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La class action pubblica (2)

La class action pubblica. a cura di Mariangela Condello

Dottoranda di ricerca in Diritto Civile - Facoltà di Giurisprudenza - Università di Urbino

 

sommario

La class action pubblica

Che cos'è la class action pubblica ?

Quali sono i soggetti dell'azione?

         La legittimazione attiva.

         La legittimazione passiva.

Quando e perchè esperire l'azione collettiva pubblica?

       Posizioni giuridiche tutelate e presupposti dell'azione.

       Petitum

Come si svolge il procedimento?

Giurisdizione e competenza.

Le fasi del procedimento

    1a. La diffida.

    1b. La risoluzione non giurisdizionale della controversia.

2. Proposizione e deposito del ricorso.

3. La pubblicità del ricorso.

4. Lo svolgimento del giudizio.

5.La sentenza.

6. L'ottemperanza alla sentenza.

I rapporti con le altre azioni

Attuazione del decreto

 

APPENDICE NORMATIVA

 

Che cos'è la class action pubblica?

 

Sulla scorta della progressiva evoluzione del rapporto tra cittadino e amministrazione pubblica, sempre più attento a soddisfare gli interessi e i bisogni dei cittadini, il legislatore, con il decreto legislativo 20 dicembre 2009 n. 198,  ha introdotto il rimedio dell'azione collettiva contro le disfunzioni e le inefficienze di pubbliche amministrazioni e concessionari di servizi pubblici. 

In attuazione della c.d. riforma Brunetta in materia di efficienza della pubblica amministrazione (art.4 l. 15/2009), al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell’intero procedimento di produzione del servizio reso all’utenza, tale strumento di tutela giurisdizionale degli interessati funge quale strumento coercitivo di servizi di qualità e di prestazioni capaci di soddisfare gli interessi e i bisogni dei cittadini.

Quali sono i soggetti dell'azione?

 

La legittimazione attiva.

            Al ricorrere dei presupposti di cui a breve si dirà, legittimati attivi ad esperire l'azione collettiva sono:

-          i titolari degli "interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori" (art. 1 comma 1).

In tal senso, un singolo che abbia subito una lesione diretta, concreta e attuale e  che faccia parte della collettività interessata dalla disfunzione amministrativa, può agire per sè e quale rappresentante degli altri appartenenti alla collettività. In tal modo, il singolo diviene affidatario della posizione giuridica collettiva, onde tutelarla in sede processuale, affinché la disfunzione amministrativa venga rimossa e il comportamento virtuoso ristabilito;

-         le associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralita' di utenti e consumatori di cui al comma 1 (art.1 comma 4).

A differenza della azione di classe ordinaria di cui al codice del consumo, nell'ambito pubblicistico la legittimazione processuale attiva è assegnata direttamente alle associazioni e ai comitati e non soltanto ai singoli, i quali, a norma dell'art.140 bis, possono agire in giudizio "anche mediante" associazioni cui danno mandato o comitati cui partecipano.

Non è prevista la necessaria iscrizione dell'associazione in appositi elenchi: è sufficiente che essa si occupi della tutela degli interessi collettivi fatti valere in giudizio.

Ai ricorrenti originari il comma 3 dell'art.1 affianca

  • " i soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente" i quali "possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza di discussione del ricorso".

Come osserva il Consiglio di Stato nel parere reso sulla bozza di articolato, "l'azione del cointeressato si spiega tramite intervento litisconsortile o adesivo autonomo, con facoltà analoghe a quelle del ricorrente, in ciò distinguendosi dal tradizionale intervento ad adiuvandum previsto nel processo amministrativo, attesa la natura dell'azione collettiva, la quale è coerente con l'inserimento nel medesimo giudizio, in posizione paritaria, di tutti i soggetti titolari di situazione giuridiche omogenee a quella del ricorrente, trattandosi in definitiva di orientare l'amministrazione a correggere disfunzioni obiettivamente rilevanti per un'intera classe di utenti".

La legittimazione passiva.

Legittimati passivi sono:

  1. le amministrazioni pubbliche, con esclusione di (art.1 comma 1 ter):

            -  le autorità amministrative indipendenti, anzitutto perchè non contemplate dalla disciplina fondamentale del pubblico impiego, cui si rivolge la riforma perseguita con la delega di cui alla legge 15/2009; inoltre, in quanto il ruolo da esse svolto, non essendo di amministrazione attiva, difficilmente potrebbe rivelarsi idoneo a provocare quella lesione dell'intesse collettivo omogeneo legittimante il ricorso in considerazione;

            -  le assemblee legislative, in cui rientrano il Parlamento e  i consigli regionali, anche ai quali compete la funzione          legislativa;

            -  gli organi giurisdizionali, quelli costituzionali e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in ragione della peculiarità delle funzioni da essi svolte che non ammettono un sindacato giurisdizionale sul loro esercizio.

  1. i concessionari di pubblici servizi.

