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07.7 Efficacia ed impugnazione delle delibere

07 L’ASSEMBLEA

07.7 Efficacia ed impugnazione delle delibere Rif. art. 1137 c.c.

Il primo comma dell’art. 1137, c.c. sancisce la «obbligatorietà per tutti i condomini» delle deliberazioni adottate dall’assemblea a condizione che siano state rispettate tutte le norme che lo precedono.

Nel termine “tutti” sono compresi anche gli assenti, i dissenzienti, gli astenuti (salvo – come vedremo – il diritto per questi soggetti di impugnare la deliberazione), e coloro che al momento della votazione non erano ancora condomini, poiché «gli aventi causa dagli originari condomini restano vincolati dalle delibere assembleari legittimamente prese a suo tempo in ordine agli interessi comuni del condominio» (Cass. n. 4542/1982).

Contro le delibere contrarie alla legge od al regolamento di condominio i condomini che hanno espresso voto contrario, si sono astenuti o non hanno partecipato all’assemblea possono rivolgersi all’autorità giudiziaria nel termine perentorio di trenta giorni per chiederne l’annullamento.

Il termine decorre dalla data della delibera per i contrari ed astenuti, mentre per gli assenti vale la data della ricezione della stessa.

La distinzione tra delibere annullabili (soggette al rispetto del termine di impugnazione di trenta giorni) e nulle è stata chiarita dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la quale ha affermato che rientrano nell’ambito di queste ultime solo le delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrarie all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che esula dalla competenza dell’assemblea ovvero che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva (Cass. Sez. Un. n. 4806/2005). Tale principio è stato di recente confermato (Cass., Sez. Un., n. 9839/2021) precisandosi che «in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., come modificato dall'art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al "difetto assoluto di attribuzioni" -, contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'"ordine pubblico" o al "buon costume". Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c.».

La nullità di una delibera fa sì che essa possa essere impugnata senza limiti di tempo da chiunque vi abbia un interesse concreto anche se abbia, con il suo voto favorevole, contribuito alla formazione della stessa (Cass. n. 5814/2016).

Tutte le altre deliberazioni, pertanto, sono annullabili e, quindi, sono soggette al termine di cui all’art. 1137 cit.

In merito alla legittimazione attiva dell’usufruttuario rispetto all’impugnazione delle deliberazioni condominiali, per quanto le norme codicistiche nulla stabiliscano in merito, uno spunto si potrebbe trarre dall’art. 67, co. 6, disp.att. c.c. Infatti, essendo questi riconosciuto come soggetto che ha il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni, sarebbe conseguenziale ritenere che per tali delibere sia riconoscibile, in favore del medesimo, anche il diritto di impugnare la relativa delibera assembleare. Un diritto che, tuttavia, dovrebbe rimanere limitato a questi argomenti, tanto è vero che è stato affermato (Trib. Roma 14 febbraio 2020, n. 233) che solo il nudo proprietario può impugnare la delibera avente ad oggetto la modifica delle tabelle millesimali, anche se, poi, l’usufruttuario potrebbe avere un interesse collaterale all’impugnativa, non solo per il richiamato comma 6, ma anche per il successivo comma 7.   Secondo la norma, infatti, l’usufruttuario può, in caso di rifiuto senza giusto motivo del nudo proprietario, eseguire le riparazioni poste a carico di questi, così come può sostituirsi al condomino nell’esecuzione di lavori di cui agli artt. 985 e 986 c.c. Anche per tali questioni l’avviso di convocazione deve essere inviato sia al nudo proprietario che all’usufruttuario, il quale esercita diritto di voto.

Ugualmente è titolato all’azione il condomino che si sia allontanato dalla riunione assembleare prima della votazione, mentre nel caso di proprietà indivisa tra più soggetti intervenuti in assemblea a mezzo di proprio rappresentante ai sensi dell’art. 67, co. 1 disp. att. c.c., il diritto in questione all’impugnativa spetta a tutti ed a ciascuno di loro.

Diversamente non potrà impugnare la delibera il condomino rappresentato in assemblea da un suo delegato che abbia votato con voto favorevole, neppure nel caso in cui il delegante lamenti che la deliberazione è contraria ai propri interessi oppure il non dissenziente nei confronti della prima deliberazione, allorché la seconda costituisca esecuzione o conferma della precedente.

Quanto al procedimento di impugnazione va evidenziato che l’azione deve essere introdotta con atto di citazione (in questo senso la novella del 2012 ha sostituito il precedente termine “ricorrere all’autorità giudiziaria” con “adire l’autorità giudiziaria”).

Sul punto, tuttavia, prima della riforma, la Suprema Corte a Sezioni Unite, pur chiarendo che l’impugnativa delle delibere assembleari deve essere proposta tramite atto di citazione ha contestualmente affermato che l’improprio uso del ricorso non invalida l’impugnativa a condizione che l’atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall’art. 1137 (Cass. Sez. Un. n. 8491/2011).

La sospensione dei termini feriali (ora ridotti a giorni trenta) si applica anche all’ipotesi di impugnativa della delibera assembleare (Corte Cost. n. 49/1990).

La competenza è affidata al Giudice di pace, per ora, ancora fino alla concorrenza di € 5.000,00, oppure quando si tratti di competenza esclusiva per materia (art. 7 c.p.c.).

 

 

MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO a cura di Adriana Nicoletti - Avvocato del Foro di Roma - Foroeuropeo – Rivista Giuridica online - Reg. n. 98/2014 Tribunale di Roma - Registro speciale Ordine Giornalisti del Lazio - Direttore Avv. Domenico Condello