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Ammissione del creditore al passivo fallimentare consente al giudice – Cass. n. 19555/2021

Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali - processo equo - termine ragionevole - Equa riparazione - Ammissione del creditore al passivo fallimentare - Accertamento della irragionevole durata del processo - Riconoscibilità del danno non patrimoniale - Sussistenza - Fondamento - Rilevanza della novella ex l. n. 208 del 2015 sulla consapevolezza della infondatezza della pretesa in caso di incapienza dell'attivo - Esclusione - Ragioni.

 

In tema di equa riparazione, l'ammissione del creditore al passivo fallimentare consente al giudice, una volta accertata l'irragionevole durata del processo e la sua entità secondo le norme della l. n. 89 del 2001, di ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che esso sia stato subito dal ricorrente, stante la valutazione positiva della fondatezza delle ragioni di credito insita nel provvedimento emesso dagli organi della procedura fallimentare, senza che rilevi, in senso contrario, l'art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), della l. n. 89 del 2001, introdotto dalla l. n. 208 del 2015, secondo cui non è riconosciuto alcun indennizzo alla parte consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, atteso che la posizione del creditore, insinuato al passivo e rimasto insoddisfatto per l'incapienza dell'attivo, non è assimilabile a quella della parte avente pretese, "ab origine" o per fatti sopravvenuti, infondate.

Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 19555 del 08/07/2021 (Rv. 661731 - 01)

 

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