Poichè nel novero dei concessionari di servizi pubblici ve ne sono alcuni che hanno la natura di imprese private, onde evitare l'ingerenza della giurisdizione amministrativa nella relativa autonomia organizzativa, pare opportuno  circoscriverne l'ambito facendo leva sulla nozione di "pubblico servizio" ormai consolidata nella giurisprudenza amministrativa. In particolare, l'attività svolta rientrante nell'agire amministrativo può formare oggetto dell'azione collettiva c.d. pubblica; invece, l'attività connotata dalla prevalenza della libera iniziativa economica privata, ancorché soggetta al controllo pubblico, rimane estranea all'ambito applicativo del decreto 198/2009.

Al fine di meglio identificare i soggetti dotati di legittimazione passiva, il comma 5 dell'art.1 precisa che il ricorso è "proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti a esercitare le funzioni o a gestire i servizi cui sono riferite le violazioni o omissioni elencate nel comma 1" del medesimo articolo, di cui a breve ci occuperemo.

Gli enti intimati informano, immediatamente, della proposizione del ricorso il dirigente responsabile di ciascun ufficio coinvolto, il quale puo' intervenire nel giudizio. In tal modo, egli, in quanto titolare di una posizione soggettiva interessata, seppur indirettamente, dagli effetti della decisione, assume la qualifica formale di parte processuale. E' tuttavia da escludersi una condanna personale del dirigente intervenuto al ripristino della funzione o al risarcimento dei danni nei confronti dei dirigenti.

Il comma 5 prevede infine la possibilità che il giudice ordini l'integrazione del contraddittorio dal lato passivo, qualora, nella prima udienza, ritenga che le violazioni o le omissioni siano "ascrivibili ad enti ulteriori o diversi da quelli intimati". Nei casi in cui si tratti di enti ulteriori rispetto a quelli originariamente intimati, si realizzerebbe un'ipotesi di litisconsorzio necessario. Quanto agli enti diversi, l'integrazione del contraddittorio servirebbe ad evitare la declatoria di inammissibilità del ricorso, altrimenti inevitabile posto il coinvolgimento di un soggetto privo di legittimazione passiva. In tal modo, consentendo la prosecuzione del giudizio nei confronti dei soggetti legittimati, si realizza una più compiuta tutela degli interessi azionati.

Quando e perchè esperire l'azione collettiva pubblica?

Posizioni giuridiche tutelate e presupposti dell'azione.

Le situazioni giuridiche tutelate che possono essere fatte valere in giudizio sono gli  interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralita' di utenti e consumatori, qualora tali interessi siano stati lesi da parte di una pubblica amministrazione o di un concessionario di pubblici servizi, in conseguenza di condotte catalogate e tassativamente indicate nel comma 1 art.1.

Si tratta in particolare di:

  1. violazione di termini nell'emanazione di atti amministrativigenerali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento;
  2. mancata emanazione di atti amministrativigenerali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento;
  3. violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi;
  4. violazione di standard qualitativi ed economici.

La natura della posizione giuridica è collettiva, nel senso che non si tratta di una sommatoria di interessi individuali ex se tutelabili, bensì di un interesse indifferenziato avente ad oggetto un bene della vita omogeneo per tutti gli appartenenti ad una collettività.

Gli nteressi, oltre che appartenere ad una pluralità di utenti e consumatori, devono essere “omogenei”. Omogeneo non significa né identico, né uguale, piuttosto affine. Omogeneità degli interessi nel senso di similitudine degli elementi costitutivi della pretesa, in particolare sotto il profilo del rapporto sussistente tra il soggetto che ha posto in essere la condotta lesiva e l'utente o consumatore danneggiato.

Oltre ai caratteri dell'interesse protetto, il comma 1 fissa, altresì, in modo piuttosto chiaro, gli attributi della lesione che legittima l'azione: la natura diretta, la concretezza e l'attualità.

Procediamo ad analizzare singolarmente i comportamenti legittimanti alla proposizione dell'azione.

  • La violazione di termini obbligatori fissati da una legge o da un regolamento per l'emanazione di atti amministrativi generali non aventi contenuto normativo.

A fronte di una tardiva emanazione dell'atto obbligatorio, il titolare dell'interesse leso può agire in giudizio, affinchè il giudice, accertata la violazione del termine, ordini alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine. Tale azione consente in tal modo di conseguire il vantaggio sostanziale dell'eliminazione della disfunzione organizzativa che ha determinato l'inosservanza del termine, ripristinando il corretto svolgimento della funzione amministrativa. E' proprio il fine conseguito dall'azione di classe in commento che la distingue dall'azione prevista dall'art. 21 bis della legge 1034/1971 avverso il silenzio dell'amministrazione. Invero, quest'ultima è finalizzata al solo risultato dell'adozione del provvedimento pretermesso e, pertanto, destinata a spiegare effetti meramente individuali. Di talchè, qualora la violazione dei termini sia inidonea a ledere una situazione soggettiva collettiva, il cittadino leso manterrà comunque la possibilità di agire ex art. 21 bis l. 1034/1971.

Ai fini dell'operatività dello strumento collettivo nei casi in considerazione, sarà necessario, in sede applicativa, individuare quali termini possano qualificarsi come obbligatori, ancorchè non necessariamente perentori.

Per ora, possono sicuramente dirsi obbligatori i termini, fissati dalla legge ovvero da atti di natura regolamentare, entro cui l'amministrazione ha l'obbligo di concludere i procedimenti con un provvedimento espresso, a norma dell'art. 2 l.241/1990.

