure può essere delegata dal medesimo ad un notaio (e ciò può avvenire anche una volta che le stesse operazioni siano già iniziate), che provvede agli ulteriori incombenti contemplati dagli artt. 790 e 791 codice di rito. Il giudice istruttore è tenuto a predisporre un progetto di divisione (sul presupposto della "comoda divisibilità" dei beni che formano la comunione, la quale implica la possibilità concreta del loro frazionamento senza mutarne la destinazione originaria e senza che si rendano necessarie gravi limitazioni o eccessive servitù, oltre a non comportarne un eccessivo deprezzamento), che viene depositato in cancelleria con la contestuale fissazione dell'udienza per la sua discussione, ordinando la comparizione delle parti condividenti (ivi incluse - secondo la dottrina e la giurisprudenza assolutamente dominanti - quelle rimaste contumaci) oltre che dei creditori intervenuti. Peraltro, può prospettarsi, prima di far luogo all'approntamento del suddetto progetto, l'indispensabilità che si debba procedere alla vendita di uno o più cespiti mobiliari facenti parte del patrimonio da dividere e, per tali ipotesi, gli artt. 787 e 788 c.p.c. prevedono che occorre procedere alle vendite con le forme della vendita forzata qualora non sorga controversia sulla necessità della vendita, mentre, nel caso contrario (o, anche, quando ci si trova in presenza di una pretesa dell'intero da parte di uno dei condividenti), la vendita deve essere obbligatoriamente disposta con sentenza dell'organo decidente. Una volta superati questi ostacoli e tenutasi l'udienza di discussione del progetto predisposto dal giudice istruttore, l'art. 789 c.p.c. sancisce, al comma 3, che se non sorgono contestazioni (e l'assenza di una o più parti si ritiene che implichi la medesima valenza non oppositiva, purché poste, comunque, preventivamente nella condizione di interloquire), lo stesso progetto viene dichiarato esecutivo con ordinanza (qualificata esplicitamente come "non impugnabile" e che, pur avendo un sostanziale fondamento negoziale, ha natura di provvedimento "sui generis", inidoneo a passare in giudicato: cfr., da ultimo, Cass. 11 maggio 2009, n. 10798) dal medesimo giudice, il quale, contestualmente, emana le disposizioni attuative necessarie per l'estrazione a sorte dei lotti (v., in proposito, Cass. 5 agosto 2005, n. 16493), alla stregua di quanto previsto dall'ultimo comma del citato art. 789 (a cui si correlano l'art. 195 disp. att. c.p.c. e art. 729 c.c.). In caso di prospettazione di contestazioni, lo stesso giudice è tenuto a provvedere a norma dell'art. 187 c.p.c. e, quindi, a definire il giudizio mediante la cd. soluzione contenziosa. Ciò posto sul piano generale e ravvisata (v. art. 789 c.p.c., comma 3, cit.), nella specie, l'ammissibilità del formulato ricorso per cassazione perché relativa all'impugnazione di un'ordinanza dichiarativa dell'esecutività di un progetto divisionale asseritamente emessa senza contestazioni, con la disposizione degli adempimenti attinenti alla correlata estrazione a sorte dei lotti, il collegio ritiene che il Tribunale sammaritano sia incorso nella dedotta violazione di legge (esaustivamente sintetizzata nel richiamato conferente quesito di diritto, nel quale il principio giuridico assunto come violato è stato adeguatamente correlato alla specifica sequenza processuale svoltasi nella controversia in questione). Infatti, per come riportato nel descritto svolgimento del procedimento di divisione (introdotto da Pi.. Tommaso e con la costituzione del solo convenuto Pi.. Nicola) sfociato nell'impugnata ordinanza (per quanto evincibile sulla scorta dei relativi atti, esaminabili anche in questa sede in relazione alla natura del vizio denunciato), il giudice istruttore designato, una volta depositata la relazione del c.t.u. per l'accertamento della comoda divisibilità dei beni relativi al compendio immobiliare interessato, aveva fissato apposita udienza (per il 28 maggio 2004) al fine della discussione del progetto; senonché, in detta udienza, rilevato l'intervenuto decesso della condividente Pi.. Maria Raffaella, lo stesso g.i. dichiarava l'interruzione del procedimento. A seguito della sopravvenuta riassunzione ai istanza della parte attrice, alla prima udienza successiva (fissata per il 25 gennaio 2005), sulla sola istanza del difensore dell'attore (che insisteva per l'emissione dell'ordinanza di attribuzione delle quote) e senza la presenza di alcun'altra parte, il g.i. si riservava e con ordinanza fuori udienza del 17 febbraio 2005, sull'asserito presupposto dell'assenza di contestazione in ordine al progetto