Skip to main content

Locazione di immobile ad attività di bar e caffetteria – Sospensione del pagamento del canone e sfratto per morosità  - Immobile inutilizzabile in quanto sprovvisto di cambio di destinazione e di agibilità - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 215

Rigetto della domanda di sfratto per morosità, con sentenza riformata in appello – Ricorso per cassazione – Legittimità della sospensione del pagamento del canone ex art. 1460 c.c. - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 2154 del 29 gennaio 2021, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

Fatto. Il locatore di un’immobile destinato ad attività di bar-caffetteria intimava alla s.r.l. conduttrice sfratto per morosità per mancato pagamento della metà, per circa tre anni del canone pattuito. Il conduttore assumeva di aver legittimamente sospeso il pagamento della pigione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., essendo risultata l’inidoneità dell’immobile locato perché sprovvisto del cambio di destinazione d’uso e dell’agibilità (al riguardo precisava che il Comune le aveva notificato due verbali per accertata violazione amministrativa per cui non aveva potuto utilizzare parte dell’immobile, con gravissimi danni per la sua attività. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale,  la risoluzione del contratto per inadempimento del locatore.  

Il Tribunale adito respingeva la domanda ed accoglieva, invece, la riconvenzionale della società convenuta.  La Corte d’appello, poi, riformava completamente la sentenza di primo grado, dichiarando risolta la locazione per inadempimento della conduttrice, che condannava a pagare i canoni insoluti (esclusi quelli relativi al periodo di covid), in quanto questa si era impegnata a versare l’intero canone, in attesa dell’ottenimento del cambio d’uso,  essendo propedeutico il rifacimento dell’impianto elettrico. Rilevava, altresì, che la società avrebbe potuto nella more chiedere la risoluzione del contratto ex artt. 1578 e 1580 c.c. o una riduzione del corrispettivo, preferendo, invece, di restare nella detenzione e nell’utilizzo del bene locato, senza, comunque, fornire la prova di non aver potuto esercitare l’attività dell’intero locale (salvo il periodo di forzata chiusura disposta dal Comune).  

Avverso detta decisione la società convenuta ha proposto ricorso per cassazione, in quanto la Corte territoriale aveva posto a base della decisione fatti non provati, assumendo che i difetti di agibilità e di destinazione d’uso non impedivano l’utilizzo dell’immobile,  valorizzando l’accordo integrativo, successivo alla stipula della locazione e fraintendendone completamente il contenuto.

Decisione. La Suprema Corte ha accolto il motivo affermando che  “il giudice del merito ha applicato erroneamente il criterio dell’onere probatorio in tema di inadempimento delle obbligazioni contrattuali, poiché, a fronte dell’eccezione d’inadempimento opposta dalla conduttrice, spettava al locatore dimostrare di avere correttamente e pienamente adempiuto all’obbligo di rendere l’immobile pienamente idoneo all’uso (cfr. in tal senso Cass. sez. un. n. 13533/2001), per cui il debitore poteva limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte, gravando sul creditore di provare il proprio adempimento”, rilevando, ancora, che “è stato abbandonato l’orientamento precedente che riteneva la sospensione, anche parziale, della prestazione del conduttore, solo quando venga a mancare del tutto la prestazione della controparte, dovendosi, invece, far riferimento al II comma dell’art. 1460 c.c., ove correla al caso concreto la valutazione della legittimità della sospensione secondo buona fede, che va concretizzata nella commisurazione del rilievo sinallagmatico delle obbligazioni coinvolte (cfr. in tema Cass. nn. 8760 e 2720/2009)”.

Non risultando coerente con detti criteri la motivazione della sentenza impugnata (palesando un’erronea e, comunque, insoddisfacente la qualificazione giuridica della fattispecie concreta), la Cassazione ha, quindi, cassato la sentenza impugnata, rimettendo le parti ad un diverso giudice di merito per il riesame della fattispecie alla luce di quanto sopra esposto.