  • La mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori.

In tali casi il rimedio alla disfunzione lamentata in giudizio e coinvolgente la pluralità di  consumatori o utenti non può che consistere nell'ordine giudiziale di provvedere e di emanare l'atto pretermesso.

Ovviamente, la condotta lesiva in considerazione riguarda solo le pubbliche amministrazioni e non anche i concessionari di pubblici servizi.

  • La violazione degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi.

Al fine di ripristinare la corretta erogazione di un servizio, il titolare di interessi omogenei per una pluralità di utenti può agire in giudizio nei confronti del concessionario che abbia inadempiuto le prestazioni contenute nelle carte dei servizi, che divengono veri e propri obblighi dei gestori, esigibili e coercibili dai clienti. Il giudice sarà chiamato ad accertare l'inadempimento e la relativa imputabilità al concessionario.

Solo per completezza si ricorda che le carte dei servizi rappresentano uno strumento fondamentale per la regolazione dei rapporti tra erogatori di servizi e clienti, in un'ottica tuzioristica dei consumatori e utenti. Vengono emanate dai gestori dei servizi pubblici d'intesa con le associazioni dei consumatori e le associazioni imprenditoriali interessate, al fine di garantire qualità ed economicità delle prestazioni dei servizi pubblici. Attualmente le principali carte dei servizi riguardano i più svariati settori quali i servizi scolastici, la sanità, le telecomunicazioni e i servizi postali, l'energia e il gas, il trasporto pubblico.

  1. La violazione di standard qualitativi ed economici.

Si tratta di una delle principali innovazioni introdotte dal decreto legislativo in esame. Invero, adesso non solo si è imposto in capo alle amministrazioni e ai concessionari l'obbligo di definire parametri qualitativi nell'erogazione dei servizi pubblici, ma si è anche riconosciuto agli utenti il diritto al rispetto e all'osservanza degli standard fissati. Siffatta situazione soggettiva è azionabile tramite il rimedio collettivo in considerazione, volto al ripristino della corretta erogazione del servizio. 

Tali standard sono diversamente stabiliti a seconda del soggetto pubblico interessato:

  1. per i concessionari di servizi pubblici, sono fissati dalle autorita' preposte alla regolazione ed al controllo del settore;
  2. per le pubbliche amministrazioni, sono definiti dalle stesse, in conformita' alle disposizioni  contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. In particolare, le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità sono fissate con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta e coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrita' delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali ivi definite;
  3. per le regioni e gli enti locali, si provvede con atti di indirizzo e coordinamento adottati di intesa con la Conferenza unificata, su proposta della medesima (art.28 d.lgs. 150/2009).

Petitum

L'azione collettiva pubblica è proposta al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio. Di talchè il petitum consiste nell'accertamento della violazione e nell'ordine all'amministrazione o al concessionario di porre rimedio alla disfunzione o al disservizio lamentati.

Ai sensi del comma 6 art. 1, non è possibile richiedere la condanna al risarcimento del danno patito. Ne consegue che, in conformità con i principi generali del processo amministrativo, qualora l'amministrazione o il concessionario eliminano il disservizio lamentato in pendenza del giudizio, deve essere dichiarata l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. In tali casi, il ricorrente otterrebbe l'integrale soddisfazione rispetto al petitum dell'azione collettiva in considerazione.

Come si svolge il procedimento?

Giurisdizione e competenza.

 

Ai sensi del comma 7 dell'art. 1 del d.lgs 198/2009, “il ricorso è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.

 

In attuazione del disposto costituzionale di cui all'art.103 comma 1 Cost., il legislatore ha inteso devolvere alla giuridizione esclusiva del giudice amministrativo la materia in considerazione, ove convergono interessi legittimi e diritti soggettivi. Siffatta decisione trova la sua ratio tanto nella maggiore specializzazione dei giudici amministrativi nell'avere a che fare con discipline connotate da un contenuto prettamente pubblicistico, quanto nell'esigenza di semplificare la tutela giurisdizionale di posizioni soggettive in cui si intrecciano inesorabilmente diritti soggettivi e interessi legittimi.

 

Il comma 7 in considerazione precisa altresì che le questioni di competenza sono rilevabili anche d'ufficio. Il riferimento è alla competenza territoriale che nelle controversie in questione diviene irrevocabile e si radica in base alle norme generali.

 

 

Le fasi del procedimento

  

            1a. La diffida.

Il primo step del procedimento descritto dall'art. 3 del decreto 198/2009 consiste nella diffida che obbligatoriamente il ricorrente è tenuto a notificare all'amministazione o al concessionario prima di proporre il ricorso. Con tale atto si intima l'amministrazione o il concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati.

 

Tramite la diffida, che corrisponde al vaglio di ammissibilità dell'azione di classe ordinaria, si intende evitare la proposizione di ricorsi meramente strumentali, tali da pregiudicare l'efficace espletamento di funzioni o servizi di interesse pubblico.

 

Quanto al contenuto della diffida, devono ritenersi essenziali la descrizione della violazione lamentata, l'individuazione dell'interesse leso e la specificazione della sua portata collettiva, infine, la richiesta dell'eliminazione della situazione denunciata.