divisionale predisposto dal c.t.u., lo dichiarava esecutivo, fissando ulteriore udienza per l'estrazione a sorte dei lotti, come nello stesso progetto determinate in favore dei condividenti. Alla seguente udienza (stabilita per il 25 ottobre 2005), su richiesta del difensore dell'attore (il quale invocava l'emissione dell'ordinanza di assegnazione delle quote tenendosi, però, conto della situazione di fatto esistente) e sull'accordo del patrocinatore dell'unico convenuto costituito, il g.i., nell'assenza degli altri condividenti, si riservava nuovamente. Con ordinanza del 17 novembre 2005, depositata il 21 novembre successivo, il g.i., considerando che erano precedentemente intervenute tra alcune parti scritture private relative alla promessa di vendita (in favore dei condividenti maschi) dei diritti ereditari derivanti dalle successioni materna e paterna, provvedeva direttamente ad assegnare parte delle quote ad alcuni dei condividenti maschi, rimettendo il procedimento alla successiva udienza del 30 giugno 2006 per le operazioni di sorteggio con riguardo ai residui beni. In tale ultima udienza, sull'istanza del difensore dell'attore (alla quale si associava il difensore del suddetto convenuto costituito), mediante la quale era prospettata la possibilità di assegnare le quote tenendosi conto del possesso di ciascun condividente e di valutare, quindi, di non procedere al sorteggio (siccome ritenuto l superfluo e dilatorio), il g.i. (senza che fossero comparsi gli altri condividenti) si riservava ancora una volta; con ordinanza del 12 febbraio 2007 (depositata il giorno successivo), sul presupposto dell'emissione della precedente ordinanza del 17 novembre 2005 e delle osservazioni formulate concordemente dalle parti (aderendo alla soluzioni prospettate dal c.t.u.), con le quali si era proposto di prendere atto della situazione di fatto sussistente tra i condividenti, ravvisando l'inutilità di ogni ulteriore fissazione dell'udienza di discussione, "dichiarava esecutivo il progetto divisionale concordemente prospettato dalle parti nelle note autorizzate del 14 ottobre 2006 con riguardo al compendio ereditario residuale rispetto all'ordinanza di assegnazione del 17 novembre 2005", ponendo le spese di lite a carico della massa "pro quota" e disponendo l'estinzione del procedimento. Orbene, al di là del complessivo "modus procedendo adottato non propriamente rituale (avendo, peraltro, il g.i., a seguito della intervenuta riassunzione, provveduto direttamente, una prima volta, a dichiarare l'esecutività del progetto di divisione approntato dal c.t.u., senza rifissare preventivamente la necessaria udienza di discussione, per poi procedere ad un'attribuzione delle quote in modo parziale, valorizzando come idonei atti traslativi di diritti inerenti parte degli immobili oggetto della divisione delle scritture preliminari di vendita intercorse tra i condividenti e, quindi, riprocedere ad un nuovo assetto globale dell'assegnazione delle quote, dichiarando esecutivo un ulteriore progetto divisionale, ancora una volta prescindendo dalla fissazione dell'udienza di discussione), con l'ordinanza finale approvata ed in questa sede impugnata è incorsa nella violazione prospettata con il motivo in esame. Infatti, avuto riguardo all'art. 789 c.p.c., il g.i., una volta revocata la prima ordinanza con cui si era dichiarata l'esecutività del progetto divisionale predisposto originariamente dal c.t.u. e si disponeva di procedere al sorteggio per l'attribuzione delle quote, avrebbe dovuto fissare altra udienza per la discussione della sopravvenuta seconda ipotesi divisionale, come sollecitata dalla sole parti costituite, con la necessaria comunicazione alle parti contumaci; in analogo modo si sarebbe dovuto comportare con riguardo all'adozione dell'ordinanza finale del 12 febbraio 2007, attraverso la quale - senza che tutti i condividenti contumaci (tra i quali il Pi.. Luigi) fossero stati resi partecipi dell'ulteriore sviluppo del procedimento (e, quindi, messi nelle condizioni, con apposta comunicazione di cancelleria, di essere eventualmente ascoltati e di proporre le opportune osservazioni) - il g.i., ancora una volta, omettendo di fissare l'udienza di discussione, era pervenuto ad una nuova dichiarazione di esecutività del progetto divisionale sulla scorta delle nuove prospettazioni riconducibili alle sole note autorizzate delle parti costituite, senza, peraltro, rilevare la persistenza delle condizioni per disporre l'estrazione a sorte dei nuovi lotti individuati (come precedentemente ravvisata) e per l'adozione del conseguente provvedimento.
