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09.5 L’esecutività del decreto ingiuntivo ed i problemi della solidarietà verso i terzi

09 IL RECUPERO FORZOSO DEI CREDITI CONDOMINIALI

09.5 L’esecutività del decreto ingiuntivo ed i problemi della solidarietà verso i terzi

L’art. 63 disp.att. c.c., premessa la sussistenza dei requisiti necessari, consente l’emissione di decreto ingiuntivo condominiale immediatamente esecutivo. L’ opposizione non sospende l’esecutività, a meno che non sia il giudice a farlo nella prima udienza di trattazione della causa di merito.

La pronuncia del giudice sul punto (sospensione o conferma della provvisoria esecuzione) determina il momento in cui, essendosi passati dalla fase sommaria del giudizio a quella di merito, si deve avviare la procedura di mediazione obbligatoria.

Al centro di un serrato dibattito giurisprudenziale è stata la questione concernente l’individuazione del soggetto cui compete l’obbligo di avviare il procedimento di mediazione obbligatoria previsto dall’art. 5, co. 1-bis d.lgs. n. 28 del 2010: ovvero se sia l’opponente piuttosto che l’opposto.

In un primo momento la Corte di Cassazione aveva affermato che «in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione verte sulla parte opponente poiché l'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 deve essere interpretato in conformità alla sua "ratio" e, quindi, al principio della ragionevole durata del processo, sulla quale può incidere negativamente il giudizio di merito che l'opponente ha interesse ad introdurre». (Cass. n. 24629/2015).

Poi la Corte Suprema ha mutato il proprio orientamento ed ha affermato che «.. una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo» (Cass., Sez. Un., n. 19596/2020. Conf. Cass., ord., n. 159/2021). Nel nostro caso, pertanto, sarà il condominio e non il condomino/moroso ad avere interesse a procedere con la mediazione, mentre ove il decreto ingiuntivo sia stato ottenuto da un terzo nei confronti del condominio (ad esempio: appaltatore dei lavori condominiali) sarà questi a doversi attivare ove l’opposizione sia stata promossa dal condominio ingiunto.

Per i debiti contratti dal condominio nei confronti dei terzi sussiste una solidarietà passiva dei condomini per effetto della quale, prima dell’entrata in vigore della legge di riforma del 2012, il creditore poteva fare valere il proprio diritto, indiscriminatamente, verso uno qualsiasi dei condomini, anche se adempiente.

La modifica dell’art. 63 disp.att. c.c., con la quale il legislatore ha determinato una sorta di scala di graduazione per il soddisfacimento del creditore è conseguente all’affermazione di un importante principio della giurisprudenza che ha costituito il fondamento della nuova norma. E’ stato, infatti, stabilito chein riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque, nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi - in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un'obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l'amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio - la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie” (Cass., Sez. Un., n. 9148/2008).

Da qui le modifiche dell’art. 63 disp.att. c.c.:

  • l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti, e che lo interpellino, i dati dei condomini morosi(co.1);
  • i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini (co. 2).

Il cambiamento incide, evidentemente, nella fase di esecuzione, allorché perduri la morosità del/dei condomini anche dopo la notifica del decreto ingiuntivo e del precetto.

La questione, che continua a far discutere dottrina e giurisprudenza, riguarda la circostanza se il creditore possa subito procedere al pignoramento nei confronti del moroso, oppure se debba prima tentare di acquisire quanto di suo diritto dal Condominio.

Secondo un profilo logico, peraltro supportato da argomentazioni giuridiche, il terzo dovrebbe, in prima istanza, tentare di recuperare i soldi dal condominio, poi dai morosi ed in ultima battuta da coloro che hanno già adempiuto alla loro obbligazione. Il tutto, quindi, con una graduazione più che coerente.

Senza prescindere dalla scarsa chiarezza della norma, non può evitarsi di rilevare che il condominio, ente sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, è il debitore principale, considerato che la capienza del conto corrente condominiale permette al creditore di soddisfare il proprio credito.

Altri elementi di rilevanza considerevole sono che:

  • l’assunzione di qualsivoglia obbligazione con i terzi avviene tramite sottoscrizione del relativo contratto da parte dell’amministratore;
  • il decreto ingiuntivo – titolo per l’esecuzione - viene richiesto nei confronti del condominio e non dei singoli partecipanti ad esso;
  • il precetto è notificato al condominio.