La diffida e' notificata all'organo di vertice dell'amministrazione o del concessionario, dopodichè prende il via un'attività interna al soggetto intimato, il cui espletamento è determinato da ciascuna amministrazione interessata, in relazione ai settori di propria competenza. In particolare il destinatario della notifica:

- assume senza ritardo le iniziative ritenute opportune,

- individua il settore in cui si e' verificata la violazione, l'omissione o il mancato adempimento,

- cura che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause.

Tutte le iniziative assunte sono comunicate all'autore della diffida.

Qualora l'amministrazione o il concessionario destinatari della diffida ritengano che la violazione, l'omissione o il mancato adempimento siano imputabili altresi' ad altre amministrazioni o concessionari, invitano il privato a notificare la diffida anche a questi ultimi.

La notifica della diffida ed il successivo decorso di novanta giorni senza che il soggetto intimato provveda a rimuovere la disfunzione lamentata, costituiscono condizione di proponibilità del ricorso.

 

1b. La risoluzione non giurisdizionale della controversia.

Il terzo comma dell'art. 3 prevede che in luogo della diffida di cui al comma 1, il ricorrente, se ne ricorrono i presupposti, puo' promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia ai sensi dell'articolo 30 della legge 69/2009. Si tratta di uno strumento alternativo ed equipollente alla diffida, volto anch'esso ad evitare il contenzioso mediante una definizione stragiudiziale della questione.

L'art.30 l.69/2009 cui il comma in considerazione rinvia, prevede che le carte dei servizi dei soggetti che erogano servizi pubblici prevedano la possibilità, per l'utente o per la classe di utenti che lamenti la violazione di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione stragiudiziale della controversia nel termine di trenta giorni successivi alla richiesta.

L'art.30 l.69/2009 non ha ancora ricevuto piena attuazione, in quanto si attendono l'emanazione di uno schema - tipo di procedura conciliativa, di concerto tra i Ministri dello sviluppo economico e per la pubblica amministrazione e l'innovazione e la ricezione  dello stesso nelle singole carte dei servizi, entro novanta giorni dalla data della sua adozione.

Qualora poi non si raggiunga la conciliazione delle parti, il ricorso e' proponibile entro un anno dall'esito di tali procedure.

 

 

            2. Proposizione e deposito del ricorso.

Il ricorso può essere proposto, a seconda di quale delle due strade conciliative stragiudiziali sia stata percorsa:

- entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza dei novanta giorni dalla diffida, senza che l'intimato abbia provveduto ad eliminare la situazione denunciata;

- entro un anno dall'esito negativo della procedura conciliativa di cui all'art.30 l.69/2009.

Quanto al contenuto, il ricorso ripropone quello della diffida, con l'aggiunta della dichiarazione della persistenza, totale o parziale della situazione denunciata. Il ricorrente è onerato altresì della prova della notifica della diffida di cui al comma 1 e della scadenza del termine assegnato per provvedere. Nel silenzio della legge, pare ragionevole estendere tali oneri anche alle ipotesi alternative di risoluzione non giurisdizionale della controversia di cui al comma 3.

 

            3. La pubblicità del ricorso.

A norma del comma 2 art.1 del ricorso è data immediatamente notizia mediante:

            - pubblicazione dello stesso sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati;

            - comunicazione al Ministro per la pubblica amministrazione e        l'innovazione.

In tal modo si realizza un sistema pubblicitario idoneo ad informare chiunque della proposizione del ricorso, al fine di consentire l'intervento ex art. 1 comma 3 a coloro che ritengono di versare nella medesima situazione.

 

Il decreto non indica quale soggetto sia tenuto ad adempiere le necessarie formalità connesse al regime di pubblicità descritto. Nel silenzio della legge, tali oneri vanno imputati ai vari soggetti coinvolti, dal ricorrente, che è sicuramente il soggetto più interessato a rendere pubblica la notizia del ricorso, all'amministrazione intimata, che pure può essere interessata alla pubblicità,  nonché alla segreteria del TAR.

 

            4. Lo svolgimento del giudizio.

Il giudizio così instaurato segue l'iter ordinario previsto per i ricorsi innanzi all'autorità giurisdizionale amministrativa. A ben vedere, il decreto 198/2009 si limita a prevedere qualche peculiarità rispetto alla disciplina generale.

 

Anzitutto, l'udienza di discussione viene fissata d'ufficio in una data ricompresa tra il novantesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso. Si ricorda che nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza, possono intervenire i soggetti che si trovano nella medesima situzione giuridica del ricorrente.

 

Quanto ai poteri istruttori del giudice amministrativo, cui nelle controversie in esame è affidata la giurisdizione esclusiva, si rinvia alla previsione di cui all'art. 35 d.lgs. 80/1998, secondo la quale, in simili controversie, il giudice può disporre l'assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, nonché la consulenza tecnica d'ufficio, esclusi il giuramento e l'interrogatorio formale.

 

Il contenuto dei poteri istruttori sarà precisato ulteriormente dalla giurisprudenza, tenuto conto anche delle logiche di economia processuale che informano i giudizi collettivi.

