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Accesso ai documenti amministrativi - Richiesta avanzata da un Consigliere Comunale o Provinciale Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 novembre 2002, n. 6293

Accesso ai documenti amministrativi - Richiesta avanzata da un Consigliere Comunale o Provinciale - Necessita' della determinatezza e della non genericita' Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 novembre 2002, n. 6293

Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 13 novembre 2002, n. 6293
     FATTO  
      Gli appellanti, nella qualità di consiglieri comunali di minoranza,  impugnarono davanti al tribunale della Calabria, ai sensi dell'articolo 25  della legge n. 241 del 1990, la nota 3038/3260 del 16 luglio 2001 con la  quale il sindaco di Maierato aveva respinto la richiesta di accesso a   documenti amministrativi (bilancio preventivo, deliberazioni commissariali  e giuntali, determine del responsabile dei servizi, provvedimenti  sindacali di nomina del responsabile dei servizi) da loro avanzata con due  separate istanze del 2 e del 13 luglio 2001.
Il primo giudice ha respinto  il ricorso.
      Gli appellanti contestano la motivazione della sentenza e denunciano la  violazione dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990, in relazione agli  artt. 7 e 31 della legge n. 142 del 1990, dell'articolo 24 della legge n.  116 nel 1985 e dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 267 del 2000.   Denunciano, inoltre, l'insufficienza, perplessità e contraddittorietà  della motivazione nonché l'errata applicazione dell'articolo 10 del  regolamento comunale approvato con delibera n. 22 del 27 giugno 1996.
     Concludono chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.
      Resiste all'appello il comune di Maierato, il quale contesta le  argomentazioni di controparte conclude per il rigetto del ricorso.  
      DIRITTO
      L'appello è infondato.
      Il tribunale amministrativo della Calabria, nel respingere il ricorso  proposto da consiglieri di minoranza del comune di Maierato che chiedevano  l'accertamento, ai sensi dell'articolo 25 della legge n. 241 del 1990, del  diritto di accesso a documenti amministrativi (bilancio preventivo,   deliberazioni commissariali e giuntali, determine del responsabile dei   servizi, provvedimenti sindacali di nomina del responsabile dei servizi)  ha ritenuto che la generica indicazione "al fine dello svolgimento del   mandato", apposta sull'istanza rivolta all'amministrazione, non fosse tale   da esternare "l'interesse giuridicamente rilevante", richiesto   dall'articolo 10 b) del regolamento comunale per l'accesso quale  presupposto per l'esercizio del diritto.

      Gli appellanti sostengono che la norma regolamentare non richiedeva alcuna  specifica impugnazione, in quanto essa avrebbe dovuto essere disapplicata  dal giudice in quanto in contrasto con la legge n. 241 del 1990. Che   comunque il fine di agire "nell'espletamento del proprio mandato" è   sufficiente, per i consiglieri comunali, a rappresentare sia la  motivazione della richiesta che l'interesse giuridicamente rilevante posto  a fondamento della stessa.

      L'assunto, con riferimento alla fattispecie concreta, non può essere  seguito.

      Occorre premettere che la fattispecie non è disciplinata solo dal capo V e  della legge 7 agosto 1990, n. 241, che riconosce a chiunque vi abbia  interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto  di accesso ai documenti amministrativi, ma anche dall'articolo 31, comma   5, della legge 8 giugno 1990, n. 142, che attribuisce ai consiglieri  comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici,  rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende  ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso,  utili all'espletamento del proprio mandato".

      Ora, non v'è dubbio che il consigliere comunale che esercita il diritto di  accesso "non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli  organi burocratici dell'ente hanno titolo a richiederlo, perché in caso  contrario questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l'estensione del   controllo sul loro operato" (Consiglio di Stato, sezione quinta, 26   novembre 2000, n. 5109). E che "gli atti normativi secondari possono   essere disapplicati nel caso deciso, allorché rechino deroga a norme di   fonte primaria, sebbene non impugnati" (Consiglio di Stato, sezione sesta,   26 gennaio 1999, n. 59). Ma è altrettanto vero che tutto ciò non riguarda,   se non marginalmente, la fattispecie in esame.

      Nel caso che ci riguarda, infatti, il rifiuto opposto dal sindaco di  Maierato è motivato in via principale dalla considerazione che "richieste  generiche ed indiscriminate non possono essere accettate; ciò anche perché  questo tipo di richieste, oltre a poter apparire meramente emulative e   comprendere atti chiaramente e palesemente inutili ai fini  dell'espletamento del mandato, possono comportare intralcio e/o  disservizio agli uffici nonché costi elevati ed ingiustificati per  l'ente". Cioè è motivato con il richiamo ad un principio affermato dalla  giurisprudenza di questa Consiglio di Stato che ha già avuto modo di  rilevare come, anche con riferimento alla richiesta di un consigliere   comunale avanzata ex art. 31, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142,   "la richiesta di accesso ai documenti della pubblica amministrazione deve   essere determinata e non generica, secondo quanto prescrive l'art. 3,  comma 2, d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352" (Consiglio di Stato, sezione  quinta, 8 settembre 1994, n. 976). Ed inoltre, sempre con riferimento  all'attività istituzionale del consigliere comunale, come siano necessarie  "per fondarne la legittimazione all'accesso l'esternazione di tale  qualifica, insieme alla precisazione degli atti cui accedere" (Consiglio  di Stato, sezione quinta, 6 dicembre 1999, n. 2046).
      Nel caso di specie, non vi è dubbio che le richieste, essendo riferite a  tutti gli atti adottati successivamente al primo gennaio 2001 ed a quelli  ancora da adottare, distinti solo per tipologia, erano inammissibili in   quanto prive della individuazione specifica dell'oggetto su cui avrebbe   dovuto esercitarsi il diritto di accesso.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto.
Appare tuttavia equo compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, respinge   l'appello.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.