Pertanto, « il creditore che intenda promuovere un'azione esecutiva nei confronti del singolo condomino, "pro quota", sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, deve previamente notificare il titolo in forma esecutiva a tale condomino, al fine di consentirgli lo spontaneo adempimento o le opportune contestazioni circa il proprio "status" di partecipe al condominio oppure circa la sua responsabilità per quella specifica obbligazione condominiale, pena la nullità del precetto, da denunciare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, comma 1, c.p.c., senza che sia necessario allegare e dimostrare alcun ulteriore pregiudizio, diverso da quello insito nel mancato rispetto della predetta formalità» (Cass., ord., n. 20590/2022).

Vale, poi, la pena fare il punto della situazione alla luce della giurisprudenza, sostanzialmente tutta di merito, che si è espressa secondo due direttive.

Nel senso della non pignorabilità del conto corrente condominiale si sono pronunciati:

  • il Tribunale di Teramo (ord. 18 aprile 2019), ad avviso del quale «il creditore debba sempre preliminarmente agire nei confronti del condomino moroso, anche nell’ipotesi in cui vi siano somme accreditate sul conto corrente condominiale. Del resto, se il creditore potesse agire direttamente nei confronti del conto corrente condominiale, senza preliminarmente agire nei confronti dei condomini morosi, risulterebbe svotata dal di dentro la ratio della norma, il cui obiettivo è proprio quello di fare in modo che, qualora vi siano condomini morosi, debba essere tutelato ogni cespite patrimoniale riferibile ai condomini in regola con i pagamenti»;
  • il Tribunale di Milano (ord. n. 14698/2017) secondo il quale «…là dove il creditore agisca per il recupero dell’intero credito in forza del contratto che lo lega al condominio (e non nei confronti dei singoli condomini tenuti alla contribuzione) non può trovare applicazione il disposto dell’art. 63 disp. att. c.c. perché lo stesso, pignorando il conto corrente condominiale, non “agisce nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti”, ma aggredisce il “patrimonio del condominio”, patrimonio che al condominio obbligato fa direttamente capo».

A favore della pignorabilità preventiva del conto corrente condominiale citiamo, tra tutte:

  • il Tribunale di Cassino (27 maggio 2021, n. 782) il quale ha affermato che «…le somme depositate sul conto corrente del condominio, formalmente intestate all’ente di gestione, devono ritenersi sottratte alla disponibilità dei singoli condomini: ad esse viene impresso un vincolo di destinazione (uso nell’interesse comune in base alle determinazioni dell’assemblea condominiale) che elide il legame giuridico con i singoli condomini, i quali, dal momento in cui le somme affluiscono sul conto condominiale, non possono più singolarmente e personalmente disporne. E dal momento che la legge n. 220/2012 c.c., non ha previsto alcun beneficium excussionis in favore delle somme presenti sul conto corrente intestato al condominio, si deve ritenere che dette somme non possono essere distinte dal resto del denaro ivi presente quanto a provenienza e destinazione e possono, pertanto, essere utilmente pignorate a favore del creditore del condominio» (conf. Trib. Cagliari, 27 febbraio 2018; Trib. Ascoli Piceno 22 dicembre 2015; Trib. Reggio Emilia 16 maggio 2014; Trib. Pescara 8 maggio 2014);
  • la Corte di appello di Bari (sent. n. 1759/2019), nel caso di opposizione al precetto, promossa da un condomino per violazione dell’art. 63, co. 2, disp.att.c.c.,  poiché il terzo creditore, portatore di decreto ingiuntivo verso il condominio medesimo, aveva aggredito la stessa opponente e non anche il condominio, ha rilevato che «il creditore del condominio, che abbia ottenuto un titolo esecutivo nei confronti di quest’ultimo, e che intenda agire nei confronti dei singoli condomini per recuperare il proprio credito, non è tenuto ad instaurare e coltivare una serie di distinte procedure esecutive contro ciascun condomino per la rispettiva quota di debito (quindi, in talune ipotesi, per importi irrisorii), né è onerato della prova della misura della quota millesimale spettante a ciascuno di tali singoli condomini (onere peraltro di difficile attuazione anche alla luce della novella dell’art. 63 disp.att.c.c.)».