 

Nonostante il silenzio del decreto, non si può negare l'ammissibilità della tutela cautelare ogniqualvolta ricorrano i presupposti di cui all'art.21 comma 7 l.1034/1971.

 

            5.La sentenza.

Preliminare rispetto alla disamina del contenuto della sentenza è, senza dubbio, l'individuazione esplicita di alcuni criteri di giudizio, cui il giudice deve attenersi nella valutazione circa la sussistenza della lesione diretta, concreta ed attuale derivante da una delle condotte tenute dall'amministrazione o dal concessionario. Ai sensi del comma 1 bis art.1, “il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate”. Tale considerazione sembrerebbe idonea a far escludere ogni profilo di responsabilità tutte le volte in cui, a fronte di una oggettiva sussistenza della condotta rimproverabile, si rilevi la mancata disponibilità in capo al soggetto intimato delle risorse idonee ed adeguate.

Accertata la sussistenza dei presupposti dell'azione collettiva e, in particolare, delle violazioni, omissioni o inadempimenti descritti tassativamente nell'art. 1 comma 1, il giudice accoglie la domanda, “ordinando alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio”.

Si tratta, pertanto, di una sentenza qualificabile quale sentenza di condanna ad un facere, in cui il giudice è tenuto anche ad assegnare all'amministrazione un “congruo termine” entro il quale porre rimedio alla disfunzione accertata. Contestualmente, la sentenza serve anche quale avvertimento espresso rivolto all'amministrazione condannata, affinché la rimozione della disfunzione avvenga “nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane gia' assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

E' opportuno precisare che non spetta al giudice, in sede decisionale, l'individuazione dei soggetti responsabili delle violazioni accertate, ancorché il decreto, al comma 5 dell'art.1, consenta l'intervento in giudizio del dirigente responsabile di ciascun ufficio coinvolto. Siffatta individuazione spetta all'amministrazione, cui è rimessa l'adozione dei conseguenti provvedimenti di propria competenza, a norma del comma 5 dell'art.4.

A questo punto è necessario soffermarsi su uno degli aspetti più discussi in punto di azione collettiva pubblica. Già il tenore del primo comma dell'art.1 del decreto 198/2009 annuncia chiaramente la finalità dello strumento in esame: ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio.

L'oggetto del giudizio collettivo si limita, pertanto, all'accertamento della disfunzione o del disservizio lamentati dal ricorrente. Il comma 6 del medesimo articolo sgombera il campo da qualsiasi dubbio, precludendo la possibilità di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti elencati nel comma 1. Escludendo il risarcimento del danno, si intende ribadire che il nuovo rimedio è finalizzato alla promozione di interventi migliorativi dell'attività e allo stimolo alla riorganizzazione dei servizi pubblici. Il tutto secondo logiche di produttività ed efficienza e a costo zero, visto, tra l'altro, anche l'ammonimento ad eseguire la condanna nei limiti delle risorse già assegnate e senza oneri aggiuntivi.

La scelta legislativa di non concepire il nuovo strumento alla stregua di un'azione risarcitoria si fonda anche su ragioni lato sensu economiche, ma soprattutto di buon senso: a fronte di illeciti diffusi, il costo del risarcimento, più che gravare sulle finanze dell'amministrazione condannata, finirebbe per gravare sui cittadini, sottoforma di aumenti e tasse.

Il comma 6 dell'art. 1, ai fini della risarcibilità dei danni patiti da consumatori o utenti e cagionati da disfunzioni o disservizi, fa comunque salvi gli ordinari rimedi risarcitori.

In particolare:

  1. il nuovo art. 2 bis legge 241/1990 che impone l'obbligo di risarcire il danno ingiusto cagionato dall'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento;
  2. con riferimento alle amministrazioni pubbliche, l'art. 35 d.lgs 80/2009, così come interpretato univocamente in giurisprudenza, che riconosce al cittadino il diritto al risarcimento del danno cagionato da una cattiva ed inefficiente amministrazione pubblica;
  3. con riferimento ai concessionari, l'art.140 bis codice consumo, cui sono espressamente sottoposti, visto il richiamo esplicito contenuto nel relativo comma 12, oltre alla disciplina generale di cui all'art. 2043 c.c. 

 

Quanto al regime di pubblicità della sentenza, il comma 2 dell'art.4 fa riferimento alle medesime modalità previste per il ricorso introduttivo dell'azione collettiva. In particolare, si dà notizia della pronuncia tramite:

  • pubblicazione dello stesso sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati;
  • comunicazione al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

 

I commi 3 e 4 dell'art.4 prevedono ulteriori adempimenti informativi sussistenti rispettivamente in capo alla pubblica amministrazione e ai concessionari condannati. In particolare:

a)  La sentenza che accoglie la domanda nei confronti di una pubblica amministrazione e' comunicata, dopo il passaggio in giudicato, a:

gli organismi con funzione di regolazione e di controllo preposti al settore interessato,

la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, istituita dall'art.13 del decreto legislativo 150/2009,

-         il competente organismo indipendente per la valutazione della performance, di cui all'art.14 del decreto legislativo 150/2009,

-         la procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilita' erariale,

-         gli organi preposti all'avvio del giudizio disciplinare,

-         gli organi deputati alla valutazione dei dirigenti coinvolti.

