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14.3. Uso e manutenzione dell’ascensore

14 ASCENSORE

14.3. Uso e manutenzione dell’ascensore

Secondo il disposto dell’art. 1102 c.c. ciascun condomino può usare la cosa comune, anche per un fine particolare, a patto che non ne alteri la naturale destinazione e non pregiudichi il pari diritto d’uso spettante agli altri condomini.

È oramai pacifico, per orientamento giurisprudenziale consolidato nel tempo, che il «pari uso» non richiede necessariamente il contemporaneo e identico uso del bene da parte di tutti i partecipanti alla comunione (ovvero fruizione del bene nella stessa unità di tempo e di spazio), quanto piuttosto la parità di utilizzazione potenziale del bene collettivo.

Il principio si applica anche all'utilizzo di ascensore e montacarichi, ferma la validità delle norme contenute in un regolamento di condominio, sempre modificabili.

L’assemblea, con la maggioranza semplice prevista dall’art. 1136 c.c., in presenza di particolari e giustificate ragioni di contemperamento dei contrapposti interessi, può disciplinare l’uso dell’ascensore anche in modo differente da quello stabilito nel regolamento di condominio.

Ad esempio «l’uso dell’ascensore per il trasporto di materiale edilizio può essere legittimamente inibito al singolo condomino solo qualora venga concretamente e specificatamente accertato che esso risulti dannoso, sia compromettendo la buona conservazione delle strutture portanti e del relativo abitacolo, sia ostacolando la tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da parte degli altri condomini, in relazione alle frequenze giornaliere, alla durata e all’eventuale orario di esercizio del suddetto uso particolare, alle cautele adoperate per la custodia delle cose trasportate, tenendo conto di ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze pregiudizievoli che, in ciascun caso concreto, possono derivare dal suddetto uso particolare dell’ascensore» (Cass. n. 2117/1982).

Con espresso riferimento all’amministratore è stato affermato che questi «… ha tra le sue attribuzioni quella di disciplinare l’uso delle cose comuni in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini; lo stesso può dunque essere convenuto in giudizio dai singoli condomini per regolamentare l’uso dell’ascensore dotando solo i legittimati, condomini e inquilini, del possesso delle chiavi di accesso all’ascensore escludendo i terzi dal possesso delle chiavi stesse» (G. Pace Venezia 6 aprile 1997, in Giudice. di Pace 1997, 286).

Un eventuale uso più intenso dell’ascensore da parte di alcuni condomini, tuttavia, non può comportare un aggravio di spese per gli stessi.

Sono poi da richiamare quelle disposizioni legislative contenute in leggi speciali quali ad esempio l’art. 17 del D.P.R. n. 162/1999, a norma del quale l’uso di ascensori e montacarichi è vietato ai minori di anni dodici se non accompagnati da persone di età più elevata, ovvero ai ciechi, alle persone con capacità deambulatoria totalmente o parzialmente ridotta, quando trattasi di ascensori a cabine multiple a moto continuo.

L’uso prolungato dell’impianto di risalita comporta una costante manutenzione dello stesso da parte dei condomini proprietari. Ciascuno di essi, pertanto, è titolare del diritto di agire in giudizio nei confronti del condominio per ottenere la sua condanna all’adempimento di tale obbligo, qualora le opere necessarie non siano eseguite o deliberate dall’assemblea o, ancora, quando, pur essendo state oggetto di delibera, questa sia stata negativa.

Gli interventi ai quali nel corso degli anni l’impianto di risalita deve essere sottoposto sono di due tipi: ordinari e straordinari.

Sono considerate ordinarie le opere che richiedono cadenze fisse (come controlli e verifiche periodiche) ovvero i lavori di piccola entità che sono di competenza diretta dell’amministratore che deve «compiere tutti gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio» (art. 1130, n. 4, c.c.). Per tali interventi non è necessaria la preventiva convocazione dell’assemblea.

A questo proposito si rammenta che l’art. 1 del decreto del Ministero dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 aveva definito interventi di ordinaria manutenzione degli impianti «tutti quelli finalizzati a contenere il degrado normale d’uso nonché a far fronte ad eventi accidentali che comportino la necessità di primi interventi, che comunque non modifichino la struttura dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e di manutenzione del costruttore».

Ed in precedenza l’art. 31, lett. a), della legge n. 457/1978, secondo il quale rientrano in questa categoria le opere di riparazione e di rinnovamento necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

A titolo meramente esemplificativo sono considerati di carattere ordinario interventi quali: la sostituzione dell’argano, delle funi, della pulsantiera, della serratura della porta della cabina; la pulizia e lubrificazione di guide, carrucole, rinvii, ecc.; la pulizia della fossa; la sostituzione di lampade (anche sulla pulsantiera della cabina); la registrazione delle portine scorrevoli (sia automatiche, sia manuali); la verifica delle cerniere delle porte nonché ogni altra simile operazione finalizzata al mantenimento del regolare esercizio dell’impianto.

Gli interventi straordinari possono essere ricondotti nell’ambito di nozione residuale, dal momento che il loro carattere, che è legato anche al naturale deperimento dell’impianto di risalita e dei suoi componenti, esula dalla sfera della quotidianità.

La straordinarietà dell’intervento è sempre stata considerata come sinonimo di lavoro improvviso, imprevedibile, accidentale o dovuto a causa di forza maggiore.

Tale concetto va di pari passo con la nozione che ne viene data in edilizia e che lo identifica anche con un quid di carattere innovativo, purché finalizzato a mantenere in efficienza e a adeguare all’uso comune l’impianto, senza alterazione della situazione e della tipologia preesistente.

Sono state ritenute di carattere straordinario e non innovativo le opere di adeguamento dell’ascensore alla normativa CEE, poiché dirette a garantire la sicurezza e l’incolumità delle persone e, in quanto tali, attinenti all’aspetto funzionale dello stesso. Tutto ciò anche se i lavori richiedano l’introduzione di nuovi elementi strutturali o l’aggiunta di nuovi dispositivi che siano determinati dall’avanzare della tecnologia.

Più limitati sono i poteri dell’amministratore nel campo della manutenzione straordinaria, in quanto egli è sempre legato al consenso dell’assemblea, salvo che i lavori da eseguire sull’ascensore non rivestano il carattere di urgenza. In questo caso l’amministratore vi provvede direttamente e ne riferisce nella prima assemblea utile.

È, altresì, straordinario l’intervento che sia economicamente oneroso, talché la sua approvazione richiede, da parte dell’assemblea, la maggioranza degli intervenuti che rappresenti 501 millesimi.

Da ultimo non si può parlare di manutenzione dell’ascensore senza ricordare che tale costante attività è cadenzata da una serie di controlli periodici, che devono essere effettuati sull'impianto e sulle sue componenti.

La normativa vigente in questo campo è in continua evoluzione, sia per effetto del progresso della tecnologia,, sia per la necessità di adeguarsi alle direttive europee in materia di sicurezza degli impianti.

In questo quadro, quindi, l'amministratore dovrà sempre affidare la manutenzione dell'ascensore a personale altamente qualificato e specializzato.

MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO a cura di Adriana Nicoletti - Avvocato del Foro di Roma - Foroeuropeo – Rivista Giuridica online - Reg. n. 98/2014 Tribunale di Roma - Registro speciale Ordine Giornalisti del Lazio - Direttore Avv. Domenico Condello