Indagini preliminari - accertamenti tecnici non ripetibili - Consulenza tecnica su stato psichico

Indagini preliminari - accertamenti tecnici non ripetibili - Consulenza tecnica su stato psichico - Atto ripetibile - Non è atto irripetibile l'accertamento tecnico, mediante consulenza, sullo stato psichico di una persona, allorquando riguardi una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 8427 del 16/02/2011 Ud. (dep. 03/03/2011 )

Indagini preliminari - accertamenti tecnici non ripetibili -  Consulenza tecnica su stato psichico - Atto ripetibile - Non è atto irripetibile l'accertamento tecnico, mediante consulenza, sullo stato psichico di una persona, allorquando riguardi una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione. Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 8427 del 16/02/2011 Ud. (dep. 03/03/2011 )

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza resa il 25 marzo 2010, la Corte d'Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Tivoli con la quale, il 20 dicembre 2006, H.M. era stato condannato per i reati di violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti della figlia minorenne.
Avverso tale decisione il predetto, tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione in ordine alla credibilità della persona offesa e la violazione dell'art. 192 c.p.p..

In particolare, rilevava come, dalle stesse dichiarazioni della predetta, potesse porsi in dubbio la spontaneità del narrato, circostanza, questa, non considerata dalla Corte territoriale, la quale si era limitata a valorizzare le conclusioni del consulente tecnico del Pubblico Ministero, che escludeva la esternazione, da parte della p.o. di sentimenti di vendetta nei confronti del genitore.

Poneva inoltre in dubbio anche la logicità e verosimiglianza del narrato della predetta persona offesa, ponendo in evidenza alcune discrasie della deposizione e la mancanza di riscontri obiettivi, rilevando come la Corte d'Appello avesse di fatto addotto come prova della veridicità del narrato l'assenza di elementi probatori di segno contrario, liquidando le incongruenze del racconto come mere imprecisioni.

Con un secondo motivo di ricorso denunciava la violazione dell'art. 360 c.p.p. e la carenza di motivazione in ordine alla
inutilizzabilità della consulenza tecnica svolta dal Pubblico Ministero al quale la Corte territoriale riconosceva la natura di atto non irripetibile mentre, al contrario, la stessa consulenza evidenziava la prevedibile modificabilità degli indicatori di abuso riscontrati.
Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Il ricorrente pone in dubbio la credibilità della persona offesa attraverso una dettagliata analisi degli elementi di fatto che assume non considerati o, comunque, travisati, dalla Corte territoriale con conseguente carenza o contraddittorietà della motivazione. A tale proposito occorre preliminarmente ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, alle dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza sia ritenuta intrinsecamente attendibile, viene riconosciuta la natura di vera e propria fonte di prova, ammettendo che sulla stessa, anche esclusivamente, possa essere fondata l'affermazione di colpevolezza dell'imputato, purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata (Sez. 4^ n. 30422, 10 agosto 2005; Sez. 4^ n. 16860, 9 aprile 2004; Sez. 5^ n. 6910, 1 giugno 1999).
Avendo inoltre il ricorrente incentrato le sue doglianze sul vizio di motivazione, appare opportuno richiamare l'attenzione sui limiti del sindacato di legittimità della sentenza impugnata. La consolidata giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all'art. 606 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, Sez. 6^ n. 10951, 29 marzo 2006; Sez. 6^ n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6^ n. 23528, Sez. 3^ n. 12110, 19 marzo 2009).

Con specifico riferimento al vizio di motivazione riferito alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali, è stata ulteriormente evidenziata l'impossibilità, per il giudice di legittimità, di accedere agli atti (tranne nel caso in cui gli stessi siano allegati al ricorso o in esso integralmente riprodotti) e la delicatezza del controllo di legittimità che impone al giudice "di verificare se il "senso o significato probatorio" dedotto dal ricorrente sia congruo al "complesso" della dichiarazione", operazione di stretto merito che "in genere presuppone non solo la conoscenza degli altri elementi di prova, ma appunto anche la stessa valutazione complessiva di tutte le prove: la Corte, in questa prospettiva, deve limitarsi alla "verifica di legittimità" della corrispondenza tra il senso probatorio dedotto dal ricorrente e il contenuto complessivo delle dichiarazione, che è verifica del tutto peculiare, che si caratterizza per il non sostituirsi al compito esclusivo del giudice di merito, limitandosi ad accertare l'eventuale sussistenza del vizio processuale dedotto, senza alcun vincolo "contenutistico" per il successivo apprezzamento del giudice di merito nel caso di annullamento con rinvio sul punto" (così Sez. F. n. 32362, 26 agosto 2010. Nello stesso senso, Sez. 6^ n. 18491, 14 maggio 2010).

Così delimitato l'ambito di operatività dell'art. 606 c.p.p., lett. e), si deve osservare che, sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta immune da censure avendo i giudici operato un'accurata analisi delle ragioni poste a sostegno della decisione di primo grado e dei rilievi della difesa sviluppati nei motivi di appello con una valutazione complessiva degli elementi fattuali offerti alla loro attenzione del tutto priva di contraddizioni.