Tali adempimenti sono funzionali all'eventuale adozione dei provvedimenti di  competenza di ciascuno degli elencati destinatari della comunicazione della sentenza.

b) La sentenza che accoglie la domanda nei confronti di un concessionario di pubblici servizi e' comunicata all'amministrazione vigilante.

Ciò al fine di consentire l'espletamento delle opportune valutazioni di competenza in ordine all'esatto adempimento degli obblighi scaturenti dalla concessione e dalla convenzione che la disciplina.

 

            6. L'ottemperanza alla sentenza.

 

Le misure di ottemperanza alle disposizioni della sentenza di accoglimento del ricorso possono così sintetizzarsi:

-         identificazione dei soggetti che hanno concorso a cagionare la violazione o l'omissione, con conseguente adozione dei provvedimenti di competenza dell'amministrazione condannata;

-         adozione delle misure ritenute idonee ad eliminare la disfunzione o il disservizio, la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità dell'ente responsabile.

 

Le misure adottate sono pubblicate sul sito istituzionale del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario soccombente in giudizio.

Per i casi di “perdurante inottemperanza” l'art. 5 rinvia alle disposizioni contenute nel Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, in particolare all'art. 27 comma 1 n. 4, affidando in tal modo al Consiglio di Stato la competenza in ottemperanza. 

La sentenza di accoglimento del ricorso diretto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi alla pronuncia di cui all'art.4, è comunicata alla Commissione e all'Organismo di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonche' alla procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilita' erariale.

Quanto al presupposto del ricorso in ottemperanza, ossia la “perdurante inottemperanza”, pare ragionevole intendere tale espressione nel senso di inottemperanza dell'amministrazione protratta oltre il congruo termine fissato dal giudice con la sentenza.

 

I rapporti con le altre azioni

L'art.2 del decreto 198/2009 definisce i rapporti tra il ricorso in esame e altri procedimenti instaurati, onde evitare la sovrapposizioni di procedimenti e contrasti di giudicati. In particolare, il ricorso non può essere proposto:

-         quando un organismo con funzione di regolazione e di controllo istituito con legge statale o regionale e preposto al settore interessato (tra gli altri, le Autorità amministrative indipendenti, ma anche il Ministero delle infrastrutture che esercita la vigilanza sul gestore della rete stradale e della rete ferroviaria) ha instaurato e non ancora definito un procedimento volto ad accertare le medesime condotte oggetto dell'azione di cui all'articolo 1,

-         se, in relazione alle medesime condotte, sia stato instaurato un giudizio ai sensi degli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

Qualora tali procedimenti siano iniziati dopo la proposizione del ricorso per l'azione collettiva pubblica, il giudice di quest'ultimo ne dispone la sospensione fino alla definizione dei predetti procedimenti o giudizi. Intervenuta la sospensione, il comma 2 art.2 prevede una disciplina differente a seconda della tipologia di procedimento instaurato:

-         se si tratta di un giudizio instaurato ai sensi degli artt. 139 e 140 codice consumo, terminato con una sentenza che definisce il merito, il ricorso diviene improcedibile a seguito del passaggio in giudicato della sentenza;

-         se il giudizio instaurato ai sensi degli artt. 139 e 140 codice consumo è definito con pronuncia non di merito, il ricorso deve essere riassunto entro centoventi giorni dalla definizione, altrimenti è perento;

-         in ogni altro caso, il ricorso deve essere riassunto entro centoventi giorni dalla definizione dell'altro procedimento, altrimenti è perento.

Con riferimento all'azione di classe di cui all'art. 140 bis codice consumo, richiamato dal comma 1 dell'articolo in commento, è opportuno precisare che il coordinamento tra le due azioni di classe è definito dalla disciplina contenuta nel codice del consumo. Invero, il comma 6 dell'art.140 bis prevede la possibilità per il giudice di sospendere il giudizio, all'esito della prima udienza, “quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un giudizio davanti al giudice amministrativo”. In tal modo si garantisce la primazia del giudice naturale della pubblica amministrazione e delle controversie inerenti i servizi pubblici.

Ai sensi del terzo comma dell'art. 2, grava sul soggetto contro cui è stato proposto il ricorso per l'azione collettiva pubblica l'onere di comunicare immediatamente al giudice l'eventuale pendenza o la successiva instaurazione dei procedimenti elencati dallo stesso art.2, per l'adozione dei conseguenti provvedimenti.

 

Attuazione del decreto

Ai sensi dell'art. 6 la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede al monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni del decreto 198/2009, anche al fine di proporre eventuali correttivi.

L'art. 7 rimanda la concreta applicazione del decreto alle amministrazioni e ai concessionari all'emanazione di uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e di concerto, per quanto di competenza, con gli altri Ministri interessati (su conforme parere della Conferenza unificata, per quanto riguarda l'applicazione alle regioni e agli enti locali).