Abbastanza chiaro che, ad oggi, tutte le problematiche restano ancora aperte e che lo rimarranno fino a quando non vi sarà un intervento decisivo della Corte di cassazione. Al momento, al di là della questione della pignorabilità o meno del conto condominiale, su di un punto, almeno, è stata fatta chiarezza. Ci si riferisce, infatti, alla decisione della Corte di legittimità secondo la quale «in tema di procedimento di esecuzione, ove il titolo esecutivo giudiziale si sia formato nei confronti del condominio, il creditore che intenda procedere nei confronti del singolo condomino quale obbligato “pro quota” deve preventivamente notificare a quest’ultimo il titolo esecutivo ed il precetto» (Cass., ord., n. 8150/2017).

In questo contesto assume rilevanza la disciplina della privacy.

Il Garante per la protezione dei dati personali più volte ha avuto modo di chiarire che il condominio, in quanto titolare del trattamento, può trattare solo informazioni personali e necessarie per la gestione e l’amministrazione delle parti comuni.

Né il condominio, né l'amministratore, né il portiere, né il singolo condomino od inquilino che (per ragione del ruolo, per la vicinanza, per la condivisione delle parti comuni o per semplice casualità) venga a conoscenza di un dato personale può farlo conoscere ad altro partecipante del condominio oppure a terzo.

Il Garante ha anche affermato che «salva la presenza di una causa giustificatrice (quale il consenso dell'interessato o uno degli altri presupposti previsti all'articolo 24 del Codice), è illecita la comunicazione a terzi di dati personali riferiti ai partecipanti: ciò potrebbe avvenire, ad esempio, mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili o dei verbali assembleari» (Provvedimento 18 maggio 2006, in Gazzetta Ufficiale 152 del 2 luglio 2006).

La riforma del condominio del 2012 ha generato le prime decisioni di merito in relazione all’interpretazione dell’art. 63, nella parte in cui stabilisce a carico dell’amministratore l’obbligo di comunicare ai creditori che ne facciano richiesta i “dati dei condomini morosi”.

Dalle prime sentenze emerge che tale obbligo non si ferma alla comunicazione dei nominativi ma vada oltre.

  • Ad avviso del Tribunale di Tivoli (ord. del 21/04/2016) non è sufficiente, ai fini della corretta applicazione dell’art. 63 , che l’amministratore comunichi solo il nome e cognome dei morosi essendo necessario, per la completa tutela del terzo, che siano resi noti anche gli altri dati anagrafici dei debitori, ovvero data e luogo di nascita nonché residenza. Tutti elementi traibili dall’anagrafe condominiale;
  • Il Tribunale di Monza (ord., 03/06/2015) ha ritenuto che la morosità debba riguardare specificamente il debito del creditore istante ed ha precisato che anche se l’art. 1136, n. 6, c.c., trattando dell’anagrafe condominiale, non menziona le quote millesimali di ciascun condomino, il termine “dati” di cui all’art. 63 deve intendersi comprensivo anche di queste. Si è ritenuto, infatti, sul punto che «la sussidiarietà implica che non vi è solidarietà, e che quindi vale l’idea dell’azione pro quota del terzo creditore, ex Cass. Sez. Un. 9148/2008, verso il singolo moroso».

E’ pacifico, inoltre, in quanto esula dall’ambito di applicazione della norma in esame, che l’amministratore non può esporrenella bacheca dell'androne condominiale il dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell'informazione ai soggetti interessati nell'ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell'amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice” (Cass., ord., n. 186/2011).

Quali, infine, le conseguenze per l’amministratore che non ottemperi al dettato dell’art. 63, co.1, disp.att. c.c.?

Si è affermato (Trib. Palermo 05/05/2016) che l’obbligo dell’amministratore/mandatario, sancito dall’art. 63, si configura come dovere di collaborazione nei confronti dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale, rendendone, giocoforza, sanzionabile la colpevole inerzia. La mancata comunicazione dei dati in questione non metterebbe, infatti, il creditore in grado di realizzare, parziariamente, il proprio credito.

Ed a tale fine già in anni precedenti lo stesso giudicante aveva ravvisato in tale comportamento una responsabilità del condominio, ed in via indiretta dell’amministratore, rispetto agli obblighi assunti ex lege, per il pregiudizio del ritardo patito dal creditore al quale era stata negata la comunicazione dei dati dei condomini morosi (Trib. Palermo 19/03/2014).