Ne consegue che le doglianze del ricorrente si risolvono, in sostanza, in una inammissibile richiesta di rivisitazione del quadro probatorio complessivo che comporterebbe il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Tale attività, come si è detto, non è pero consentita in sede di legittimità e, nella fattispecie, non sarebbe neppure possibile non disponendo questa Corte del complesso dei dati probatori acquisiti. Ciò nonostante, l'analisi della decisione impugnata non consente di apprezzare alcun cedimento logico dell'iter argomentativo seguito dai giudici del gravame per pervenire alla conferma della decisione di primo grado.

Con un ragionamento che appare del tutto privo di contraddizioni, la Corte d'Appello ha compiutamente esaminato l'intero impianto probatorio rilevando l'attendibilità della deposizione della persona offesa ed elencando diffusamente non solo gli elementi di riscontro ma anche le ragioni per le quali le deduzioni della difesa risultavano non rilevanti.
Sono state infatti analizzate le risultanze della consulenza tecnica e, conseguentemente, apprezzate le condizioni psicofisiche della parte offesa descritte nell'elaborato.

Risulta fornita adeguata e congrua spiegazione delle ragioni per le quali la minore è stata ritenuta attendibile, respingendo puntualmente ogni contestazione relativa alla logicità e verosimiglianza del narrato e giungendo a conclusioni del tutto plausibili che non denunciano minimamente le carenze motivazionali ipotizzate in ricorso.

La Corte territoriale ha infatti valorizzato il giudizio espresso dal CT circa la personalità e l'atteggiamento della minore, nonché sulla presenza dei chiari indicatori di abuso riscontrati ed ha rilevato l'insussistenza di altri possibili autori, al di fuori del padre della giovane.
Viene poi osservato come, nel narrare la vicenda nella quale era rimasta coinvolta, la minore non abbia mai manifestato propositi di vendetta nei confronti del padre ed abbia chiaramente delimitato l'ambito degli abusi, escludendo la penetrazione o, comunque, i rapporti completi.

Altrettanto puntuale è la risposta fornita sulla compatibilità del racconto rispetto ai tempi e modalità dell'azione, nonché ai luoghi ove la stessa si era svolta, riconoscendo, in particolare, come la descrizione degli accadimenti non contrastava con l'eventuale presenza di altri familiari o con l'assenza di tracce visibili di liquido seminale.
hi questo contesto, la rilevata affidabilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa non viene minimamente intaccata da eventuali discrasie quali quelle denunciate dalla difesa e la dedotta mancanza di riscontri obiettivi non assume rilievo alla luce della condivisibile giurisprudenza che riconosce piena valenza probatoria alla testimonianza della persona offesa ritenuta, con adeguata motivazione, intrinsecamente attendibile (Sez. 4^ n. 30422, 10 agosto 2005; Sez. 4^ n. 16860, 9 aprile 2004; Sez. 5^ n. 6910, 1 giugno 1999).
Per quanto attiene, poi, alla denunciata inutilizzabilità della consulenza ed il rigetto della richiesta di rinnovazione del dibattimento per l'espletamento di perizia, deve rilevarsi che anche sotto tale profilo la decisione impugnata non merita censure. Correttamente la sentenza richiama, infatti, la giurisprudenza di questa Corte che esclude la natura di atto irripetibile della consulenza psicologica effettuata su minore vittima di abuso sessuale.

Tale esclusione, infatti, è giustificata dal fatto che un'indagine sullo stato psichico di una persona, quando riguarda una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione, non presenta caratteristiche di irripetibilità condizione, questa, che deve essere considerata non in astratto, secondo la tipologia dell'accertamento stesso, ma in concreto secondo le caratteristiche particolari della situazione da accertare e della sua prevedibile modificabilità (Sez. 3^ n. 19397, 6 giugno 2006; v. anche Sez. 3^ n. 9734, 30 luglio 1999).

La richiamata decisione ricordava, peraltro, che spetta comunque alla parte che invoca l'applicazione dell'art. 360 c.p.p. provare che ne ricorreva il presupposto, consistente appunto nella irripetibilità dell'accertamento cosa che, nella fattispecie, non è avvenuta. In ogni caso, nessun elemento induce a ritenere che le condizioni psicofisiche della minore abusata, valutate dalla Corte territoriale con riferimento alla sussistenza di un evento traumatico riconducibile alla violenza ed ai maltrattamenti subiti e alla spontaneità del narrato, siano suscettibili di considerevoli mutamenti in futuro, pur potendosi ipotizzare una possibile attenuazione della sintomatologia più evidente con il trascorrere del tempo ed in tal senso devono essere considerate le affermazioni del consulente che il ricorrente valorizza, invece, come segno evidente di irripetibilità dell'atto.
Tale evenienza evidenzia anche la superfluità della perizia richiesta che la Corte territoriale ha legittimamente rifiutato. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

 

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