A fronte di tale disposizione che sembrava aver paralizzato per un tempo indeterminato la concreta esperibilità dell'azione collettiva pubblica, è di qualche giorno fa la direttiva 4/2010 firmata dal Ministro Brunetta, con la quale si stabilisce che alcune delle azioni introdotte nel d.lgs 198/2009 sono esperibili già da ora, senza la necessità di attendere i decreti del presidente del consiglio di cui all'art.7.

 

In particolare si tratta delle azioni derivanti da:

  • violazione di termini o
  • mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre il termine fissato dalla legge o da un regolamento,
  • violazione degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi (anche se non espressamente richiamata dalla direttiva).

 

Rimangono ancora escluse e assoggettate all'emanazione dei decreti della presidenza del consiglio le azioni derivanti da violazioni di standard qualitativi ed economici dei servizi.

 

La direttiva in considerazione si preoccupa, altresì, di determinare le regole cui le amministrazioni devono attenersi al fine di permettere l'attuazione del decreto 198/2009 e quindi di garantire l'effettività del diritto al ricorso dei cittadini. In particolare, le amministrazioni sono tenute a:

  • effettuare una ricognizione dei rispettivi standard economicie qualitativi,
  • pubblicare gli esiti del monitoraggio sui propri siti internet istituzionali,
  • trasmettere gli esiti del monitoraggio alla commissione per la valutazione istituita dal decreto legislativo 150/2009,
  • effettuare la medesima ricognizione, pubblicazione, trasmissione con riferimento agli obblighi contenuti nelle carte dei servizi e agli standard qualitativi ed economici dei concessionari dei pubblici servizi.

 

 

APPENDICE NORMATIVA

 

DECRETO LEGISLATIVO 20 dicembre 2009, n. 198

Attuazione dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici. (09G0207)

(GU n. 303 del 31-12-2009)

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 3, 24, 76, 87, 97, 103, 113 e 117, comma secondo, lettere l) ed m) della Costituzione; 

Vista la legge 4 marzo 2009, n. 15, recante delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonche' disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti;

Visto il Regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, recante Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato, e successive modificazioni;

Vista la legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante istituzione dei tribunali amministrativi regionali, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, recante riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attivita' svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, e successive modificazioni;


Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante codice in materia di protezione dei dati personali, e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell'amministrazione digitale, e successive modificazioni;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 giugno 2008, recante delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia pubblica amministrazione e innovazione al Ministro senza portafoglio, on. prof. Renato Brunetta;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 ottobre 2009;

Acquisita l'intesa della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 nella seduta del 12 novembre 2009;

Acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 dicembre 2009;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Art. 1 Presupposti dell'azione e legittimazione ad agire

1. Al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralita' di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalita' stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorita' preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformita' alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrita' delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.


1-bis. Nel giudizio di sussistenza della lesione di cui al comma 1 il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie, e umane concretamente a disposizione delle parti intimate. 1-ter. Sono escluse dall'applicazione del presente decreto le autorita' amministrative indipendenti, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali nonche' la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

2. Del ricorso e' data immediatamente notizia sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario intimati; il ricorso e' altresi' comunicato al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.


3. I soggetti che si trovano nella medesima situazione giuridica del ricorrente possono intervenire nel termine di venti giorni liberi prima dell'udienza di discussione del ricorso che viene fissata d'ufficio, in una data compresa tra il novantesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso.

4. Ricorrendo i presupposti di cui al comma 1, il ricorso puo' essere proposto anche da associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralita' di utenti e consumatori di cui al comma 1.

5. Il ricorso e' proposto nei confronti degli enti i cui organi sono competenti a esercitare le funzioni o a gestire i servizi cui sono riferite le violazioni e le omissioni di cui al comma 1. Gli enti intimati informano immediatamente della proposizione del ricorso il dirigente responsabile di ciascun ufficio coinvolto, il quale puo' intervenire nel giudizio. Il giudice, nella prima udienza, se ritiene che le violazioni o le omissioni sono ascrivibili ad enti ulteriori o diversi da quelli intimati, ordina l'integrazione del contraddittorio.

6. Il ricorso non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti di cui al comma 1; a tal fine, restano fermi i rimedi ordinari.

7. Il ricorso e' devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e le questioni di competenza sono rilevabili anche d'ufficio.

Art. 2 Rapporti con le competenze di regolazione e controllo e con i giudizi instaurati ai sensi degli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206

1. Il ricorso di cui all'articolo 1 non puo' essere proposto se un organismo con funzione di regolazione e di controllo istituito con legge statale o regionale e preposto al settore interessato ha instaurato e non ancora definito un procedimento volto ad accertare le medesime condotte oggetto dell'azione di cui all'articolo 1, ne' se, in relazione alle medesime condotte, sia stato instaurato un giudizio ai sensi degli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

2. Nell'ipotesi in cui il procedimento di cui al comma 1 o un giudizio instaurato ai sensi degli articoli 139 e 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sono iniziati dopo la proposizione del ricorso di cui all'articolo 1, il giudice di quest'ultimo ne dispone la sospensione fino alla definizione dei predetti procedimenti o giudizi. A seguito del passaggio in giudicato della sentenza che definisce nel merito il giudizio instaurato ai sensi dei citati articoli 139 e 140, il ricorso di cui all'articolo 1 diviene improcedibile. In ogni altro caso, quest'ultimo deve essere riassunto entro centoventi giorni dalla definizione del procedimento di cui al comma 1, ovvero dalla definizione con pronuncia non di merito sui giudizi instaurati ai sensi degli stessi articoli 139 e 140, altrimenti e' perento.