Così procedendo, però, il g.i. ha eluso il più recente ed essenzialmente consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 9305 del 1993; Cass. n. 9849 del 1997 e, da ultimo, Cass. n. 21829 del 2010), alla stregua del quale, nel procedimento di scioglimento della comunione, la comunicazione del deposito del progetto divisionale e dell'udienza fissata per la relativa discussione deve essere effettuata, a norma dell'art. 789 c.p.c., comma 2, nei confronti di tutti i condividenti, anche se contumaci, ragion per cui, in difetto di tale adempimento, che non può essere sostituito dal mero deposito in cancelleria dell'elaborato peritale, il giudice istruttore non può dichiarare esecutivo il progetto di divisione per mancanza di contestazioni, risultandone invalidi la relativa ordinanza ed i successivi atti del procedimento, senza che sia di ostacolo a tale obbligo di comunicazione la tassativa elencazione contenuta nell'art. 292 c.p.c., comma 1, perché tale disposizione riguarda solo il giudizio contenzioso, mentre l'art. 789 c.p.c. aggiunge nuovi obblighi in riferimento al giudizio di divisione. In virtù di tale condiviso orientamento della giurisprudenza di questa Corte deve, perciò, trovare risposta positiva il quesito formulato nell'interesse del ricorrente Pi.. Luigi, con l'affermazione del principio di diritto secondo il quale viola il disposto dell'art. 789 c.p.c. il giudice istruttore che, predisposto il progetto di divisione (anche sulla scorta di c.t.u.), senza rifissare l'udienza di discussione del progetto a seguito della verificazione di un evento interruttivo del procedimento di divisione, dichiari direttamente, con ordinanza, l'esecutività del progetto divisionale approntato dal c.t.u. e disponga l'estrazione a sorte dei lotti, per poi procedere, successivamente, alla duplice revoca implicita con altra ordinanza di detto provvedimento e - senza fissare una nuova udienza di discussione dell'ulteriore progetto di divisione individuato e senza, quindi, consentire anche alle parti contumaci di venirne a conoscenza e poter eventualmente proporre le loro osservazioni - dichiarare esecutivo tale ultimo progetto, disponendo l'assegnazione dei beni secondo la rinnovata rappresentazione della volontà delle sole parti costituite, in tal modo impedendo la legittima partecipazione alla discussione sul sopravvenuto nuovo progetto di divisione ai condividenti rimasti contumaci e la definizione del procedimento, nella sussistenza delle inerenti condizioni, con il provvedimento attributivo delle quote in conseguenza dell'espletamento del relativo sorteggio. 3. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, previa dichiarazione di inammissibilità del primo motivo, deve pervenirsi all'accoglimento del secondo motivo, con conseguente cassazione dell'ordinanza impugnata ed il rinvio della causa allo stesso Tribunale di S. Maria Capua Vetere (in composizione monocratica), in persona di altro giudicante, che dovrà attenersi al principio di diritto precedentemente enunciato e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso e accoglie il secondo; cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 dicembre 2011. Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2012

 

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