3. Il soggetto contro cui e' stato proposto il ricorso giurisdizionale di cui all'articolo 1 comunica immediatamente al giudice l'eventuale pendenza o la successiva instaurazione del procedimento di cui ai commi 1 e 2, ovvero di alcuno dei giudizi ivi indicati, per l'adozione dei conseguenti provvedimenti rispettivamente previsti dagli stessi commi 1 e 2.

Art. 3 Procedimento

1. Il ricorrente notifica preventivamente una diffida all'amministrazione o al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati. La diffida e' notificata all'organo di vertice dell'amministrazione o del concessionario, che assume senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si e' verificata la violazione, l'omissione o il mancato adempimento di cui all'articolo 1, comma 1, e cura che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause. Tutte le iniziative assunte sono comunicate all'autore della diffida. Le pubbliche amministrazioni determinano, per ciascun settore di propria competenza, il procedimento da seguire a seguito di una diffida notificata ai sensi del presente comma.


L'amministrazione o il concessionario destinatari della diffida, se ritengono che la violazione, l'omissione o il mancato adempimento sono imputabili altresi' ad altre amministrazioni o concessionari, invitano il privato a notificare la diffida anche a questi ultimi.

2. Il ricorso e' proponibile se, decorso il termine di cui al primo periodo del comma 1, l'amministrazione o il concessionario non ha provveduto, o ha provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata. Il ricorso puo' essere proposto entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza del termine di cui al primo periodo del comma 1. Il ricorrente ha l'onere di comprovare la notifica della diffida di cui al comma 1 e la scadenza del termine assegnato per provvedere, nonche' di dichiarare nel ricorso la persistenza, totale o parziale, della situazione denunciata.

3. In luogo della diffida di cui al comma 1, il ricorrente, se ne ricorrono i presupposti, puo' promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia ai sensi dell'articolo 30 della legge 18 giugno 2009, n. 69; in tal caso, se non si raggiunge la conciliazione delle parti, il ricorso e' proponibile entro un anno dall'esito di tali procedure.

Art. 4 Sentenza

1. Il giudice accoglie la domanda se accerta la violazione, l'omissione o l'inadempimento di cui all'articolo 1, comma 1, ordinando alla pubblica amministrazione o al concessionario di porvi rimedio entro un congruo termine, nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane gia' assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2. Della sentenza che definisce il giudizio e' data notizia con le stesse modalita' previste per il ricorso dall'articolo 1, comma 2.

3. La sentenza che accoglie la domanda nei confronti di una pubblica amministrazione e' comunicata, dopo il passaggio in giudicato, agli organismi con funzione di regolazione e di controllo preposti al settore interessato, alla Commissione e all'Organismo di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, alla procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilita' erariale, nonche' agli organi preposti all'avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla valutazione dei dirigenti coinvolti, per l'eventuale adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.

4. La sentenza che accoglie la domanda nei confronti di un concessionario di pubblici servizi e' comunicata all'amministrazione vigilante per le valutazioni di competenza in ordine all'esatto adempimento degli obblighi scaturenti dalla concessione e dalla convenzione che la disciplina.

5. L'amministrazione individua i soggetti che hanno concorso a cagionare le situazioni di cui all'articolo 1, comma 1, e adotta i conseguenti provvedimenti di propria competenza.

6. Le misure adottate in ottemperanza alla sentenza sono pubblicate sul sito istituzionale del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e sul sito istituzionale dell'amministrazione o del concessionario soccombente in giudizio.

Art. 5 Ottemperanza

1. Nei casi di perdurante inottemperanza di una pubblica amministrazione si applicano le disposizioni di cui all'articolo 27, comma 1, n. 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

2. La sentenza di accoglimento del ricorso di cui al comma 1 e' comunicata alla Commissione e all'Organismo di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nonche' alla procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilita' erariale.

Art. 6 Monitoraggio

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede al monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto, anche ai fini degli eventuali interventi correttivi di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n. 15.

Art. 7 Norma transitoria

1. In ragione della necessita' di definire in via preventiva gli obblighi contenuti nelle carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici di cui all'articolo 1, comma 1, e di valutare l'impatto finanziario e amministrativo degli stessi nei rispettivi settori, la concreta applicazione del presente decreto alle amministrazioni ed ai concessionari di servizi pubblici e' determinata, fatto salvo quanto stabilito dal comma 2, anche progressivamente, con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e di concerto, per quanto di competenza, con gli altri Ministri interessati.

2. In ragione della necessita' di definire in via preventiva gli obblighi contenuti nelle carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici di cui all'articolo 1, comma 1, e di valutare l'impatto finanziario e amministrativo degli stessi nei rispettivi settori, la concreta applicazione del presente decreto alle regioni ed agli enti locali e' determinata, anche progressivamente, con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 8 Invarianza finanziaria

Dall'attuazione del presente provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 20 dicembre 2009.